Doveva sembrare un bonifico ordinario, da un conto corrente italiano a un altro. Il deposito svizzero di Attilio Fontana, governatore della regione Lombardia, sarebbe rimasto così al sicuro, protetto da sguardi indiscreti. La storia è andata diversamente: l’autorità antiriciclaggio e la segnalazione dell’operazione da parte della fiduciaria italiana, che ha in gestione il conto svizzero del governatore, hanno smontato il piano trasformandolo in un passo falso.

Fontana è indagato dalla procura di Milano per l’affare dei camici, commissionati per fronteggiare l’emergenza del Covid-19 e forniti dalla società del cognato e della moglie, ma i magistrati stanno seguendo la pista dei soldi che porta fuori dai confini nazionali: a Lugano e Nassau, la capitale delle Bahamas, cassaforte discreta e riservata di capitali di dubbia origine provenienti da tutto il mondo.

Sul pagamento dei camici, l’autorità antiriciclaggio della Banca d’Italia ha scritto: “Secondo quanto risulta dall’istruzione fornita alla fiduciaria da Fontana, i fondi strumentali alla disposizione del bonifico sarebbero dovuti pervenire dal già citato conto corrente intrattenuto presso Ubs Switzerland Ag a nome della fiduciaria ma per esclusivo conto dello stesso Fontana”.

Il denaro, dunque, proveniente dal conto di Lugano, necessario per il bonifico da 250mila euro a favore della società legata al governatore, doveva essere schermato dalla fiduciaria dall’Unione fiduciaria, alla quale si è appoggiato il leghista da quando ha firmato lo scudo fiscale per regolarizzare i 5,3 milioni di euro intestati alla madre novantaduenne e depositati in un paradiso fiscale.

Ma non è finita. I detective dell’antiriciclaggio hanno segnalato il secondo passaggio, cruciale, in questo trasferimento di soldi: dalla fiduciaria italiana, il denaro proveniente dalla Svizzera doveva transitare “su un conto omnibus intestato alla fiduciaria presso la Banca popolare di Sondrio”, da qui i fondi avrebbero dovuto essere veicolati a favore della Dama Spa, la società legata a Fontana, “realizzando un trasferimento formalmente disposto da una società fiduciaria (ma di fatto da Fontana) tramite un’operazione domestica (ma di fatto proveniente da un conto estero)”. Questa è la conclusione degli ispettori della Banca d’Italia.

Un’ipotesi che smonta ulteriormente la versione ufficiale del governatore e la difesa della Lega di Matteo Salvini. Versioni rese già fragili dalla poca trasparenza sui conti esteri ufficialmente intestati alla madre di Fontana.

Come abbiamo raccontato, il presidente della regione aveva dimenticato che prima di diventare erede dei 5,3 milioni lasciati dall’anziana madre, nel 1997 era stato delegato a operare sul conto estero aperto dalla donna, che aveva allora 74 anni.

Fontana ha mentito raccontando a Repubblica che quei conti erano dei genitori e che non erano operativi almeno dagli anni Ottanta. Non era così. Abbiamo rivelato ieri i documenti bancari che dimostrano conti esteri vitali, né morti né estinti, come invece ha sostenuto Fontana. E’ emersa soprattutto un’incongruenza tra la cifra che Fontana regolarizza nel 2015, 5,3 milioni, e il saldo di quei conti nel 2013.

Dubbi mai chiariti dal governatore, che non ha risposto alle nostre domande inviate nei giorni scorsi.

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