Dio, patria, famiglia e amore. Nel nuovo ordine che la destra vuole imporre al paese e alla prima industria culturale del paese, la Rai, non può mancare l’ambizione di proporre un nuovo modello di sentimentalità e vita amorosa.

Si intreccia con il modello familiare e la questione della natalità, su cui la destra insiste da tempo per evitare quella che in comizi del passato veniva definita da attuali ministri «sostituzione etnica».

I manovratori di viale Mazzini non hanno esitato a togliere di mezzo chi non c’entra con l’idea di famiglia che hanno in mente loro. Sulla geopolitica e il rispetto – si fa per dire – delle cariche più importanti dello stato, il faro è il direttore generale Giampaolo Rossi, che sul suo blog ha definito Sergio Mattarella «Dracula». In termini di legami sentimentali e idea di famiglia, a dettare la linea è Angelo Mellone. 

L’intellettuale bucolico

È il terzo colonnello di scuola post fascista di Rossi in Rai, insieme a Paolo Corsini e Paolo Petrecca. Si deve a lui, direttore del day time, la definizione di «sovranità narrativa», indicativa del ribaltamento dei meccanismi che organizzavano le cose a viale Mazzini fino ad oggi, secondo la destra in maniera penalizzante nei confronti dei punti di vista più conservatori.

Ma Mellone, forte di diversi incarichi culturali come la presidenza della Lucana Film Commission e di Umbria libri, è considerato (e si considera) l’intellettuale giusto per indicare la direzione giusta alla nuova Rai.

Se poi si occupa di quei territori anche nei programmi che considera la punta di diamante della sua produzione, come le diverse Linee (verde, blu e tutti gli spin off che nella prossima stagione saranno addirittura sette), oppure in Camper, inventato durante la scorsa stagione estiva e quest’anno rilanciato con la conduzione di Marcello Masi, non lo considera un potenziale conflitto d’interessi, anzi, gli pare un valore. L’Italia, secondo Mellone, «fuori dalla bolla delle grandi città è una nazione “provinciale”» e il filone narrativo che vuole imprimere ha l’ambizione di raccontare «la qualità della vita dei borghi, il ritorno in campagna dei giovani che creano imprese competitive e l’artigianato di avanguardia» come ha detto in un’intervista al Corriere della sera

Oltre il desiderio bucolico di valorizzare la provincia, Mellone ha le idee chiare anche su come si concretizzerà il racconto di amore e famiglia nella Rai sovranista. Per esempio con il nuovo dating show condotto da Lorena Bianchetti Mi presento ai tuoi.

La presentazione sulla brochure Rai è tutta un programma: «Riporta in auge, in una chiave divertente al tempo stesso contemporanea e quasi nostalgica, il tema del corteggiamento attraverso l’antica abitudine di “fidanzarsi in casa”… Un dating in cui i figli sono alla ricerca dell’amore ma a scegliere i pretendenti sono mamma e papà». Il progetto sta molto a cuore a Mellone: «Riproduciamo un evento tradizionale e lo caliamo nella variegata realtà odierna». Hai visto mai che la moda riprenda piede. 

Il timore del capo del day time, che però puntava alla direzione di Rai Cultura o Rai Fiction, è che parlando di famiglia venga messo in contatto con quella che la destra bolla come «ideologia gender». Un caposaldo storico della propaganda sovranista, preoccupata del fatto che un complotto internazionale lavori per la distruzione della «famiglia tradizionale», battaglia molto cara anche a Marcello Foa, probabile nuova voce di Radiouno.

Mellone dice di essere pronto a raccontare anche un amore «fluido», perché, dice, lo conosce e «ne so le nevrosi». Ma pone un caveat: «Purché non diventi un racconto ideologico». Per non rischiare di essere accostato neanche lontanamente all’”ideologia gender” ha contribuito a bonificare viale Mazzini di quei volti troppo identificabili con sensibilità diverse.

La sua vittima eccellente è stata Serena Bortone, a lungo padrona di casa del pomeriggio di Raiuno, ricollocata sull’access time del weekend di Raitre, rea per Lega e Fratelli d’Italia di aver propagato troppo spesso un modello di famiglia non conforme a quello prediletto dalla destra. 

Capisaldi

Ma amore e famiglia sono da sempre punti di riferimento per Mellone. Il suo ultimo libro, Nelle migliori famiglie, è il racconto di una coppia colpita dalla perdita di un figlio, con tutto il dramma che ne consegue: dal testo emerge un’attenzione spiccata per la bellezza e il corpo – il protagonista maschile è un chirurgo plastico – ma ci sono anche tanta politica e televisione.

Mellone prevede la vittoria politica di un “Blocco nazionale” di destra che mette mano alle leggi su affidi e separazioni, ipotizza un nuovo ministero per la Famiglia e il legame sociale, tira in ballo perfino George Soros, l’imprenditore ungherese da anni nel mirino dei sovranisti per la sua presunta «agenda globalista». Tutta finzione letteraria, chiaro. 

Nel frattempo, su Facebook, Mellone si infervorava per far sì che i lucchetti appesi da Tre metri sopra il cielo in poi a ponte Milvio rimanessero al loro posto («Lasciate che i giovani credano nell’amore, perdio») ma si prodigava anche in auguri strappalacrime ai papà: «Auguri a tutti i padri. A chi ancora rinuncia a un pezzo di sé per crescer dei figli, a chi non vuol far morire l’Italia di vecchiaia». 

L’altro caposaldo del compagno di curva nord di Francesco Lollobrigida, tifosissimo della Lazio, è infatti la natalità. Mentre la ministra della Famiglia Eugenia Roccella si lancia in paragoni spericolati tra figli e spritz, Mellone vuole portare il tema in palinsesto, tanto da farlo inserire nel nuovo contratto di servizio Rai, attualmente all’esame della commissione Vigilanza. All’articolo 2 è previsto che la Rai debba «diffondere i valori della famiglia e della genitorialità». Secondo l’articolo 5 la Rai è tenuta a «promuovere, sia con produzioni audiovisive ad hoc, sia con contenuti dedicati nell’ambito dei programmi di approfondimento e intrattenimento, la consapevolezza della ricchezza legata alla genitorialità e alla natalità».

Ma, almeno per il momento, colleghi e collaboratori di Mellone si interpellano su come trasformare le sue priorità in pratica senza trovare una soluzione. C’è da dire che i vicedirettori di genere (day time, prime time e approfondimenti) in molti casi sono rimasti gli stessi, spesso non di fede meloniana.

Da sinistra obiettano con veleno che alla nuova maggioranza mancano i professionisti per sostituirli. Fatto sta che, per ora, l’ambizione si limita a «far passare anche concetti importanti pure nell’intrattenimento» per dirla con le parole di Marcello Ciannamea, direttore del prime time, ascoltato qualche giorno fa in commissione Vigilanza.

Soprattutto nel caso in cui ci si rivolga al pubblico giovane che la Rai vorrebbe riconquistare, anche con programmi come La caserma – il docureality in cui un gruppo di ragazzi «vive insieme per quattro settimane l’esperienza della leva militare» – e Il Collegio, per cui Ciannamea ha promesso un «approccio formativo». L’ambientazione sarà nel 2001: «La parola d’ordine è “globalizzazione” – recita la brochure – un fenomeno che nel 2001 partendo dall’economia coinvolge il mondo della cultura e della comunicazione». 

Resta la spinosa questione della natalità, difficile da inserire in palinsesto. Pier Luigi Bersani ha già ricordato maliziosamente che per fare figli bisogna spegnere la televisione.

Non sembra però si sia ancora trovata una soluzione: «Tu cosa mandi in onda per promuoverla?» ha chiesto il direttore del Tg3 Mario Orfeo al suo compagno di banco Ciannamea durante l’audizione in commissione. La risposta non è mai arrivata, ma probabilmente non è adatta alla prima serata. 

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