I soldi per i migranti, in tutto quasi 100 milioni di euro, ci sono già. Sono in cassa, in attesa di essere investiti. Il problema è che a suon di proroghe restano nelle casse dello Stato, inutilizzati. L’ultimo paradosso, relativo alla gestione dei migranti, arriva direttamente dal ministero dell’Interno di Matteo Piantedosi. Mentre il governo pensa e ripensa agli interventi per affrontare il boom di sbarchi dell’ultimo periodo, i bandi di gara dal Viminale restano un segnale di come più di qualcosa nella gestione delle risorse pubbliche non stia funzionando.

Il 16 giugno scorso il Dipartimento per le Libertà civili e l’Immigrazione ha pubblicato un bando riguardante proprio i “Piani regionali per la tutela della salute dei richiedenti e titolari di protezione internazionale in condizione di vulnerabilità”. Sono progetti e interventi che, visti i tanti sbarchi dell’ultimo periodo, diventano fondamentali.

Non a caso è previsto un fondo di tutto riguardo: 32 milioni di euro da suddividere tra le varie Regioni con la possibilità che siano anche le Aziende sanitarie a programmare iniziative specifiche. Per la presenza delle domande è stata fissata la scadenza del 31 agosto. Qualcosa pare sia andato storto.

Dopo pochi giorni dalla pubblicazione dell’avviso pubblico - il 26 giugno - è stata stabilita una prima proroga. A detta dell’esecutivo, dopo l’alluvione in Emilia Romagna, erano state riscontrate «difficoltà nella predisposizione e trasmissione delle proposte progettuali».

Tutto rimandato, dunque, alla fine settembre. Passa poco meno di un mese e a fine luglio ecco scattare una nuova dilazione dei tempi: a causa questa volta delle «numerose richieste pervenute da parte dei proponenti». Risultato? Rinvio al 31 ottobre. Una decisione dal retrogusto paradossale: avrebbe avuto senso allungare i tempi di presentazione dei progetti nel caso in cui non ci fossero state proposte. Specie in un periodo di profonda emergenza.

Eterno rinvio

Ma il punto è soprattutto un altro. Tra i tanti avvisi pubblici del Viminale la “pratica” della proroga non è cosa rara, anzi è un’abitudine. Sempre a giugno è stato pubblicato l’avviso relativo agli «interventi di rafforzamento dell’integrazione scolastica di alunni e studenti di paesi terzi 2023-2026»: 25 milioni per consentire, tra le altre cose, la «promozione dell’inserimento nelle scuole dell’infanzia», il «coinvolgimento e partecipazione attiva delle famiglie» e la «valorizzazione del plurilinguismo e della diversità linguistica». Il copione è lo stesso: dopo due proroghe la scadenza del bando - inizialmente fissata al 31 agosto - è slittata al 31 ottobre.

Identico discorso riguarda i «servizi innovativi di formazione linguistica 2023-2026», un bando che sarebbe fondamentale per favorire l’integrazione, dato che «l’apprendimento della lingua italiana si conferma quale aspetto centrale del percorso di inclusione sociale essenziale per l’interazione con la comunità locale».

Sembra superfluo aggiunge che slittamento dopo slittamento, è tutto procrastinato a fine ottobre, bloccando i 5 milioni di euro già stanziati, esattamente come i 35 milioni destinati ai progetti di «promozione dell’autonomia sociale ed economica dei rifugiati».

Alla prima scadenza, riguardante la presentazione delle domande fissata al 15 settembre, si è aggiunta l’ennesimo rinvio al 31 ottobre. Ci mancherebbe: tutto è lecito se il fine, com’è scritto in ognuno dei decreti di proroga, è «consentire la stesura di progettualità innovative ed efficaci». Ma resta il fatto che per ben 97 milioni di euro si stia andando oltre le scadenze fissate. I fondi sono così fermi, in spregio all’emergenza.

Il caso Lampedusa

Ma non è tutto. Si può arrivare, infatti, a casi più surreali. Uno di questi tocca l’isola di Lampedusa, epicentro dell’emergenza. Nel 2020 sono stati stanziati 1,5 milioni per il progetto "Lampedusa, porta d’Europa”, che prevedeva importanti campagne di comunicazione e sensibilizzazione. Includeva, poi, la sistemazione dell'area cimiteriale «al fine di superare le discriminazioni legate al credo religioso e al necessario rispetto per le vittime del mare», e laboratori vari per «promuovere la società dell’accoglienza».

A distanza di anni ancora è tutto fermo a causa di ritardi e dilatazione dei tempi: la prima, intervenuta nel 2022, ha rinviato la fine dei lavori a settembre 2023. La seconda, più recente, parla di «gravi inadempienze della ditta esecutrice dei lavori» che «hanno portato alla rescissione del contratto e ad un nuovo affidamento dei lavori». Gira e rigira, ecco un’ultima proroga delle attività progettuali: 29 febbraio 2024.

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