«Eleggere contemporaneamente esecutivo e legislativo non è premierato, ma analfabetismo costituzionale». Lo dice il sindaco di Roma Roberto Gualtieri a L’Europa di Domani. 
Come influiscono sul suo lavoro le partnership con le altre capitali europee?
Con Anne Hidalgo ci vediamo regolarmente, ci battiamo insieme per rendere le nostre città alla guida di alcune battaglie che si giocano nelle città. Per esempio la riduzione delle emissioni, cerchiamo di scambiarci best practice o rivolgerci insieme alla Commissione europea. 

La settimana scorsa avete annunciato che il piano di adattamento climatico di Roma, uno dei primi d’Italia, è quasi pronto. Può anticipare qualcosa? 
Le città devono fare due cose: mitigare, fare la nostra parte attraverso il Paesc, in modo che tutti questi emittenti di Co2 ne emettano di meno e si arrivi a tagliare nel 2030 a tagliare le emissioni del 66 per cento. Poi c’è l’adattamento: un fronte sono le isole di calore, quindi bisogna intervenire sul verde in città nelle zone in cui ce n’è meno. La seconda cosa sono le acque: sia la questione della siccità che quella della dispersione. Ma stiamo intervenendo anche sull’infrastruttura fognaria: sono lavori ingrati, di cui si vedono gli effetti solo quando non vengono effettuati, ma ce ne stiamo occupando. Abbiamo poi lavorato per rafforzare il piano anti incendi. 

C’è già una data per la presentazione?
Non ancora, ma siamo in dirittura di arrivo.

Anche i trasporti sono centrali nella strategia per l’adattamento della città al cambiamento climatico. Un trasporto pubblico sostenibile è un traguardo vicino per Roma? 
Roma è una città molto dispersa che si è progressivamente irradiata sempre di più, una condizione che rende strutturalmente più sfidante il tema dei trasporti. Inoltre, sono stati fatti scandalosamente pochi investimenti nei trasporti pubblici. Stiamo lavorando sul trasporto su ferro, abbiamo aperto tanti cantieri, la gente si lamenta ma non si poteva non farlo. Stiamo chiedendo anche a Ferrovie di incentivare gli investimenti e l’aumento della frequenza dei treni e più stazioni. Stiamo anche rinnovando la flotta degli autobus e vogliamo puntare sull’intermodalità per affrontare il cosiddetto ultimo miglio. Dall’altra parte stiamo facendo quello che serve per diminuire la necessità di spostarsi ogni volta, rendendo disponibili la maggioranza dei servizi entro 15 minuti di distanza. Ci si deve spostare quando si vuole andare a fare qualcosa, non perché si è costretti. 

Sono giorni caldi, martedì si vota per l’assegnazione di Expo 2030. C’è qualcosa che avrebbe fatto diversamente o su cui si sarebbe aspettato qualcosa in più dal governo?
Abbiamo fatto il massimo. Abbiamo dovuto rifare il progetto completamente e abbiamo deciso di puntare sulla rigenerazione urbana e che partisse dal post Expo, che diventerebbe una cittadella della Scienza intorno a Tor Vergata. La campagna di promozione è del sistema paese: tutti si sono impegnati, bisogna vedere se questo lavoro porterà voti. Certo, magari abbiamo meno capitale da spendere per chiedere direttamente il voto: se i paesi ritengono che tutti gli eventi devono andare ai paesi del Golfo perché i petrodollari possono comprare qualsiasi cosa segnaliamo che da questa scelta dipenderà il futuro di queste manifestazioni. 

Lei è stato ministro dell’Economia. Vede l’Italia più isolata in Europa, considerato che c’è anche da negoziare un accordo importante come il patto di stabilità?
Un governo che deve dimostrare che non vuole sfasciare l’Europa ha un po’ meno margine per negoziare duramente come a volte serve fare in quei contesti. La mia preoccupazione è come sarà il testo finale. Noi abbiamo ottenuto un livello di flessibilità molto alto, ma questo è un negoziato molto complesso che può andare bene o molto male, e da quest’esito dipenderà la politica italiana dei prossimi anni e tutte le leggi di bilancio. 

Di recente siete tornati in piazza ed è stato un grande successo per il Pd. Qual è il prossimo passo per il partito?
Sia l'avvicinarsi dell’appuntamento delle europee, sia il contesto economico devono rendere evidente che se non si riduce l’evasione fiscale e non si aumenta la progressività delle imposte o il debito diventa insostenibile o bisognerà tagliare il welfare. La matematica non è un’opinione. Questo governo è poco incline a prendere l’unica via da percorrere se l'Italia vuole permettersi lo stato sociale che ha. Il Pd ha la responsabilità storica di costruire un’alternativa per quando ci si troverà di fronte a questi bivi: green new deal oppure negazionismo, progressività oppure uscita dal modello sociale europeo. Poi c’è la democrazia: che una minoranza di persone possa eleggere esecutivo e legislativo è una cosa che non esiste in nessun paese al mondo. Se c’è l’esecutivo eletto direttamente, il legislativo non può andare a cascata, ma deve essere autonomo. Non deve dare la fiducia all’esecutivo, ma proprio per questo deve essere separato.

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