«Un’occasione persa». Il giudizio del responsabile Esteri del Pd, Peppe Provenzano, è netto e restituisce la sintesi di un pomeriggio in cui è sfumata poco a poco la possibilità di votare una mozione unitaria di tutto il parlamento sulla crisi in medio oriente, illustrata dal ministro degli Esteri Antonio Tajani alla Camera. Il centrodestra ha voluto forzare la mano, è la lettura che traspare dopo il dibattito, senza cercare un compromesso con le opposizioni, che pure hanno cercato fino all’ultimo – soprattutto nelle parole degli esponenti dem – di trovare una convergenza.

Se il governo ha dovuto risolvere i dissidi al proprio interno, però, anche le opposizioni non sono riuscite a convergere su un solo testo. I punti chiave su cui la trattativa si è arenata sono stati due: il ruolo del governo israeliano nel contesto mediorientale e gli aiuti umanitari alla popolazione palestinese.

In mattinata la mozione unitaria sembrava ancora una via percorribile, favorita dalla condanna unanime dell’attentato terroristico di Hamas. Il lavoro di Tajani, che ha proposto un’informativa di respiro unitario, accompagnata da un parere favorevole del governo a tutte le mozioni presentate, sembrava il terreno ottimale su cui far fiorire un segnale univoco del parlamento italiano. Un’ambizione che si è scontrata con le linee di Lega e Fratelli d’Italia.

Già di prima mattina il potente sottosegretario alla presidenza del Consiglio Giovanbattista Fazzolari si era posto in maniera critica nei confronti del centrosinistra, indisponibile a votare in passato una mozione di Fratelli d’Italia solidale anche con il governo israeliano.

La situazione ha assunto un altro ordine di grandezza nel corso del pomeriggio, quando i meloniani si sono trovati a competere con la Lega per la posizione più dura: nessun compromesso sul ruolo di Benjamin Netanyahu che – ricordano le opposizioni – pure è stato accusato dalla stessa stampa israeliana di avere almeno una parte di corresponsabilità per aver guidato «un governo di annessione ed esproprio». E, soprattutto, nessun aiuto umanitario alla popolazione palestinese. Un passaggio inaccettabile per le opposizioni che ha fatto saltare la mediazione.

Tutti spaccati

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Alla fine, le mozioni presentate sono state quattro, tutte approvate. La priorità per il centrodestra è stata «evitare che arrivino fondi a Hamas», senza nessun distinguo per quanto riguarda gli aiuti umanitari alla popolazione palestinese. Questo nonostante Hamas sia già inquadrata come organizzazione terroristica e in quanto tale non possa ricevere finanziamenti dall’Italia e dall’Ue, come ha ricordato la segretaria dem Elly Schlein. La Lega ha fatto ancora un passo oltre, chiedendo a Tajani di sospendere fin da subito lo stanziamento di finanziamenti destinati alla popolazione palestinese.

Le opposizioni, invece, sono arrivate al voto con tre testi differenti. Movimento 5 stelle, Pd e Avs hanno trovato l’accordo su un testo che chiede la liberazione degli ostaggi e di lavorare per «riaffermare il diritto di Israele e Palestina alla coesistenza sulla base dello spirito e delle condizioni proposte dagli accordi di Oslo per l’obiettivo dei “due popoli e due stati”», la posizione storica della sinistra.

Punto cruciale, la richiesta di tutelare la popolazione, «anche attraverso l’apertura di corridoi umanitari», elemento importante per il M5s, che chiedeva di tenere conto anche delle conseguenze sui civili palestinesi della reazione israeliana. Una priorità anche per Schlein: «Israele ha diritto di esistere e difendersi in linea con il diritto internazionale e il diritto umanitario».

Impossibile trovare una convergenza con Azione e Italia viva, che hanno chiesto al governo di impegnarsi per evitare l’escalation militare e fornire aiuti umanitari alle popolazioni colpite. Si è sfilata anche +Europa. Alla fine, la mozione dell’ex campo largo è stata la più votata, con 303 voti favorevoli e nessuno contrario: nonostante il parere favorevole, però, il governo ha scelto di far votare separatamente il punto della premessa in cui si faceva riferimento alle «iniziative unilaterali da entrambe le parti, come i continui attacchi missilistici provenienti da Gaza e l’allargamento, sostenuto direttamente e indirettamente dal governo israeliano in carica, degli insediamenti dei coloni in Cisgiordania». Respinto per cinquanta voti.

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