«Quando mio figlio Fabien entra in un negozio, i commessi lo seguono, pensano che voglia rubare. Quando lo fermano non gli chiedono i documenti ma il permesso di soggiorno».

In una piazza Santi Apostoli che sabato pomeriggio, 3 ottobre, si è riempita – distanziamento fisico permettendo – di persone con la pelle di tutti i colori per chiedere una nuova legge sulla cittadinanza, Gabriella racconta episodi della sua vita quotidiana come fossero battute di spirito. Nel capannello che le sta intorno in effetti si ride. Ma c’è poco da ridere. Gabriella Nobile ha due figli, Fabien, 14 anni, nato in Etiopia, e Amelie, 9 anni, nata in Congo. Ha appena scritto un libro per Feltrinelli, I miei figli spiegati a un razzista, per spiegare che «noi, qui, siamo lontanissimi dalla cultura dell’antirazzismo». Una provocazione, un paradosso? No, spiega, «il punto è che l’antirazzismo non è la stessa cosa di dire ‘no al razzismo’. Non basta dichiararsi antirazzisti, bisogna smontare il razzismo, dove si incontra, un pezzo alla volta».

A Milano ha fondato l’associazione Mamme per la pelle. Ci sono mamme adottive, mamme affidatarie che hanno preso i loro figli direttamente dalle mani di Pietro Bartolo, il medico che per trent’anni ha curato i migranti a Lampedusa, ormai ci sono anche non mamme. In piazza, insieme a tanti italiani di prima e seconda generazione, ieri hanno chiesto lo «ius culturae», una delle riforme promesse dal centrosinistra e poi finite su un binario morto: «Al governo Conte diciamo che ci vuole coraggio, la legge è necessaria. Fino a che i miei figli non avranno gli stessi diritti dei loro compagni di banco non ci fermeremo». «La scuola italiana, che accoglie e integra i bambini e i ragazzi, diventi il testimonial della nuova cittadinanza», chiede Amedeo Ciaccheri, presidente dell’VIII municipio di Roma.

A chiamare la piazza c’è un cartello capitanato dalle associazioni Nibi-Neri Italiani Black Italians, Black lives Matter di Roma, e da una cinquantina di altre realtà dell’accoglienza e dell’integrazione. Si parte con le percussioni del Collettivo Artisti R-Esistenti, che è una scuola di danza africana, ma i maestri Keba e Mbeba sono due attivisti e trasformarsi in un gruppo di intervento sociale è stato un attimo. Dal palco arrivano interventi parlati ma anche cantati o meglio rappati, come quello di Foula, occhialoni e cappellino giallo calato sulla fronte. Anche sotto il palco c’è musica e ritmo. I ragazzi organizzati dal sindacato Usb a ogni intervento scandiscono richiami in «nouchi», una lingua creolofrancese parlata in un angolo della Costa d’Avorio, gridano a tempo una roba che significa «ascoltateli, state a sentire» ma sembra musica anche quella. «In Italia ci sono italiani di serie A e italiani di serie B, ed essere italiani di serie B non è bello, a meno che non ti chiami Suarez», scherza Adel Ahmed, 26 anni, nato in Italia da madre marocchina e padre egiziano, attore di Italia's Got Talent e della serie «I panchinari». «Qui sta succedendo una cosa importante» secondo Hillary Sedu, avvocato, cittadino italiano nato in Nigeria, «ci sono ragazzi che hanno già ottenuto la cittadinanza e altri che non l’hanno ottenuta. E stanno insieme. Non li fermerà nessuno».

L’attesa infinita

Ma se un nuovo decreto sicurezza che cancella di decreti Salvini dovrebbe arrivare lunedì, la legge sulla cittadinanza invece è ferma nella commissione riforme costituzionali della Camera. Impantanata. «Abbiamo concluso tutte le audizioni, ora sono depositati sono tre testi», spiega Fausto Raciti (Pd). Il testo di Matteo Orfini, dem, in piazza anche lui, quello di Laura Boldrini (Pd) e quello della forzista Renata Polverini. Facilmente potrebbero diventare uno solo. «Ora aspettiamo la calendarizzazione. La questione sta in mano al presidente di commissione Giuseppe Brescia e quello della camera Roberto Fico». Entrambi Cinque stelle, ex alleati di Salvini che continuano a fare resistenza, come sul decreto sicurezza. «Ma anche il Pd deve dimostrare di essere determinato», ammette Raciti.

Hanno scelto di essere in piazza il 3 ottobre nella giornata in memoria delle vittime dell’immigrazione «in ricordo della più grande strage del Mediterraneo, 368 morti e più di venti dispersi», spiega Antonella Bundu, consigliera comunale di Firenze. «Dopo quella strage ci fu la Missione Mare Nostrum», ricorda, a Palazzo Chigi c’era Enrico Letta, «Ora non c’è più». «Oggi le navi delle Ong sono tenute ferme ai porti, i decreti sicurezza sono ancora in vigore e la legge sulla cittadinanza ancora non c’è». Per dire, anche da questa piazza, che dai tempi in cui c’era Matteo Salvini al Viminale «non molto è cambiato».

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