Il ministero tedesco dell’Interno ha annunciato di rinviare «fino a nuovo avviso» l’attuazione del “meccanismo volontario di solidarietà”, vale a dire l’accordo europeo del giugno 2022 per i ricollocamenti di migranti arrivati nei paesi di frontiera. Ciò a causa della «forte pressione migratoria verso la Germania» e della «continua sospensione dei trasferimenti di Dublino». In altre parole, il motivo è il rifiuto dell’Italia di riprendere dalla Germania i cosiddetti dublinanti, vale a dire i migranti che si spostano in un altro stato senza permesso e che, per il regolamento di Dublino, dovrebbero essere rimandati nel paese di primo ingresso, l’Italia in questo caso.

La Francia che, a propria volta, aveva sospeso i ricollocamenti basati sul citato meccanismo nel novembre 2022, dopo la crisi con l’Italia per la vicenda della nave Ocean Viking, ha annunciato il rafforzamento dell’operazione Sentinel al confine con Ventimiglia per fermare i migranti irregolari. Secondo una certa narrazione vittimistica, Germania e Francia voltano le spalle all’Italia proprio nel momento in cui gli sbarchi sono più massicci. Ma le cose non stanno esattamente in questo modo.

Gli accordi del 2022

Il regolamento di Dublino pone a carico del primo paese d’ingresso nell’Ue la competenza all’esame delle richieste di protezione internazionale e, quindi, l’onere di accogliere i richiedenti per tutta la durata dell’iter istruttorio. Nel giugno 2022, a Bruxelles, diciotto stati membri dell’Ue e tre stati terzi hanno adottato un accordo di durata annuale, relativo a un «meccanismo volontario di solidarietà» per le ricollocazioni di migranti arrivati in un paese di primo ingresso in Europa. Non è un’intesa vincolante, ma un mero impegno politico, che prevedeva l’accoglienza di 8.000 persone tra l’estate del 2022 e quella del 2023. L’intesa non ha funzionato. La Francia avrebbe dovuto ricevere 3.500 migranti e la Germania 3.000. Ma la Germania ne ha accolti 1.042 e la Francia, nel novembre scorso, dopo la questione della Ocean Viking, ha sospeso i propri impegni. Peraltro, già era fallito il cosiddetto accordo di Malta del settembre 2019: una mera intesa fra stati “volenterosi” per la ripartizione dei migranti, firmata solo da Francia, Germania, Italia, Finlandia e Malta.

I movimenti secondari

Il citato criterio dello stato di primo ingresso, cui spetta l’ospitalità ai sensi del regolamento di Dublino, viene superato nei fatti dai migranti che si spostano dal paese di arrivo ad altri stati dell’Ue (movimenti secondari). Ciò è comprovato dai dati. Nel 2022 sono sbarcate in Italia 105.129 persone, ma le richieste di asilo nello stesso anno sono state 84.290. Ciò significa che circa 21.000 persone sono sfuggite alle procedure di registrazione italiane. Del resto, l’Italia è solo il quinto paese in Ue per numero di richieste di asilo (dopo Germania, Francia, Spagna e Austria) e, nonostante i molti sbarchi negli anni, il numero degli stranieri presenti nel paese (inclusi gli irregolari) ha smesso di crescere. Quindi, i migranti continuano ad arrivare in Italia ma, se l’entità della loro presenza resta costante, ciò significa che se ne vanno altrove.

Dunque, è vero che gli sbarchi gravano sull’Italia, ma poi i movimenti secondari realizzano ricollocamenti in via di fatto, al di fuori di qualunque procedura ufficiale. È quanto lamentano Germania e Francia: l’Italia non solo non pone in essere controlli idonei a evitare tali movimenti, nel rispetto del regolamento di Dublino, ma dal dicembre 2022 per «motivi tecnici» non riprende più indietro i dublinanti, come sarebbe tenuta a fare. E così i due paesi, che si trovano a dover accogliere i migranti che sarebbero invece a carico dell’Italia, hanno smesso di accoglierne altri in via volontaria, come era previsto dall’accordo del 2022.

Il Patto Ue sulle migrazioni

L’8 giugno scorso, i ministri dell’Interno dell’Ue, riuniti in Lussemburgo al Consiglio affari interni, hanno trovato un accordo sul regolamento in tema di gestione dell’asilo e dell’immigrazione, nell’ambito del più ampio Patto europeo sulle migrazioni. Il regolamento tiene fermo il principio previsto dal regolamento di Dublino: sul paese di primo ingresso continua a gravare l’accoglienza dei migranti e la valutazione delle loro domande d'asilo. Tuttavia, si prevede una soglia minima di migranti, pari a 30mila presenze (numero che potrà essere rivisto in base ai flussi), da ridistribuire ogni anno e l’assegnazione di una quota a carico di ciascun paese in base a Pil e popolazione. Ma, se un paese non vorrà procedere all’accoglienza, potrà pagare una sorta di compensazione finanziaria, pari a 20mila euro per ogni migrante non accettato. Insomma, un meccanismo di solidarietà cogente, ma non di ricollocamenti obbligatori. Con la conseguenza che, se tutti gli altri paesi pagassero la somma prevista in alternativa all’accoglienza, la situazione di quelli di arrivo potrebbe non essere alleviata.

La posizione italiana

Da mesi il governo vanta i successi ottenuti dall’Italia in Europa in tema di immigrazione. Ma, come visto, con gli accordi in Ue del giugno scorso, la situazione per i paesi di primo ingresso, tra cui l’Italia, non cambia molto, dato che l’accoglienza da parte degli altri stati può essere sostituita da una somma di denaro. Non proprio un successo. Gli accordi con la Tunisia, voluti fortemente da Giorgia Meloni, per ora non hanno portato a una riduzione delle partenze, ammesso che possa essere reputato un successo il fatto di elargire soldi dei contribuenti europei a un governo che non rispetta i diritti umani, in cambio del blocco dei migranti. Infine, la reazione di Germania e Francia alla “furbizia” dei ricollocamenti in via di fatto non attesta di certo un successo politico per l’Italia.

L’altro giorno Meloni ha detto che sul «fermare gli arrivi in Italia», non vede «risposte concrete» dall’Ue; e Matteo Salvini ha affermato che l’Europa «non c’è, è lontana, distratta e complice, e lascia i singoli paesi ad affrontare i problemi». I successi che avevano vantato forse ora non li vedono più nemmeno loro.

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