Via XX settembre a Bergamo è una strada pedonale, nel centro della città bassa. E’ nella zona dello shopping, tra negozi, ristoranti e locali, a due passi dal palazzo del comune. In questa elegante via della città lombarda c’è il nuovo studio di proprietà dei commercialisti della Lega, Andrea Manzoni e Alberto Di Rubba, indagati dalla procura di Milano con l’ipotesi di avere organizzato l’operazione della fondazione Lombardia film commission: la distrazione, cioè, di fondi pubblici della regione tramite la compravendita di un capannone a Cormano, in provincia di Milano, pagato dalla fondazione, con denaro pubblico della regione, il doppio del suo valore di mercato. Sono soldi veicolati a società riconducibili ai commercialisti attraverso la società immobiliare che ha venduto l’immobile.

Dallo studio di Bergamo si snoda una storia complessa, condita con personaggi in fuga per il Brasile con parte del malloppo, in un maldestro remake del film di Woody Allen Prendi i soldi e scappa. Ma il lato grottesco è solo la superficie visibile di un sistema che conduce direttamente agli uomini più fidati di Matteo Salvini, i guardiani della cassa del partito, che li ha scelti per amministrare i conti dei gruppi parlamentari e li ha sponsorizzati per ruoli di vigilanza in società pubbliche.

Nominati a sua insaputa

Nei giorni scorsi la guardia di finanza ha eseguito nuove perquisizioni, questa volta negli uffici della regione: vogliono capire quanto Di Rubba, che all'epoca dell’operazione era il presidente della Lombardia film commission abbia agito in solitudine oppure abbia trovato sponde all'interno del palazzo. Di Rubba è stato nominato ai vertici della fondazione dalla giunta leghista di Roberto Maroni, ma assieme al collega Manzoni ha goduto della massima fiducia dei vertici del partito: i due sono stati nominati revisori contabili dei gruppi parlamentari e siedono in consigli di amministrazione di società partecipate dalla Lega Nord e in quelli di alcune a società pubbliche nell'era del governo giallo-verde.

Con l’arrivo di Salvini alla segretaria del partito, Di Rubba è stato nominato amministratore di Pontida-fin, la cassaforte immobiliare della Lega Nord, nel 2019, durante il primo governo Conte, è diventato presidente del consiglio d’amministrazione una società pubblica che gestisce il sistema informatico di Agea, l’organo del ministero dell’Agricoltura che distribuisce i fondi pubblici.

Anche Manzoni ha conquistato posizioni di prestigio da quando c’è Salvini in segreteria. E’ diventato amministratore della Fin group, controllata dal partito, per un periodo anche di Radio Padania e nella fase governativa della Lega ha ottenuto un posto nel collegio sindacale di Italgas Reti. Eppure l’ex ministro continua a sostenere che questa storia di denaro pubblico dirottato nelle casse private dei leghisti non c’entra nulla con il partito.

Uno degli indagati ha iniziato a collaborare con i magistrati. Si tratta del prestanome del gruppo, Luca Sostegni, fermato prima della fuga in Sudamerica. Interrogato dagli inquirenti ha fatto delle prime ammissioni sul suo ruolo e su quello dei professionisti coinvolti nell’affare.

La responsabilità politica di Salvini

I nuovi dettagli contenuti nei documenti investigativi conducono invariabilmente a chi ha amministrato i conti della Lega sovranista. Per capire meglio torniamo in via XX settembre a Bergamo, dove ha sede lo studio Mdr Stp: Manzoni e Di Rubba società tra professionisti. In realtà i soci sono quattro.

Oltre ai due indagati, tra gli azionisti compaiono due pezzi grossi della Lega: il deputato Giulio Centemero, tesoriere del partito, e Stefano Borghesi, senatore e ufficiale di collegamento con le lobby dei cacciatori e dei produttori di armi. Abbiamo inviato una richiesta di commento a entrambi, senza, tuttavia, ricevere risposta.

Due fedelissimi di Salvini sono dunque in società con le persone scelte a inizio legislatura per gestire i conti dei gruppi parlamentari della Lega. Si tratta di relazioni societarie che smentiscono la tesi di Salvini, secondo cui l’inchiesta sui fondi pubblici non è affare del partito.

Se è vero che la responsabilità penale è personale, è altrettanto vero che il segretario di un partito dovrebbe assumersi la responsabilità politica delle sue scelte. A parole l’ex ministro aveva promesso una svolta rispetto al passato, macchiato dalla truffa sui rimborsi elettorali da 49 milioni di euro architettata dall’ex tesoriere, Francesco Belsito, e dal fondatore, Umberto Bossi.

Salvini non solo non è riuscito a far dimenticare gli scandali giudiziari del 2012, ma. ha determinato un ritorno al passato, con i cassieri del suo partito sospettati di aver dirottato denari pubblici verso altre tasche.

Bossi ha pagato duramente per gli errori di Belsito. E’ stato messo ai margini del partito che aveva fondato nel nome della pulizia e del cambiamento. Salvini finge di non sapere nulla delle trame messe a punto dai commercialisti della Lega, e riduce il tutto alla vicenda di un uomo in fuga verso il Brasile che nulla ha a che fare con il partito.

Soci del tesoriere e sotto inchiesta

Il segretario di un partito è responsabile politicamente per la scelta del tesoriere e dei suoi collaboratori. E il fatto che Centemero sia azionista di una società costituita nell'ottobre 2018, dieci mesi dopo la compravendita gonfiata con denaro della regione, non è un punto a suo favore. Non solo. Lo studio di commercialisti di Bergamo ha un capitale sociale di 50mila euro. Da alcuni documenti dell’autorità antiriciclaggio emerge un dettaglio che collega i due professionisti sotto indagine alle sorti del partito. Il capitale sociale dello studio di Bergamo è stato versato interamente con soldi di Manzoni e Di Rubba, che hanno coperto anche le quote intestate ai due parlamentari della Lega.

Ricostruendo il flusso di denaro pubblico, i detective hanno scoperto un’altra anomalia: la provvista di denaro usata per versare una parte del capitale sociale del nuovo studio di cui fanno parte i parlamentari leghisti, arriva dalla girandola di bonifici iniziata con la compravendita dell’immobile da parte della Lombardia film commission.

Sui conti correnti di Di Rubba, infatti, l’antiriciclaggio ha riscontrato che “la provvista necessaria per l’emissione degli assegni utilizzati per la costituzione del capitale sociale del nuovo studio deriva da un bonifico di 55 mila euro della società Dea Spa”. Dea Spa è l’azienda della famiglia Di Rubba, a sua volta beneficiaria, qualche mese prima, di una somma proveniente da una delle imprese coinvolte nella compravendita Film commission.

Lo studio, inoltre, ha incassato parecchi denari dalla Lega per Salvini premier, la nuova lega in versione sovranista. I documenti rivelano infatti che la società di Di Rubba e Manzoni, nei primi dieci mesi del 2019, ha fatturato con il partito più di 216 mila euro. Causali dei bonifici: “Pagamento fatture”. Anche questo a insaputa di Salvini?

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