La commissione Giustizia della Camera ieri ha bocciato la proposta del centrodestra di ampliare il perimetro della riforma sulla giustizia all’abuso d’ufficio. Hanno votato in blocco Partito democratico, Movimento 5 stelle e Leu, respingendo i tre emendamenti proposti dal capogruppo di Forza Italia Pierantonio Zanettin con 25 voti contrari e 19 a favore, e con l’astensione di Maurizio Lupi.

A favore degli emendamenti, oltre a Fi, Lega e Fratelli d’Italia. Mentre Azione e +Europa hanno votato contro le richieste del centrodestra perché avrebbe «comportato una pesante dilazione dei tempi di approvazione della legge», ha spiegato il deputato Enrico Costa.

La commissione ha votato anche le proposte di ampliamento del perimetro di Alternativa c’è, il gruppo degli ex parlamentari fuoriusciti dal movimento, respinte con 23 voti contrari e 21 favorevoli. «Anche loro hanno il dichiarato proposito di affossare la riforma», ha commentato il deputato Federico Conte (Leu), membro della commissione. Conte sottolinea che dalla commissione è emerso un dato politico importante:  «Con il voto compatto di Leu, Pd e M5s contro l'ampliamento del perimetro dei temi, che avrebbe rinviato sine die la discussione, abbiamo salvato la riforma Cartabia dal tentativo del centrodestra, che ha ritrovato l'unità con Fratelli d'Italia, di affossarla. Ora usiamo tutto il tempo possibile per costruire la migliore mediazione sulle proposte in campo e andiamo all'approvazione della riforma nei tempi indicati dal Governo per mantenere gli impegni assunti con l'Unione europea per la realizzazione del Pnrr». 

Antonio Tajani, vicepresidente del Partito popolare europeo e vicepresidente e coordinatore unico di Forza Italia, accusa l’asse Pd-M5s di essere giustizialista: «Quando, come oggi, si decide sulla giustizia il centrodestra è unito. Ma si ricostituisce anche un asse giustizialista guidato da Pd e M5s. Bloccare gli emendamenti sulla pubblica amministrazione danneggerà sindaci e amministratori pubblici ingolfando i tribunali», ha scritto in un tweet. Sulla stessa linea il capogruppo di Fi alla Camera, Roberto Occhiuto, che ha ribadito l’impegno del centrodestra sul tema del garantismo. Il capogruppo del Pd in commissione Giustizia, Alfredo Bazoli, ha risposto a Tajani sottolineando di aver salvato la riforma: «Oggi appare molto più chiaro chi sostiene lealmente il governo Draghi e chi un po' meno».  

Dal canto suo il governo sta lavorando per chiudere questa partita prima della pausa estiva perché la riforma è indispensabile per l’attuazione del Pnrr. La ministra della Giustizia Marta Cartabia ieri è tornata a palazzo Chigi, dove continuano le interlocuzioni con il premier sulla riforma del processo penale: al vaglio le modifiche richieste dal M5s, e sostenute dal Partito democratico, su cui la ministra ha mostrato apertura. I cinque stelle chiedono che i processi sui reati di mafia e terrorismo non siano colpiti dall’improcedibilità se superano i termini previsti dalla riforma per il secondo e il terzo grado.

Il centrodestra

La votazione sull’ampliamento ha portato anche a dissidi all’interno di Forza Italia. La deputata forzista e magistrato Giusi Bartolozzi è passata al gruppo Misto: la diatriba è iniziata quando ha deciso di votare contro gli emendamenti proposti dal suo partito, che ha risposto nominandola capogruppo in commissione Affari costituzionali, rimuovendola di fatto dalla commissione Giustizia per impedirle il voto.

Forza Italia aveva deciso di portare avanti gli emendamenti nonostante la decisione del presidente della Camera Roberto Fico, che ieri mattina aveva dichiarato inammissibili gli emendamenti, presentati dal capogruppo di Forza Italia Pierantonio Zanettin, per estraneità della materia, confermando la posizione del presidente della commissione Giustizia Mario Perantoni (M5s).

Le istanze presentate dal centrodestra negli ultimi giorni, sui reati della pubblica amministrazione, chiedendo di allargare il perimetro della riforma anche all’abuso d’ufficio, alla definizione di pubblico ufficiale e di incaricato di pubblico servizio, avrebbero impedito l’arrivo in aula della riforma il 30 luglio, posticipandola dopo la pausa estiva.

La posizione di Conte

Intanto Giuseppe Conte, in qualità di nuovo leader del movimento, ha incontrato alla Camera alcuni deputati del M5s per parlare della riforma: «Abbiamo fatto delle osservazioni critiche, condivise da buona parte degli addetti ai lavori e dei magistrati, non per soddisfare un'esigenza ideologica o politica del M5s ma per rendere più efficiente ed equo il sistema giustizia», ha detto l’ex premier. «Non voglio neppure considerare l'ipotesi in cui non venga modificato il testo» di riforma del processo penale, ha continuato Conte, che non si sbilancia sul voto di fiducia. 

Il presidente della commissione Giustizia Perantoni chiede al governo e a tutti i gruppi di arrivare a una mediazione entro il 29, perché sia garantito il rispetto del calendario. «Il tempo che abbiamo deve essere dedicato alle questioni rimaste sul tappeto», ha detto Federico Conte (Leu), riferendosi ai 400 emendamenti presentati, molti del M5s.

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