«Con i ragazzi i manganelli esprimono un fallimento» afferma la nota diffusa dal Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, con riferimento alla reazione delle forze dell’ordine nei riguardi degli studenti che manifestavano a Pisa. Quei manganelli esprimono un fallimento non solo sul piano del dialogo, dell’educazione, della cultura, ma forse anche su quello del diritto.

La libertà di manifestare

Secondo l’articolo 17 della Costituzione, tutti i cittadini hanno il diritto di riunirsi, purché pacificamente e senz’armi. Non serve alcuna autorizzazione: delle riunioni in luogo pubblico deve solo essere dato un preavviso alle autorità. «Il preavviso non è la richiesta di un’autorizzazione» - come ha spiegato Gustavo Zagrebelsky, presidente emerito della Consulta - «il principio è il diritto, l’eccezione è il divieto che può essere disposto solo con provvedimento motivato in relazione a “comprovati” motivi di sicurezza o incolumità pubblica».

Il mancato preavviso non rappresenta una condizione di illegittimità della riunione né un’automatica presunzione di pericolo per l’ordine pubblico. A seguito del preavviso, il questore può impartire prescrizioni su modi, tempi e percorsi della manifestazione, potendo arrivare anche al divieto della stessa.

La proporzionalità della reazione

Per valutare gli eventi di Pisa bisogna prendere le mosse dall’articolo 53 del codice penale, denominato “uso legittimo delle armi”. La norma prevede la non punibilità del pubblico ufficiale che, al fine di adempiere a un dovere del proprio ufficio, «fa uso (…) delle armi o di altro mezzo di coazione fisica, quando vi è costretto dalla necessità di respingere una violenza o di vincere una resistenza all’Autorità».

La norma comporta, in primo luogo, che l’uso delle armi o di strumenti assimilabili debba essere “necessario”, e quindi non sia consentito quando si possa respingere la violenza o vincere la resistenza in modo diverso. Dunque, “necessità” significa che, tra i mezzi a disposizione, va scelto quello meno lesivo.

In secondo luogo, il ricorso alla forza è legittimo quando, oltre che necessario, risulta “proporzionato”, sia in relazione ai mezzi usati sia agli interessi coinvolti. Quanto ai “mezzi”, l’azione (del manifestante) e la reazione (del pubblico ufficiale) devono muoversi sullo stesso piano offensivo: soltanto a una violenza fisica è possibile reagire avvalendosi di armi o di altri strumenti di coazione. Circa gli interessi, la valutazione va condotta attraverso una ponderazione fra quello a manifestare e quello alla sicurezza e all’incolumità pubblica, che la manifestazione potrebbe concretamente mettere a rischio.

I principi espressi dalla Cassazione

In una recente sentenza (n. 27/2024), la Corte di Cassazione ha espresso alcuni principi che possono consentire di orientarsi meglio circa quanto accaduto a Pisa. La Corte si è pronunciata sul caso di Stefano Origone, giornalista di Repubblica, che nel maggio del 2019 fu preso a manganellate da agenti del Reparto Mobile durante le proteste per un comizio di Casa Pound. «Stato emotivo di esasperazione degli agenti, voglia di dare un monito ai manifestanti» o «situazione ambientale di confusione» - sostengono i giudici - non possono giustificare un «inquadramento erroneo del giudizio di proporzionalità» che porta «all’uso estremo delle armi». Queste affermazioni inducono dubbi circa quanto espresso in un comunicato dalla Polizia di Stato, che ha motivato i fatti di Pisa con le «difficoltà operative di gestione (…) di possibili momenti di tensione».

Il pubblico ufficiale - proseguono i giudici - deve attenersi a «regole di prudenza», che impongono di non utilizzare armi «se non in caso di assoluta necessità». E “necessità”, secondo l’interpretazione che ne dà la Cassazione citando pronunce precedenti, significa che l’uso di strumenti offensivi deve costituire l'extrema ratio. In altre parole, esso è legittimo solo quando non siano praticabili altre modalità d'intervento, e deve avvenire secondo una gradualità determinata dalle esigenze del caso concreto (sentenza n. 41038 del 16 giugno 2014). Ciò induce a chiedersi se a Pisa fosse proprio indispensabile l’utilizzo dei manganelli per far desistere i manifestanti dalla prosecuzione del corteo e se sia stato rispettato il principio di uso progressivo della forza cui gli esponenti del servizio d’ordine devono attenersi.

Infine, secondo i giudici, il fatto che una reazione sia necessaria non significa che essa sia anche automaticamente proporzionata. Questo principio smentisce coloro i quali - riguardo agli eventi di Pisa - affermano che, siccome la violazione del divieto di passaggio, opposto ai manifestanti dalle forze dell’ordine, necessitava di una reazione, qualunque reazione può considerarsi proporzionata a fronte di un ordine non rispettato. Non è così, afferma la Suprema Corte.

Servirà attendere gli esiti dell’inchiesta già avviata. Oggi l’importante è che la discussione sia riportata entro i binari del diritto, dai quali si deraglia troppo spesso.

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