Non è la prudenza, poiché l’emergenza non è finita, a impedire, comunque procrastinare, la nomina del commissario alla ricostruzione in Romagna.

Il ritardo oppure, se si preferisce, il temporeggiamento del governo Meloni non dipende affatto da motivi tecnici. In situazioni simili, hanno fatto notare molti presidenti di regione, comprese quelle governate dal centro-destra, i vari governi hanno regolarmente e rapidamente provveduto ad affidare il compito allo stesso presidente della regione colpita.

Lui conosce meglio di altri il suo territorio, le associazioni, le problematiche, le attività economiche e sociali, i cittadini. Lui parte avvantaggiato poiché è l’autorità che ha anche il potere politico e amministrativo della sua regione. I precedenti vanno tutti nello stesso senso, in Emilia il più recente, essendo anche di successo, riguarda la ricostruzione dopo il terremoto in una zona caratterizzata dalla presenza di prestigiose e produttive aziende operanti nel settore biomedicale.

Il cordoglio e la strategia 

In Romagna sono state colpite numerose imprese piccole e medie attive in una pluralità di settori, ma soprattutto l’inondazione ha distrutto parte cospicua della fiorente attività agricola. Per salvare il salvabile, quantomeno per contenere le conseguenze negative altrimenti destinate a durare per l’oggettiva impossibilità di bonificare i terreni e riprenderne l’uso, è imperativo procedere a costosi interventi immediati, che significa subito.

Effettuata la sua incursione pubblicitaria con gli stivali in Romagna, mostrato il suo volto di governante di destra compassionevole, Giorgia Meloni è tornata a Roma a fare, sicuramente influenzata da esponenti emiliani dei Fratelli d’Italia, due conti politici. Gli stanziamenti promessi sono stati ridotti e non sono ancora pervenuti. Ma soprattutto è lampante la propensione a non nominare commissario straordinario il presidente Stefano Bonaccini.

Sotto sotto si lascia circolare l’idea che il troppo consumo del territorio e la mancata predisposizione di alcune misure rendano Bonaccini almeno in parte responsabile di quanto avvenuto, non prevenuto, non adeguatamente tenuto sotto controllo. Il sospetto è infamante, fatto trapelare per eventualmente giustificare l’istituzione di una Commissione di inchiesta e la non-nomina di Bonaccini.

Il Commissario alla ricostruzione dovrà disporre di ingenti fondi per, ricostruire e rilanciare un’economia che era fiorente e quindi ricca e che contribuiva non soltanto alla ricchezza dell’Emilia-Romagna, ma anche in quantità significativa al Pil nazionale.

Le prossime regionali

Quel commissario deciderà dove intervenire, come, cosa, chi e quanto finanziare. Molti operatori economici gli saranno grati, anche, inevitabilmente, dal punto di vista politico.

Le prossime elezioni regionali saranno nella primavera del 2025, non vicine, quindi, ma probabilmente, la ricostruzione sarà ancora in corso e altri fondi verranno resi disponibili. Un commissario “tecnico” darebbe la garanzia di non favorire il partito al governo in Emilia-Romagna e nei molti comuni colpiti. Neppure è da escludere la nomina di una personalità politica di Fratelli d’Italia che abbia conoscenza diretta della regione. Un nome già circola.

Poco importa che i ritardi incidano negativamente sulla ripresa e sullo stesso Pil nazionale. Non è del tutto impensabile che con la nomina di un commissario amico il governo di centro-destra miri a rendere, vecchio sogno, contendibile la più importante regione ancora governata dal Pd. Il costo economico sarà elevato, ma la posta politica è elevatissima.

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