Nella notte elettorale non si è visto, ma Carlo Calenda, il giorno dopo le elezioni è arrivato all’hotel Mediterraneo, per la conferenza stampa post elettorale. A differenza di Lady Gaga e Tom Cruise, hanno commentato i portinai, è passato direttamente dall’ingresso principale: «Faremo gruppi parlamentari unici e parte un processo per che deve portare a un partito che non sia una fusione ma sia una cosa più grande di Azione e Italia viva», ha detto il leader di Azione interrogato da Domani. Secondo le proiezioni, i gruppi saranno da 9 senatori e da 21 deputati.

Così la coalizione del “Terzo polo” arrivata quarta, assicura Calenda, non solo non si scioglie ma rilancia la collaborazione. Matteo Renzi alle 16:00 di lunedì, volato in Giappone domenica, non si è ancora manifestato, era atteso un post. Calenda si è limitato a dire che si sono sentiti.

L’allargamento

Il leader di azione comunque è ottimista. Nonostante il risultato sia ben lontano da quello auspicato, il collettore, dice, può essere ampio, e raccogliere anche i delusi del centrosinistra che non accetteranno un eventuale riavvicinamento al Movimento Cinque stelle. Per Calenda sorte inevitabile, anche qualora Enrico Letta venisse sostituito alla segreteria dal presidente dell’Emilia Romagna Stefano Bonaccini.

Accanto a Calenda, durante la conferenza stampa ufficiale, Ettore Rosato, coordinatore di Italia viva, le ministre Elena Bonetti, Maria Stella Gelmini e Mara Carfagna. I loro interventi sono brevi. Gelmini, la ministra di centrodestra che ha abbandonato Forza Italia per aderire alla coalizione Renzi-Calenda, a margine spiega anche che adesso l’intenzione, oltre agli scontenti, è puntare «sui civici» prima di tutto.

Non specifica però se sia un piano o un auspicio. I dati elettorali parlano di risultati positivi a Milano e a Roma, in contesto urbano. A Roma, dove era candidato lo stesso Calenda, ha perso arrivando terzo, dopo Lavinia Mennuni di centrodestra ed Emma Bonino. La consolazione è aver raggiunto oltre il 14 per cento: «Spiace per il Pd che ha usato Emma Bonino contro di me». Anche lei ha perso.

In vista delle prossime elezioni regionali in Lombardia spicca il risultato alla Camera di Giulia Pastorella, capogruppo dei Riformisti – Lavoriamo per Milano con Beppe Sala da novembre 2021, che a Milano città ha raggiunto il 23,05 per cento dei voti.

Sempre a Milano città, meno scoppiettante il risultato di Ivan Scalfarotto, l’ex sottosegretario di Italia viva. Il Terzo polo ha retto dietro centrodestra e centrosinistra con il 16,34 per cento.

Gli italiani hanno detto no

Se da una parte Calenda dice di voler far diventare la nuova coalizione «una cosa più ampia» e il più attrattiva possibile, ha ammesso che agli italiani non è piaciuta, visto che alla fine ha raggiunto su base nazionale un dato lontano dal quel 10 o più che lui aveva detto di aspettarsi.

Di fronte ai fatti spiega che forse è stata un’affermazione troppo ambiziosa mentre «la scelta è stata netta, verso una maggioranza sovranista di destra».

Lui aspetta la prova Meloni: «Vedremo se la Meloni sarà in grado di governare il paese, ma noi come sempre porteremo avanti un'opposizione solida e costruttiva». Non fa autocritica, ma se la prende con il paese «ha scelto di andare avanti sulla strada del populismo. Le scelte degli elettori sono insindacabili, ma ritengo che questa dinamica che porta le persone a votare chi urla di più, promette di più e realizza di meno sia ciò che ha fatto declinare l'Italia in questi anni».

La sua bandiera è il pragmatismo, anche se, l’esempio di Piombino che continua a portare avanti, lì dove è andato in prima persona «unico politico a parlare con gli elettori» del rigassificatore galleggiante, i suoi candidati hanno preso circa il 5 per cento dei voti. Non solo dopo centrodestra, centrosinistra e Movimento, ma anche dopo Unione popolare di Luigi De Magistris. Il pragmatismo energetico non ha pagato nemmeno in Puglia. La ministra Teresa Bellanova, che in campagna elettorale è andata a Melendugno a parlare di Tap risulta oggi tra i candidati non rieletti.

No al Pd sì a Renzi

Il leader di Azione e di coalizione pensa già al futuro. Anzi, si dispiace per il segretario del Pd Enrico Letta che ha annunciato che non si ricandiderà e assicura che da quella parte non arriveranno alleanze: «Mi spiace per Enrico Letta, lo considero una persona perbene, un europeista che ha tenuto la barra dritta sulla politica estera estera. Ma da lì in poi non ho capito capito niente di cosa voleva fare e con chi. E questo non migliorerà».

L’ex Pd Renzi, che ha formato un nuovo partito politico dopo aver spinto la nascita del governo Cinque stelle, al contrario va benissimo. La ministra Gelimini assicura: «È un alleato affidabile, lealissimo e corretto».

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