Questa settimana, una commissione del Senato poco conosciuta e controllata da una maggioranza di centrodestra, ha deciso che l’ex presidente della regione Lombardia e sei volte parlamentare Roberto Formigoni ha diritto a percepire il vitalizio che gli era stato revocato.

La decisione fa decadere la delibera interna del Senato, votata nel 2015, che imponeva la cancellazione di vitalizi e pensioni per tutti i senatori condannati per reati gravi. Fino a una ventina potrebbero vedersi ripristinato il loro trattamento pensionistico.

Il caso Formigoni

Formigoni era stato condannato in via definitiva, il 21 febbraio 2019, a 5 anni e 10 mesi di reclusione per corruzione. Dal luglio del 2019 si trova agli arresti domiciliari. Formigoni dice di non aver altri redditi oltre al vitalizio. La pensione di regione Lombardia, insieme ad immobili di proprietà, sono stati sequestrati in seguito alla condanna.

L’ex senatore dice che la pensione da senatore dovrebbe ammontare a poco più di 2mila euro al mese. Secondo un calcolo approssimativo, dice, il totale di contributi che ha versato al fisco come parlamentare ammonta a circa 200mila euro.

Le commissioni

A decidere per l’abolizione della delibera del 2015 e quindi per la restituzione dei vitalizi sono state la commissione contenziosa e il consiglio di garanzia, due organi che funzionano come una sorta di tribunale interne che si occupa di controversie lavorative o previdenziali di senatori e dipendenti del Senato.

Questi due organismi non hanno una composizione politica, cioè non rappresentano in modo proporzionale i vari gruppi parlamentari. I loro membri nominati a inizio legislatura direttamente dal presidente del Senato tra i senatori esperti di giurisprudenza (avvocati, magistrati o professori).

Entrambi gli organismi sono controllati da maggioranze di centrodestra (rafforzate dal passaggio di due senatori dal Movimento 5 Stelle alla Lega). La commissione contenziosa è composta da tre senatori titolari, uno di Forza Italia e due della Lega (più altri esperti ed ex magistrati in rappresentanza dei dipendenti).

Il consiglio di garanzia è composto da cinque senatori titolari, uno di Forza Italia, due della Lega, uno di Fratelli d’Italia e uno del Partito democratico. I presidenti delle due commissioni appartengono a Forza Italia e sono indicati dai giornali come vicini alla presidente del Senato Maria Elisabetta Casellati e al suo capo di gabinetto, l’ex ministro della Giustizia Nitto Palma.

In entrambe le votazioni, Lega e Forza Italia hanno votato a favore del ripristino dei vitalizi. Il voto nel consiglio di garanzia si è svolto questa settimana dopo un’unica seduta di discussione del caso.

Le motivazioni

Giacomo Caliendo, il senatore di Forza Italia che presiede la commissione contenziosa, quella che si è espressa lo scorso aprile, dice che dietro la decisione di abolire la delibera del 2015 e quindi di restituire il vitalizio ai condannati c’è l’idea che quest’ultimo sia diventato una vera e propria pensione, soprattutto in seguito alla decisione del 2018 di ricalcolare tutti i vitalizi su base contributiva. Visto il vincolo tra contributi versati e pensione, la sua natura sarebbe quindi inalienabile.

Ma tra le argomentazioni utilizzate viene anche citata anche la legge che istituisce il redditto di cittadinanza e quota 100 che, all’articolo 18, stabilisce che i trattamenti previdenziali possono essere tolti soltanto ai condannati che «si sono sono sottratti» alla giustizia, un caso che non si può applicare a Formigoni.

Pd e Movimento 5 Stelle sono contrari alla decisione. «La cancellazione della delibera del 2015 è assolutamente sbagliata», dice oggi Valeria Valente, esponente del Pd nel consiglio di garanzia. Secondo Laura Bottici, senatrice e questore del Movimento 5 Stelle, la decisione presa dal Consiglio di garanzia ha creato «un vuoto normativo». Bottici ha depositato una mozione per discutere in aula il ripristino della delibera del 2015.

Caliendo dice di non sapere quanti ex senatori potrebbero sfruttare questo cambiamento, ma ricorda che la delibera del 2015 consentiva agli ex senatori che si fossero visti privare del vitalizio di ottenere il rimborso dei contributi versati. Secondo Caliendo è difficile che chi ha fatto ricorso a questo sistema possa versare di nuovo quanto ricevuto per ricevere il vitalizio.

Formigoni ha detto a Domani di non essere tra coloro che hanno usufruito di questa possibilità: «Sarebbe stata una soluzione molto provvisoria che avrebbe solo spostato nel tempo il problema principale, che è quello di avere un reddito stabile per gli anni a venire».

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