«Se mi riconosco nel centrosinistra attuale? Passiamo alla prossima domanda...». Francesco Rutelli non è un fan del woke, ma neanche di Elly Schlein. Alla domanda ha risposto durante il dibattito che ha visto il ritorno di Gianfranco Fini ad Atreju. La riedizione del primo duello televisivo tra candidati sindaco, trentadue anni fa, consegna al pubblico della manifestazione una conversazione tra due ex politici che conoscono bene il mestiere e – pur evidenziando a più riprese come sono lontani dalle cose contemporanee – sentono ancora il solletico dell’agone. E magari, sperano in qualcosa in più da parte delle loro rispettive parti politiche.  

La chiacchierata, moderata da Hoara Borselli del Giornale, scorre tranquilla, i due ex avversari riescono a distanza di lustri a farsi anche qualche risata sulla campagna elettorale e la consiliatura Rutelli. Il «sindaco sul motorino» che al primo giorno al Campidoglio si è dovuto consegnare alla sicurezza della municipale da un lato, il missino “benedetto” da Silvio Berlusconi con la raccomandazione ai romani di votare lui alla prima elezione diretta del sindaco della Capitale dall’altro. 

«Sono un’esca per riportare Fini ad Atreju...» provoca Rutelli. L’ex leader di An ribatte con galanteria, rivolgendosi al pubblico: «Rutelli un’esca no eh, ragazzi». L’amarcord prosegue con la rievocazione della gioventù politica dei due – «di allora mi manca l’attivismo dei ragazzi» spiega l’ex Verde – di quei tempi in cui un Rutelli radicale andava a stampare i suoi volantini nella tipografia del Secolo d’Italia «perché costava meno». 

Ieri e oggi

Si parla di allora, ma anche della politica contemporanea. In prima fila la padrona di casa Arianna Meloni, di rosso vestita, le immancabili sneakers glitterate ai piedi. Al suo fianco Giovanni Donzelli, che prima di farlo salire sul palco accompagna il padre nobile ritrovato Fini al “Bullometro”, il muro su cui i militanti di Atreju hanno affisso le “parole d’odio” della sinistra. Un viaggio nel passato di una comunità che si è sempre sentita attaccata e che, anche dal governo, non riesce a rinunciare a vestire i panni della vittima. Alle loro spalle, sul grande albero di Natale stilizzato, scorrono led tricolori. 

Passa a salutare anche l’ex fidato portavoce Francesco Storace (che è pure relatore di un altro panel), che abbraccia a lungo il sottosegretario alla Giustizia Andrea Delmastro Delle Vedove. E ancora, un’altra figura paterna (parzialmente rinnegata) della generazione Atreju, Fabio Rampelli. Due sedute più in là, Barbara Palombelli, subito dietro una ex giovane speranza della Margherita che fu, il consigliere regionale renziano Luciano Nobili.

La dote

Fini, che ammette di vivere «un ritorno a casa», porta in dote al partito con cui ricuce dopo quattordici anni di assenza la sua esperienza. La speranza che la serata porti a qualcos’altro, un incarico all’altezza della sua storia politica, è nell’aria. Anche se, sottolinea, «non ho chiesto e non chiedo nulla, lo sanno Arianna e Giorgia». 

Ma l’ex ministro degli Esteri è pronto ad ammettere i suoi errori. «L’errore è stato chiedere e ottenere lo scioglimento di Alleanza nazionale, perché era era un movimento politico basato su un senso comunitario. Ma il merito che ha avuto Fratelli d'Italia con Giorgia Meloni è stato ricostruire questa comunità» continua l’ex presidente della Camera. Un «ritorno al futuro», come lo chiama scherzando Rutelli. 

L’ex sindaco offre una sponda: «Io rispetto Meloni perché si trova a dover gestire un cambiamento geopolitico dirompente e chi governa ha la necessità di mantenere un equilibrio» dice Rutelli. Che dà un altro consiglio alla sua parte politica. «Sarebbe opportuno andare oltre la competizione brutale di qua o di là su alcuni grandi temi, sarebbe molto saggio trovare, nella differenza di responsabilità tra chi governa e fa opposizione, trovare dei punti di utilità per il paese e lo dico all’opposizione, che non significa rinunciare al suo ruolo».

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