Ricotta, burratina, coccoli – ovvero deliziose frittelle toscane -, assaggini di carne salata, pappardelle al cacio di bosco - un formaggio casareccio al tartufo - , tortelli di ragù di chianina, tagliata di chianina rucola e scaglie di pecorino; costo dai 25 ai 35 euro. Oppure una più mesta schiacciata con crudo e formaggio, dolcetto, bottiglietta d’acqua e caffè a soli 8 euro. Sono i menù che si sono visti recapitare via mail i componenti della commissione parlamentare di inchiesta sui fattacci della comunità «Il Forteto» che lunedì 19 ottobre a mezzogiorno hanno appuntamento nel comune di Vicchio provincia di Firenze, per un «sopralluogo» nella fattoria dove a tutt’oggi opera una cooperativa agricola. Trent’anni fa era una comunità nata – a parole – sui principi di Don Milani. Il nome di Forteto è però legato a una storiaccia: nel 1978 i fondatori da Rodolfo Fiesoli e Luigi Goffredi furono indagati per atti di libidine violenta e maltrattamenti nei confronti di adolescenti in difficoltà che venivano inviati lì dal Tribunale dei minori. I due furono condannati. Ma decenni dopo furono di nuovo accusati di altri maltrattamenti, e di nuovo condannati. Una ferita ancora aperta in quel territorio, su cui nei decenni hanno indagato due commissioni d’inchiesta regionali ed una parlamentare. Anche perché il tribunale dei minori, guidato allora dal magistrato Gian Paolo Meucci, detto «il giudice buono», continuò ad affidare minori alla comunità anche dopo che erano emerse notizie di quello che succedeva nelle camerate della fattoria. La trasferta di lunedì serve ai commissari, alcuni dei quali giovanissimi o neanche nati all’epoca dei fatti, per rendersi conto del luogo in cui i reati furono compiuti.

Se non fosse che la proposta di menù per il pranzo rischiava di trasformare la missione parlamentare, dal dolente horror tour che si può immaginare, in un’allegra scampagnata in Toscana, con tanto di degustazione di prodotti tipici. La destra è insorta contro la presidente della commissione, la pentastellata Angela Anna Bruna Piarulli. Anche perché proprio i pranzi e le libagioni consumate nella comunità e offerte a politici e personalità erano la cortina di fumo con cui venivano coperte le malefatte dei fondatori.

Alla fine il pranzo è cancellato. Ma Piarulli respinge ogni addebito. Bella signora, direttrice di carcere, nativa di Matera ma residente a Bari, sui social si mostra in foto con il volto impreziosito da tanti loghini Chanel, giocosa immagine prodotta da un’app, «una distrazione che mi hanno regalato le mie figlie dopo un momento triste della mia vita», spiega lei, perché «ho sempre avuto il gusto del bello e della femminilità, mi sono trovata a lavorare in un carcere subito dopo la laurea e ho imparato che curare l'abbigliamento e fare sport e aiuta a distrarsi e a combattere la depressione». Sarà mica stata una “distrazione” anche quella di aver organizzato il pranzo al Forteto? «Ma no», replica, «da presidente di commissione sono stata sempre rigorosa». Piarulli infatti non ci sta a fare la parte di quella che invitava i colleghi all’allegria gastronomica sul luogo del delitto. Tutta colpa «di un consigliere della commissione, un addetto del senato, che ha mandato per sbaglio un menù che io già avevo scartato», ma il nome dello sbadato non esce fuori, «Io avevo proposto solo il panino e l’acqua. Il mio dubbio era solo di capire se fra i colleghi c’era qualcuno che soffrisse di intolleranze» nel senso di alimentari, «Figuriamoci se proponevo un menù intero, con i tempi stretti che abbiamo» giura, «ma la trasferta dura da mezzogiorno alle 17 e i colleghi non sono in grado di stare senza mangiare. Del resto in tutti i contratti collettivi di lavoro è prevista la pausa pranzo», epperò «quando poi alla riunione dell’ufficio di presidenza hanno posto il tema ho detto: mi avete tolto un problema, io proprio un panino vi stavo proponendo». Nella «consecuzio» della presidente qualcosa non torna: se glielo hanno tolto i colleghi che hanno protestato, il problema del famoso pranzo chianina coccoli e burratine evidentemente ancora c’era. «Ma no», insiste lei, «è una strumentalizzazione dell’opposizione, non era prevista nessuna gita. E poi ora con il Covid, chissà in quanti saremo, dovremo riorganizzare la missione». E di sicuro stavolta sarà previsto un più composto pranzo al sacco.

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