Il cerchio magico di Giuseppe Conte è diventato un circolino. Il premier che una volta poteva contare sull’aiuto del suo mentore Guido Alpa, oltre che del suo amico Luca Di Donna, nella nuova fase di opposizione a Giorgia Meloni ha deciso di rendersi autonomo. E la capacità di far dipendere il destino del campo largo dai suoi umori sembra premiare la strategia. Lasciato alle spalle il giro di Alpa e il rapporto preferenziale con l’università Link, gli interessi dell’avvocato del popolo sono oggi rivolti alle trattative bizzose con il Pd per costruire (o smontare, a seconda dei momenti) il campo comune, largo o giusto a seconda delle declinazioni sul territorio.

I suoi consiglieri sono di natura più politica che tecnica. Ma ci sono diversi settori, che Conte si è coltivato durante il suo periodo a palazzo Chigi, che gli sono fedeli. Anzi, il consenso dell’ex premier cresce ogni volta che, con i suoi atteggiamenti camaleontici, riesce a strappare concessioni alla destra.

Un esempio concreto è ciò che sta accadendo in Rai, dove a giugno Alessandro di Majo, consigliere di amministrazione, avvocato anche lui e vicinissimo all’ex premier, ha buone possibilità di essere confermato mentre, durante la riorganizzazione meloniana, il M5s è riuscito a piazzare parecchi nomi d’area (alcuni dei quali hanno scoperto la fede grillina con l’occasione).

I padri nobili

Più controversi i rapporti con quelli che erano i suoi mentori in passato. Raffreddato il rapporto preferenziale con Goffredo Bettini, grande saggio della sinistra romana, e sistemata la relazione tempestosa con Beppe Grillo, anche grazie a un sostanzioso contratto di collaborazione che l’ex leader ha siglato con il Movimento, Conte sembra aver conquistato la propria libertà.

In realtà il comico genovese non sembra aver rinunciato a esercitare la propria influenza. Qualcuno lo descrive impegnato a costruire scenari alternativi con Virginia Raggi e i movimentisti degli origini (pronti a cacciare Conte appena ce ne sarà l’occasione). Altri lo vedono più propenso a benedire, se l’ex premier dovesse saltare, l’ascesa di Chiara Appendino, appena promossa vicepresidente al posto di Alessandra Todde e forte della cieca fiducia del garante.

Appendino è una delle voci più ascoltate da Conte, ma per adesso il dossier che ha seguito in prima persona, la corsa per le regionali in Piemonte a giugno, non sembra essere una storia di successo. A meno che il successo non sia l’essere riusciti a far saltare il negoziato con il Pd, esito che tanti grillini piemontesi hanno accolto con favore.

Anche l’altro autorevole sponsor del campo largo, Romano Prodi, sembra essersi progressivamente disamorato dell’idea di costruire un’alleanza giallorossa. Giovedì non è stato morbido con Conte, raccomandandogli di cambiare «se non vuole continuare a perdere». Anche un successivo caffè di chiarimento sembra non aver dato esiti positivi.

Relegato a un lontano passato è anche il rapporto tra Rousseau e il M5s. Conte e Davide Casaleggio sono due estranei. E l’erede di Gian Roberto Casaleggio, è arrivato a definire l’ex premier «un ottimo leader del Pd».

A consigliarlo resta così uno che i tormenti interni della sinistra li conosce bene: Pier Luigi Bersani. La struttura di collegamento tra il mondo grillino e quello dem di cui era il perno, fiorita durante il governo Conte II, esiste ancora. «Ma ormai sembra più una cinghia di trasmissione che inoltra le volontà di Conte ai dem», dice chi conosce bene i complessi rapporti tra i due partiti.

In prima fila ci sono poi l’ex presidente della Camera Roberto Fico e il capogruppo dem al Senato, Francesco Boccia, che ha scelto di assecondare la linea dei grillini sul terzo mandato agli amministratori locali proposto dalla Lega. Nell’orbita contiana c’è anche Nicola Zingaretti che – probabile candidato alle europee – spera di portare gli eletti grillini, ancora privi di un gruppo di riferimento a Bruxelles, dentro il Pse.

Il terzo interlocutore privilegiato del campo largo è Roberto Speranza diventato, dopo l’esperienza della pandemia, anche un amico personale dell’ex premier – tanto da portarlo alla presentazione del suo libro insieme a Elly Schlein – e uomo chiave nel tourbillon per la scelta del candidato comune in Basilicata.

La candidatura (poi ritirata) dell’oculista Domenico Lacerenza è arrivata a valle di una difficile trattativa che rischia di compromettere anche il rapporto tra i due. Conte, in tempi non sospetti, aveva aperto alla prima scelta di Speranza, Angelo Chiorazzo, salvo cambiare idea dopo aver avvertito una sostanziale opposizione a quel nome da parte del suo elettorato, veicolata anche dalla posizione del Fatto quotidiano sull’imprenditore.

Alla ricerca delle idee

Le posizioni del direttore del Fatto, Marco Travaglio, continuano ad avere un certo peso nel definire la linea politica dell’ex premier, che è alla disperata ricerca di nuovi cavalli di battaglia da proporre in campagna elettorale. La battaglia, mediatica e politica, della destra sul Superbonus, ha trasformato in materiale radioattivo quello che era considerato un fiore all’occhiello del governo Conte.

Torna invece ciclicamente il reddito di cittadinanza: ci sono aspettative per le iniziative in questo senso della prima presidente grillina di regione, Alessandra Todde, mentre in Campania i Cinque stelle hanno presentato sabato una proposta di legge regionale con poche speranze di essere approvata.

Anche il pacifismo spinto che ha contraddistinto la politica estera contiana negli ultimi mesi rischia di essergli strappato dalle mani. «C’è sempre qualcuno più pacifista di te» sghignazza un ex grillino segnalando la concorrenza del neonato partito di Michele Santoro, Pace, terra e dignità, e di Indipendenza! di Gianni Alemanno.

Il coordinatore delle apparizioni televisive dei grillini (chi, come, quando) è il sempiterno Rocco Casalino, tornato ultimamente agli onori della cronaca per le foto dei lavori di ristrutturazione della sua casa e per la polemica con gli ambulanti di piazzale Flaminio. Al suo fianco continuano a lavorare Maria Chiara Ricciuti, il social media manager Dario Adamo e Samir Hassan, che dai tempi del movimento Mai con Salvini ha scalato lo staff dell’ex premier.

A cavallo di comunicazione e politica si muove Nina Monti, cantante e già da parecchio tempo deputy editor del sito di Grillo. Il garante ripone la massima fiducia in lei, e il suo sbarco nel mondo dei gruppi parlamentari garantisce al fondatore un canale di informazione su ciò che accade a Roma. Ultimamente, qualcuno ha notato la presenza frequente di Monti agli eventi della scuola di formazione del M5s guidata dall’ex presidente dell’Inps Pasquale Tridico, padre del reddito di cittadinanza e quasi certamente capolista della circoscrizione sud alle prossime europee.

E c’è chi vede la comunicatrice già a Bruxelles a fianco del tecnico, di cui Conte si fida ciecamente. Fiducia forse non del tutto ricambiata da Tridico che, nonostante la candidatura, ha scelto di non prendere la tessera del Movimento.

Trovare volti d’area che accettino di impegnarsi, anche formalmente, nel partito è una questione non banale, se è vero che – come si mormora da mesi – Conte vuole mettere in lista parecchie figure della società civile. Se nessuno decidesse di entrare nel M5s, la questione sull’attrattività del Movimento si porrebbe senz’altro.

Tra le affinità elettive citate più spesso nel mondo grillino c’è sicuramente quella con il direttore della Notizia, Gaetano Pedullà, mentre sembra che l’ex direttore di Avvenire Marco Tarquinio si pronto a schierarsi con i dem.

Non è però da escludere che Conte decida di ribaltare la questione e reintrodurre le parlamentarie online per compattare la base, non esattamente entusiasta delle ultime decisioni dell’ex premier. Soprattutto sul territorio, la mediazione di Paola Taverna, che insieme al comitato territori guidato da Susy Matrisciano sta gestendo le trattative per le regionali, non ha riscosso troppo favore.

Taverna, stipendiata dal gruppo parlamentare, rimane una voce (come gli altri vicepresidenti) che Conte tiene ancora in considerazione. Ma la vocazione del Movimento non è più quella di quando superava il 30 per cento alle elezioni. L’aspirazione dell’ex premier sembra essere la stessa di Gep Gambardella, personaggio protagonista della Grande Bellezza di Paolo Sorrentino: non vuole solo partecipare alle alleanze, ma ambisce a farle fallire. Senza dover rendere conto né di posizioni contraddittorie né di promesse rimangiate.

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