I valori e i diritti nel governo Meloni vengono depotenziati con la scelta di affidare l’incarico a Eugenia Roccella, che sarà sostenuta nel consiglio dei ministri tra altri colleghi che hanno molte affinità intellettuali. E traballano anche i diritti acquisiti, come le unioni civili e l’aborto. Fin dalla composizione dell’esecutivo, il progetto è chiaro: all’interno c’è il ministero della Famiglia, delle pari opportunità e la natalità che accorpa una serie di funzioni a cui si aggiunge la specifica attenzione alla natalità. Una denominazione che è tutto un programma. Il dipartimento di Palazzo Chigi vede lievitare le mansioni, rischiando di arrancare nelle iniziative da portare avanti.

A danno proprio delle pari opportunità, e a vantaggio delle politiche più identitarie per la destra, come la tutela della cosiddetta famiglia tradizionale. Un altro indicatore della direzione intrapresa sui valori è il nome della ministra Roccella: dopo una gioventù trascorsa tra i Radicali, per portare avanti le battaglie, si è trasformata in paladina della visione teo-con. Fino a diventare portavoce del Family day del 2007. Un pedigree che non lascia immaginare un’apertura sui diritti Lgbti ed è un presagio alla restrizione sul diritto all’aborto.

Ma non è solo Roccella ad avere idee conservatrici. Il sottosegretario alla presidenza, Alfredo Mantovano, ex parlamentare di Alleanza nazionale, ha una storia lega al mondo ultracattolico. Nel 2015 è stato autore del manifesto contro le unioni civili. In un intervento aveva addirittura invocato il diritto all’obiezione di coscienza da parte del pubblico ufficiale per la celebrazione delle unioni, mentre ha definito l’aborto «soppressione legale di bambini». A chiudere il tris c’è la leghista Alessandra Locatelli, che Matteo Salvini aveva voluto nel governo Conte, proprio come ministra alla Famiglia per portare avanti le posizioni di Lorenzo Fontana. Con un’idea: «La famiglia è quella tradizionalmente intesa e a questo tipo di nucleo dobbiamo affidare più risorse».

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