Il video pubblicato sui social dal garante del Movimento 5 Stelle, Beppe Grillo, riguardo alla vicenda giudiziaria del figlio Ciro ha suscitato indignazione nel mondo politico. Lo sfogo via Facebook ha riportato l’attenzione sul presunto stupro di gruppo commesso dal ragazzo e tre suoi amici nell’estate di due anni fa in Sardegna: una difesa urlata che ha aggiunto nuovi elementi pubblici al caso, oltre che errori giuridici.

I fatti noti

Il presunto stupro avviene nella notte tra il 16 e il 17 luglio 2019: Ciro Grillo e tre suoi amici genovesi, tutti diciannovenni, sono in Sardegna per le vacanze. Passano la serata al Billionarie di porto Cervo e qui conoscono due coetanee milanesi, che invitano ad andare con loro nella casa di Grillo, composta da due appartamenti adiacenti, in uno dei quali dorme la madre Parvin Tadjik. Qui avrebbero luogo una serie di violenze sessuali nei confronti di una delle ragazze, sia nella stanza da letto che nel box doccia, compiute da tutti e quattro i giovani dopo averla costretta a bere mezza bottiglia di vodka. La seconda diciannovenne, invece, già ubriaca, si sarebbe addormentata sul divano del soggiorno e qui avrebbe subito abusi.

La ragazza ha sporto denuncia per stupro di gruppo il 26 luglio, accompagnata dai genitori una volta rientrata a Milano e gli atti sono stati inviati per competenza alla procura di Tempio Pausania.

Così comincia l’inchiesta, che va avanti per due anni. Vengono sequestrati tutti i cellulari e il 5 settembre 2019 i quattro ragazzi vengono sentiti dagli inquirenti, ma senza che siano ancora stati conosciute le prove a proprio carico. Loro parlano di rapporto sessuale di gruppo ma consenziente, la ragazza invece racconta nei dettagli una notte di violenze sessuali subite in stato di ubriachezza. Nel frattempo, viene intercettata madre del ragazzo, che aveva dichiarato agli inquirenti di non essersi accorta di nulla perchè quella notte dormiva. La relazione delle perizie sui cellulari viene depositata nel gennaio 2020 ma a questo punto le indagini rallentano. L’avviso di conclusione indagini viene recapitato ai quattro ragazzi il 20 novembre 2020 ma, per problemi di copiatura degli atti da mettere a disposizione delle parti, gli avvocati di difesa ottengono una proroga per poter svolgere controdeduzioni e indagini difensive. Così si arriva ad aprile 2021: il 9 aprile si svolge l’interrogatorio formale (atto obbligatorio prima del rinvio a giudizio) dei tre ragazzi, il 15 aprile quello di Ciro Grillo.

L’accusa a carico dei quattro è di violenza sessuale di gruppo, aggravata dall’utilizzo di sostanze alcoliche e la pena prevista va dagli 8 ai 14 anni, aumentata di un terzo per l’aggravante. Secondo la procura, infatti, i ragazzi avrebbero costretto la vittima «a subire e compiere ripetuti atti sessuali» e «ripetuti rapporti orali e vaginali, contestualmente e con ciascuno di loro», approfittando della condizione di inferiorità psichica e fisica della ragazza, reduce da una notte insonne, dalle violenze e dall’alcol bevuto. Secondo l’accusa, vittima sarebbe anche l’altra ragazza, perchè mentre dormiva è stata fotografata con i genitali di uno dei ragazzi appoggiati al viso. Le prove determinanti sono state rinvenute nei cellulari, dai quali sono state recuperate fotografie ma soprattutto un filmato dei rapporti sessuali di gruppo. Il filmato a cui fa riferimento Beppe Grillo nel suo video e che, a suo dire, mostrerebbe che la ragazza era consenziente.

Gli errori di Grillo

Nel suo video di difesa del figlio, Grillo commette una serie di errori. Il primo riguarda l’eventuale stranezza di una denuncia per stupro presentata dopo una settimana dai fatti: grazie al Codice Rosso approvato nel governo Conte 1, infatti, è previsto che la denuncia per violenza sessuale possa venire presentata fino a 12 mesi dopo i fatti.

Grillo dice poi che, se ci fosse stato uno stupro, i magistrati avrebbero lasciato fuori dal carcere «quattro stupratori seriali», invece il figlio in questi due anni è rimasto libero. La serialità, però, prevede che il reato sia stato reiteratamente commesso e non è il caso di Ciro. Inoltre, l’eventuale misura cautelare in carcere viene disposta solo nel caso di pericolo di reiterazione del reato, fuga o inquinamento delle indagini. 

La replica di Bongiorno

Altro punto controverso è l’interpretazione dei contenuti del video del rapporto. Secondo Grillo «si vede che è consensuale» e così ha scritto anche la moglie in risposta a un video di Maria Elena Boschi. Secondo l’avvocato della ragazza, Giulia Bongiorno, «quel video è una prova a carico, non ci intimidisce», inoltre definisce il video di Beppe Grillo «un boomerang per il figlio e gli altri ragazzi».

«Ho fatto molti processi mediatici ma non ho mai ricevuto tante richieste di interviste come in questo caso. Nonostante tutto la famiglia ha scelto il silenzio. Beppe Grillo, anziche' apprezzare un tale comportamento corretto, ci ha riservato questo trattamento. La famiglia della ragazza ieri era totalmente distrutta, tra lacrime e disperazione. Stanotte non si e' dormito, il dolore si e' amplificato», ha detto l’avvocata a Radio Capital, definendo il video di Grillo una «tipica strategia difensiva: si riduce in briciole un fatto in modo tale che sembri irrilevante. Ora mi aspetto un video in cui si dirà: “Beh allora che sono venute a fare in Sardegna?”. E' una strategia che tende a sostituire i ruoli processuali: le ragazze diventano imputate. Il fascicolo in questione è ricco di documenti, foto, video e chat, i fatti da valutare saranno tanti. Ed è di una gravità inaudita che Grillo voglia ridicolizzare tutto questo. Il processo non si fa in piazza ma nelle aule». 

Certo è che il video di Grillo aumenta la mediaticità e la politicizzazione di un processo per un reato grave, col rischio di condizionarne comunque gli esiti.

 

© Riproduzione riservata