Si può dire che il presidente del Movimento 5 stelle esce devastato da queste amministrative soltanto se si accetta la falsa premessa di una precedente solidità della sua leadership. La storia di Conte alla guida del M5s è nata morta, funestata già agli albori dalle liti con il garante Beppe Grillo, che ora ricorda sibillinnamente che un tempo il Movimento ha fatto l’impossibile e ora deve fare il necessario. Ma alle comunali i Cinque stelle non hanno nemmeno raggiunto il sufficiente.

La teoria contiana dell’alleanza organica con il Pd è rimasta una teoria. Dove il movimento si è presentato con il Pd (Bologna, Napoli) ha goduto del traino dell’alleato e dato un contribuito che a essere buoni si può definire marginale; dove si è presentato solo (Torino, Milano, Roma) ha ottenuto percentuali talmente basse da rendere il Movimento sostanzialmente irrilevante anche ai ballottaggi.

Il nuovo corso

Le proiezioni su Virginia Raggi la danno più dalle parti di Carlo Calenda che da quelle di Roberto Gualtieri, cosa che apre lo scenario di un accordo del candidato del Pd con l’intraprendente centrista al secondo turno, mettendo strategicamente da parte la sindaca uscente. «I risultati, anche quando non in linea con le nostre ambizioni, non possono ovviamente compromettere il nuovo corso del M5s», ha detto Conte, come se un nuovo progetto politico fosse davvero iniziato, mentre l’avvocato del popolo è evidentemente soltanto il curatore designato di una litigiosa gestione delle ceneri del Movimento che fu, nella circostanza consegnate in un’urna al Pd.

C’è chi si è giocato la leadership in un’estate di follie in bermuda al Papeete e chi invece se l’è vista sfilare di dosso come una pochette dal taschino. Ciascuno sceglie lo stile della propria crisi di leadership. Ma Conte nell’ora della disfatta insiste: il progetto del nuovo Movimento 5 stelle, segnato dagli stessi problemi di quello vecchio ma con molti meno voti, «va realizzato nel medio e lungo termine». Keynes nella sua massima non parlava del medio termine, ma su quello lungo aveva le idee chiare: siamo tutti morti. Vale anche in politica. 

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