Il caso non sussiste, nonostante i tentativi della procura di dimostrare che il pagamento di 1,1 miliardi finito a politici nigeriani fosse un atto corruttivo. Resta il caso Congo, nel quale la società ha chiesto il patteggiamento, e l’incognita sugli imputati già condannati come intermediari di una corruzione che, secondo i giudici, non era però tale
- La sentenza del processo Eni – Shell Nigeria per corruzione internazionale ha disposto l'assoluzione di tutti gli imputati, incluso l’ad Claudio Descalzi.
- Sono due le questioni importanti che questa assoluzione solleva: la prima riguarda l'opportunità di perseguire ancore il reato di corruzione internazionale dopo le assoluzioni, in primo o in secondo grado, nei casi Finmeccanica – India, Saipem – Algeria e ora Eni – Nigeria.
- La seconda attiene all'inchiesta milanese per il presunto depistaggio ai danni dei pm milanesi che hanno indagato in Algeria e Nigeria. Resta aperto il caso Congo: la società ha chiesto di patteggiare riconsiderando il reato in «indebita induzione».
Lungamente attesa, la sentenza del processo Eni – Shell Nigeria per corruzione internazionale che vede alla sbarra tra gli altri l'amministratore delegato dell'Eni Claudio Descalzi e l'ex ad Paolo Scaroni, ha disposto l'assoluzione di tutti gli imputati cancellando quasi otto anni di lavoro della procura di Milano. Quelli intercorsi dall'apertura del fascicolo d'indagine - nel 2013 - fino a ieri e utilizzati per indagare e poi consegnare al tribunale indizi, riscontri e percorso logico idonei a



