I portavoce, a destra, languono. Tanto che per trovarne uno, ultimamente, si rivolgono direttamente ai politici. Il caso è quello di Giovanbattista Fazzolari, il sottosegretario alla presidenza del Consiglio con delega all’attuazione del programma che è anche uno dei punti di riferimento di Giorgia Meloni sin dai tempi della sezione dell’Msi di Colle Oppio.

Mario Sechi lascerà il posto di capo ufficio stampa a inizio settembre per traslocare alla direzione di Libero, ma nei mesi estivi la presidente del Consiglio non è riuscita a trovare un sostituto. Così, Fazzolari sarà presto anche coordinatore della comunicazione del governo.

Un incarico non perfettamente sovrapponibile con quello di Sechi: verosimilmente, almeno all’inizio, ci si chiederà se a parlare con i cronisti sarà il coordinatore o il sottosegretario.

Che Meloni si fidasse ciecamente di “Spugna” era già emerso quando ad aprile la premier aveva ampliato il perimetro del suo incarico originario.

Non importa se Fazzolari è tutt’altro che un comunicatore o un giornalista. Dopo una laurea in economia ha svolto un corso post laurea da operatore della comunità europea. Nel frattempo, era collaboratore di Meloni quando la premier era ministra della Gioventù.

Per il resto, è stato essenzialmente dirigente in Regione Lazio e senatore. Non sarà un problema nemmeno il suo passato da intervistato eccellente nei primi nove mesi del governo, in cui è stato generoso di dichiarazioni incendiarie.

Ha smentito che volesse insegnare a sparare a scuola. Ma ha anche attaccato il presidente francese Emmanuel Macron: «Non c’è un nesso tra il Pnrr e costringere l’Italia, in violazione delle norme internazionali, a farsi carico dei migranti. Spero si chiarisca».

Ancora un mese fa mandava messaggi velenosi a Paolo Gentiloni, commissario agli Affari economici Ue: «Rilevo un’anomalia: quella di un commissario che si sente ogni volta in dovere di fare il controcanto al governo italiano, con dichiarazioni che mettono in difficoltà la nazione». A contare, agli occhi di Meloni, è la fedeltà incrollabile: uno dei maggiori punti di frizione tra il resto dello staff della premier e Sechi era infatti proprio la sua origine estranea alla fiamma magica di Meloni. Con Fazzolari, questo problema non si porrà.

Il ritorno di De Angelis

Insomma, Fazzolari non è stato finora uomo dai toni sfumati. Resta da vedere se manterrà il suo stile anche con i cronisti stranieri. L’esecutivo Meloni continua a non avere una figura dedicata com’era Ferdinando Giugliano per Mario Draghi.

La diplomazia delle opinioni non è la qualità principale neanche di Marcello De Angelis, tornato alla ribalta con una canzone del suo gruppo 270 bis dal contenuto antisemita. Il portavoce della Regione Lazio si è difeso spiegando che non si riconosce più in quel testo. Ma intanto le opposizioni hanno chiesto che faccia le valigie, come già per le sue opinioni controverse sulla strage di Bologna.

L’ex Terza posizione resta per il momento al suo posto, dopo che il presidente Francesco Rocca lo aveva salvato già dalla prima bufera. Anche perché, si sa, il mercato dei portavoce della destra attinge a un bacino di offerta molto ristretto.

© Riproduzione riservata