«Non sono a favore di un rimpasto come si dice voglia Renzi. Non sono renziano, ho la mia identità. Peraltro non condivido affatto la posizione di Renzi sul Dpcm. Ma ci vuole un chiarimento politico per garantire forza al governo. Non possiamo andare con un equipaggio incerto e criticato in balia delle onde. Occorre una guida sicura, una maggioranza forte e coesa che dia all'esecutivo le basi di autorevolezza sia nei confronti del Paese che della comunità internazionale e finanziaria». Sono le persone di Andrea Marcucci, capogruppo del Pd al Senato, dettate a Repubblica.

I senatori democratici vogliono la sua testa? «So che alcuni strumentalmente lo dicono. Non hanno capito nulla di quello che è successo. Soprattutto ritengo che non mi conoscano. Quanto al mio incarico, è sempre per sua natura a disposizione. Cercherò un confronto aperto e serio. Sia Conte a valutare se i ministri sono o meno adeguati», sottolinea Marcucci.

Il capogruppo dem spiega di non aver invocato il rimpasto, durante il suo intervento dopo l'informativa del premier Giuseppe Conte sul Dpcm. «Ho chiesto», aggiunge, «un'assunzione di responsabilità al premier. È intollerabile il clima politico di questi giorni in cui pezzi di maggioranza, anche in modo ostentato, hanno dato segnali di criticità. Come si può andare avanti così! E poi l'esecutivo deve coinvolgere il Parlamento molto più di quanto non sia accaduto fino a oggi».

Poi Marcucci insiste: «Ho chiesto a Conte di farsi carico lui di queste questioni con un maggiore coinvolgimento parlamentare a partire dalla legge di Bilancio. Invece che continuare ad ascoltare il chiacchiericcio sul rimpasto, ci dica cosa pensa». Quindi, nelle parole di ieri a Palazzo Madama, c'erano un riferimento alla ministra Lucia Azzolina? «Degli errori di valutazione sulla scuola sono stati fatti. Però a noi oggi spetta affrontare i problemi. Gli errori li giudicheranno gli elettori. Noi abbiamo bisogno di ministri autorevoli che lavorino collegialmente, che abbiano una maggioranza solida alle spalle in una collaborazione stretta con il Parlamento, dove va aperto un tavolo con le opposizioni», conclude il capogruppo dem al Senato.

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