Dopo la fiammata ora il caso di Ilaria Salis, l’italiana detenuta da 11 mesi in Ungheria, si sta biforcando. Sul versante giudiziario si punta ad abbassare i toni, con i legali al lavoro per ottenere per la donna gli arresti domiciliari e poi un suo ritorno in patria. Su quello politico, invece, l’obiettivo dei socialisti europei è quello di mantenere alta la pressione sull’ungherese Viktor Orban. Lunedì, infatti, il caso Salis arriverà al parlamento europeo di Strasburgo, con un dibattito specifico sulla «situazione dei detenuti nelle carceri ungheresi, compreso il caso di Ilaria Salis», chiesto dal gruppo S&D. Il dibattito è senza risoluzione e riguarda tutte le situazioni in Ungheria, oltre a quella specifica di Salis, è la spiegazione di un portavoce europeo. Tuttavia, il fatto che il governo di Budapest finisca sotto esame europeo in tema di stato di diritto e stato delle carceri metterà ulteriore pressione su Orban. Giovedì 8 febbraio, invece, sarà il ministro degli Esteri Antonio Tajani a riferire sulla situazione in una informativa urgente alla Camera.

La situazione giudiziaria

Più rumore possibile all’Europarlamento, meglio il silenzio invece nella gestione dei grovigli giudiziari. Come spiegato da una fonte che sta seguendo da vicino il caso in Ungheria, infatti, le maglie del sistema giudiziario si allargano e si restringono in modo estremamente discrezionale e ogni passo va calibrato con cura. L’interessamento delle autorità italiane ha prodotto una maggiore attenzione alle condizioni detentive di Salis e Meloni ha espressamente chiesto che il processo abbia una accelerazione rispetto alla prossima udienza fissata a fine maggio. La difesa sta ragionando sui tempi di presentazione della richiesta di arresti domiciliari, già rifiutati per tre volte dai giudici ungheresi per pericolo di fuga. La nuova domanda dovrà infatti offrire maggiori garanzie tali da superare il no della corte e tra le ipotesi c’è anche l’utilizzo in Italia del braccialetto elettronico, con l’impegno sostenuto anche dal governo italiano che Salis rientrerà a Budapest per partecipare a tutte le udienze del processo. 

I legali Eugenio Losco e Mauro Straini hanno infatti detto che, per presentare una nuova istanza al tribunale di Budapest, sarà necessario «un testo scritto con rassicurazioni del governo all'Ungheria sulle modalità di esecuzione dei domiciliari in Italia» e proprio di questo si parlerà all’incontro previsto per lunedì con i ministri Carlo Nordio e Antonio Tajani. 

Ogni mossa, però, va soppesata. Il 30 gennaio Salis ha scritto all’ambasciata di aver dovuto firmare il verbale di un suo interrogatorio sulle condizioni di detenzione, ma di temere che le siano state attribuite dichiarazioni false perchè il documento era scritto in ungherese: non si è rifiutata di sottoscriverlo perchè «purtroppo qui in prigione dobbiamo eseguire gli ordini e rifiutarsi di firmare non è ben visto», ha scritto la militante antifascista. Per questo, l’avvocato Losco ha chiesto ai funzionari diplomatici di interloquire con il direttore del carcere per ottenere copia del verbale, in modo da poterlo tradurre.

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Anche il padre Roberto Salis ha abbassato i toni, dopo lo scontro dei giorni scorsi e la querela a Matteo Salvini: dai microfoni di Cinque minuti ha fatto un appello «a tutti i politici e giornalisti di spegnere le polemiche per far lavorare serenamente le persone delle istituzioni che stanno dando un valido contributo per risolvere questa incresciosa situazione».

Ieri Salis ha incontrato il presidente del Senato, Ignazio La Russa, il quale ha offerto «vicinanza immediata e spontanea» e ha parlato da avvocato penalista: «Sono molto favorevole ai domiciliari» la cui concessione «non ha a che fare con il grado di responsabilità per i fatti contestati». E ancora, «politicizzare questa situazione, da parte di chiunque, è sbagliato, se uno ha a cuore il rispetto dei diritti della ragazza imputata». 

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