Il cashback agli italiani piace parecchio, a giudicare dal numero di utenti che sta cercando di iscriversi all’applicazione Io, che permette di ricevere indietro il 10 per cento delle spese con carte di credito effettuate a dicembre fino a un limite di 1.500 euro. L’iniziativa è stata lanciata con un ampio dispiegamento di forze della presidenza del Consiglio e con un richiamo, con tanto di logo disegnato appositamente, durante l’ultima conferenza stampa di Giuseppe Conte, in cui il presidente ha presentato il decreto Natale. Ad oggi però i problemi per gli utenti sono moltissimi e l’app, ingolfata, si blocca per gli utenti che vorrebbero registrare la propria carta di credito.

Intanto, continuano le comunicazioni entusiaste da palazzo Chigi: «Il numero totale dei download dell’app Io ha superato i 7 milioni, di cui oltre 200mila solo nelle prime ore di oggi (ieri, ndr). Raddoppiate rispetto a ieri mattina (lunedì, ndr) le richieste di caricamento di carte all’interno della sezione “Portafoglio”, con picchi di oltre 12mila operazioni al secondo».

Nel comunicato si ammette però che «si tratta di nuovi numeri record per l’app Io, con un sovraccarico esponenziale sull’infrastruttura che continua a comportare alcuni rallentamenti nella fruizione della sezione “Portafoglio” dell’app».

Il piano

Già, perché come data di debutto per l’operazione cashback, che sarà finanziata per altri tre semestri, quindi fino a metà 2022, era previsto il primo gennaio, mentre per il mese di dicembre era in programma una fase di sperimentazione.

La presidenza ha voluto poi dare un incentivo in più a chi scaricava l’app nel periodo natalizio e ha trasformato la sperimentazione in fase «extra cashback»: il decreto ministeriale del ministero dell’Economia che lanciava l’iniziativa è arrivato alla società pubblica PagoPa, che gestisce il sistema dei pagamenti a favore delle pubbliche amministrazioni, alla fine del mese di novembre.

In realtà però il lavoro di sviluppo dell’app va avanti da molti mesi e l’idea di Io esisteva già tre governi fa: a lanciare il progetto è stato infatti nel 2018 Diego Piacentini, allora capo del team per la trasformazione digitale, richiamato in Italia dall’allora presidente del Consiglio Matteo Renzi.

L’obiettivo finale del progetto era proprio la realizzazione di uno strumento che permettesse di interagire con tutte le pubbliche amministrazioni e i fornitori dei servizi: risolvere scartoffie del comune, fare la fila alle poste per pagare la Tari, tutti ricordi del passato che si sarebbero dovuti risolvere con l’utilizzo di una sola app.

Dopo quasi due anni di sviluppo, con sperimentazioni su piccoli gruppi di utenti e dopo che i primi comuni hanno reso disponibili alcuni servizi sull’app, a fine 2019 la gestione del progetto passa dal team del digitale a PagoPa. Con il governo Conte II l’applicazione diventa uno strumento importante per la ripartizione dei bonus legati alla ripartenza dopo la pandemia da Covid-19: a luglio, per esempio, per prendere il bonus vacanza del Mibact serviva l’app Io.

L’assalto

Ieri, il giorno dopo il lancio, da PagoPa facevano eco all’annuncio di palazzo Chigi diffuso nella prima parte della giornata: le difficoltà ci sono, il sovraccarico dell’infrastruttura anche, ma si sta lavorando per migliorare la situazione il prima possibile. Insomma, il problema non è l’app. Ma viene ribadito che si tratta di una «operazione senza precedenti» e che i picchi di 6mila operazioni al secondo il primo giorno e 12mila ieri non erano prevedibili. Ci tengono anche a far sapere che non si tratta di un click day come quello del bonus mobilità, quando le code per ottenere il contributo contavano centinaia di migliaia di utenti: qui il plafond non si esaurisce, ma prima si attiva il conteggio dell’applicazione prima si iniziano ad accumulare i rimborsi. Insomma, l’incentivo a iscriversi in fretta c’è anche questa volta.

Anche in estate, quando era stato assegnato con l’app il bonus vacanze, non era filato tutto liscio, ma i problemi erano stati risolti nel giro di qualche giorno: il nodo non è tanto l’app, che è stata modificata negli anni anche in base ai feedback degli utenti, ma i server dei ministeri su cui si appoggia.

Si tratta però di una questione fisiologica.

È troppo grande la differenza tra la dimensione dell’infrastruttura necessaria per gestire un’applicazione come Io in condizioni normali e quella che serve per fronteggiare un assalto come quello di questi primi giorni dopo il lancio.

Sarebbe però inutilmente dispendioso e a lungo termine inutile dotarsi di una capacità così grande per un carico che dura soltanto pochi giorni.

Inoltre, attivare i metodi di pagamento porta con sé altri ostacoli perché i canali bancari e di circuito da collegare sono tanti, lenti, e spesso poco uniformi.

 

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