Galeotto fu il clima pre-vacanziero, con i parlamentari già avviati verso le ferie. La norma sugli extraprofitti delle banche è arrivata come un fulmine a ciel sereno anche per senatori e deputati della maggioranza, che già pregustavano qualche settimana di tranquillità.

Invece, il dl ha colto alla sprovvista in particolare gli azzurri. Forza Italia, infatti, sarebbe rimasta ai margini di un’iniziativa maturata tra via della Scrofa e via Bellerio, con la premier Giorgia Meloni e il vicepremier Matteo Salvini come ideatori e Giancarlo Giorgetti come esecutore materiale al ministero dell’Economia. «Il voto in consiglio dei ministri è arrivato all’unanimità», ricordano fonti di Forza Italia, scacciando l’ipotesi di fratture dentro l’esecutivo. Del resto, il cantiere aperto che è il partito senza più Silvio Berlusconi in questo momento ha altro a cui pensare e in ogni caso la decisione era già stata presa da palazzo Chigi.

Di qui la strada di lavorare ai fianchi del provvedimento e di centellinare le dichiarazioni dei forzisti. Il giorno dopo il cdm a parlare in serata è stato il decano Paolo Barelli, che dopo un primo sbandamento in diretta televisiva in cui aveva espresso dubbi sulle valutazioni del governo era poi intervenuto con una nota per dettare la linea ufficiale. Accomodante del certificare coesione nel governo, ma chiara nel chiedere «approfondita discussione» da svolgersi in parlamento e consultando anche gli operatori bancari.

Questo è il crinale su cui si sta muovendo il partito, con Pierantonio Zanettin, che ha aggiunto la parola chiave: «Vedremo se sarà il caso di intervenire con modifiche» dopo aver valutato tecnicamente gli effetti della misura. E Maurizio Gasparri, che è tornato ad attaccare i suoi storici nemici, «i giganti del web», ipotizzando anche per loro una tassa extra. Sottinteso: se davvero il governo vuole fare Robin Hood, ci sono altri ricchi da colpire.

La sponda con Giorgetti

Una piccola nota positiva per FI è arrivata già poco dopo il dl, con la nota del Mef in cui Giorgetti – che era assente in conferenza stampa – ha specificato che l’extraprofitto avrà un tetto massimo dello 0,1 per cento del totale dell’attivo bancario. In questo modo il gettito della tassa dovrebbe assestarsi intorno ai 2-3 miliardi e il ministro potrà contare in FI come sponda prudente dentro la maggioranza per emendare il dl.

Del resto, si tratta di un provvedimento che nessuno in FI si sente di sposare: troppo lontano dalle idee di un partito liberale, come ha sottolineato anche l’ex senatore azzurro Augusto Minzolini oggi direttore del Giornale.

Non solo. Non è sfuggito infatti come si tratti della prima misura del governo Meloni che colpisce direttamente uno degli asset pregiati del patrimonio Fininvest. La nota del Mef ha già ridotto gli effetti della tassa, ma Mediolanum (di cui la famiglia Berlusconi detiene il 30 per cento delle quote) sarà la quarta banca italiana come impatto della misura secondo le stime del Sole 24 ore. Certo è che il dl ha un peso, anche solo di impostazione culturale, per il partito in fase pre-congressuale e sul quale grava il debito da 90 milioni garantito dagli eredi del Cavaliere. Inevitabilmente, però, viene letto anche come un segnale degli alleati FdI e Lega di come le attenzioni siano cambiate. In ogni caso, il mantra è «sangue freddo», la norma dovrà passare dal parlamento e la moral suasion non arriverà solo dagli azzurri ma anche e soprattutto dagli operatori bancari. Per la prima volta dalla sua morte, però, l’assenza del Cavaliere dalla scena politica – come leader liberale o come garante degli interessi economici di alcuni operatori – è apparsa evidente.

 

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