Di tutto e di più: dopo aver ottenuto con la concessione per le autostrade anche l'inverosimile dallo Stato, dopo il crollo del ponte di Genova, dopo le intercettazioni da cui emerge che i manager micragnavano su tutto per far guadagnare gli azionisti mettendo a rischio la sicurezza degli automobilisti, i Benetton pretendono ancora regali ritenendo che lo Stato debba continuare a servirli in guanti bianchi. Purtroppo secondo tradizione trovano al ministero dei Trasporti orecchie più che attente al benevolo ascolto.

Ora i signori del casello vogliono che sia riconosciuto ad Autostrade per l'Italia (Aspi) una sorta di indennizzo per il calo di traffico (innegabile e vistoso) causato dalla pandemia e da loro stimato 532 milioni di euro, anche se poi ribassato a 333. Ritengono che l'indennizzo vada riconosciuto attraverso un aumento delle tariffe future, cioè che sia pagato dagli automobilisti al casello.

La convenzione miracolosa

Detta così la faccenda, per quanto sgradevole per gli automobilisti, sembrerebbe abbastanza pacifica, ma purtroppo non lo è. Nella ormai famosa convenzione del 2007 risalente ai tempi di Antonio Di Pietro ministro dei Trasporti e firmata per Aspi da Giovanni Castellucci e da Pietro Ciucci per Anas (che allora aveva la vigilanza sulle autostrade) fu concordato che Aspi rinunciava al rischio traffico, cioè assumeva su di sé gli eventuali danni derivanti da un calo della circolazione.

In quella convenzione veniva contemporaneamente stabilito un tasso di remunerazione del capitale utilizzato per gli investimenti estremamente vantaggioso per i Benetton, oggi quantificato al 13,71 per cento per tutta la durata della concessione che scadrà nel 2038.

Le due condizioni viaggiavano di pari passo, facevano parte di un tutt'uno dal punto di vista economico e finanziario.

Ora, invece, i Benetton vorrebbero modificare solo un pezzo di ciò che fu stabilito, cioè la parte della convenzione che riguarda il rischio traffico che purtroppo con il Covid 19 si è trasformato in un danno economico certo.

Vorrebbero trasformare il danno in un risarcimento, ma non vorrebbero fosse messa in discussione l'altra parte dell'impianto convenzionale, quella che ha fatto loro comodo in passato e continuerà a garantire loro i suoi benefici effetti anche in futuro perché riconosce un tasso fuori quota sugli investimenti (che ammontano a circa 13 miliardi di euro). Tasso che sarebbe probabilmente dimezzato nel caso in cui fossero rivisti i termini economico-finanziari complessivi della Convenzione.

Purtroppo stanno ottenendo dal ministero ciò che vogliono e cioè, detto in soldoni, stanno ottenendo per l'ennesima volta la possibilità di accollare allo Stato le perdite caricandole sugli automobilisti, mentre i benefici se li intascano.

Il piano finanziario si può modificare

Il comma 2 dell'articolo 11 della Convenzione stabilisce che possano essere rivisti i termini economici e finanziari. Dice: «E' facoltà del concessionario ripresentare il piano finanziario e richiedere una revisione delle condizioni della presente convenzione in presenza di cause di forza maggiore».

Quel comma specifica quindi che l'eventuale revisione riguarda tutta la convenzione, non un pezzo di essa. Per anni quelle poche righe sono rimaste lettera morta: Aspi non aveva alcun interesse a modicare una convenzione che era tutta d'oro e a nessuno è mai venuto in mente di specificare quali potessero essere queste «cause di forza maggiore».

Il Covid-19 ha imposto di puntualizzare anche questo aspetto. Il comma 3 dell'articolo 11 dello schema di Atto aggiuntivo in via di approvazione specifica per il futuro che «per cause di forza maggiore si intende ogni atto o fatto imprevisto e imprevedibile e che presenta carattere di eccezionalità, che la parte che la invoca non avrebbe potuto prevedere né prevenire con l'esercizio dell'ordinaria diligenza, tale da rendere oggettivamente impossibile o eccessivamente oneroso in tutto o in parte l'adempimento delle obbligazioni ai sensi della presente Convenzione». Più avanti viene stilato l'elenco delle cause di forza maggiore: tra esse le epidemie e i contagi.

Con il Covid 19 siamo purtroppo in quest'ultimo caso ed è quindi ragionevole che i termini economici della Convenzione possano essere rivisti o meglio «riequilibrati» come dicono i tecnici. Ma se il riequilibrio deve essere fatto, è altrettanto ragionevole che esso riguardi tutti gli aspetti economico-finanziari della convenzione, pensati e concordati tenendo presenti i pesi e i valori delle varie componenti. Altrimenti più che un riequilibrio viene autorizzato un nuovo squilibrio a favore del concessionario.

Il parere dell’Autorità

Il nodo degli effetti economici da Covidc19 sul traffico è stato affrontato dall'Autorità dei trasporti nel parere reso il 14 ottobre al ministero dei Trasporti sull'aggiornamento del Piano economico finanziario (Pef) di Autostrade per l'Italia.

L'Art avverte che se il risarcimento da danni Covid fosse riconosciuto ad Aspi esso «potrebbe dar luogo alla rivendicazione di analogo trattamento da parte di altri gestori infrastrutturali», a cominciare dai Gavio.

L'autorità prosegue sostenendo che «l'inclusione in tariffa di tale onere... rimane in ogni caso subordinata alla preventiva ed esplicita autorizzazione da parte del ministero delle infrastrutture e dei trasporti, anche in considerazione del fatto che il sistema tariffario dell'Autorità prevede il trasferimento del rischio traffico in capo al concessionario». In altre parole: la palla passa al ministero dei Trasporti guidato da Paola De Micheli (Pd).

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