Fino ad oggi, a mostrare il loro favore all’ipotesi di Mario Draghi al Quirinale, erano stati i leader di partito, anche se per ragioni diverse: prima Giorgia Meloni, poi anche Giuseppe Conte ed Enrico Letta.

Ora, però, lo dice anche il potente ministro leghista dello Sviluppo economico, Giancarlo Giorgetti: non un ministro qualsiasi, ma tra i più fidati dello stesso Draghi.

«Draghi potrebbe guidare il convoglio anche dal Quirinale», ha detto a Bruno Vespa in quella che è l’anticipazione per il suo prossimo libro dal titolo Perché Mussolini rovinò l'Italia (e perché Draghi la sta risanando).

«Gia' nell'autunno del 2020 le dissi - dichiara il ministro - che la soluzione sarebbe stata confermare Mattarella ancora per un anno. Se questo non è possibile, va bene Draghi». E il Governo? «Draghi potrebbe guidare il convoglio anche da fuori. Sarebbe un semipresidenzialismo de facto, in cui il presidente della Repubblica allarga le sue funzioni approfittando di una politica debole». 

L’affermazione è una bomba pronta a esplodere dentro il centrodestra, che aveva appena finito di rimettere insieme i pezzi nelle riunioni a villa Grande con Silvio Berlusconi della settimana scorsa. 

Lì l’accordo si era stretto intorno al patto di sostenere il Cavaliere al Quirinale in cambio di una posizione unita per una legge elettorale maggioritaria. Invece, già l’accordo sembra non tenere più.

il semipresidenzialismo

A spostare gli equilibri è anche il concetto per la prima volta esplicitato di un «semipresidenzialismo de facto», che significa: Draghi dal Colle farà le veci del premier su un settore delicato come quello dell’economia.

Quindi l’ipotesi a cui fa riferimento Giorgetti è quella di una prosecuzione della legislatura con un governo del presidente, probabilmente guidato da uno dei suoi ministri più vicini.

Proprio in questo senso, nelle settimane scorse era sorta anche la suggestione che proprio il ministro per lo Sviluppo economico pensasse di poter ambire al ruolo. 

© Riproduzione riservata