L’ultimo mistero sui soldi della Lega inizia nella filiale romana di una banca. È 16 ottobre del 2019, allo sportello si presenta un uomo con l’accento bergamasco che va subito al sodo: è lì per versare contanti sui conti del partito Lega Salvini premier. Una scena che si ripeterà spesso. In otto mesi, fino a giugno scorso, il bancario ha contato diciannove operazioni. Tutte in contanti, 160mila euro cash versati sui conti della Lega e su due depositi di altrettante articolazioni territoriali del partito in Calabria, Campania e nel Lazio.

L’uomo con l’accento bergamasco è Andrea Manzoni, uno dei due commercialisti del Carroccio arrestati per peculato e altri reati fiscali dalla procura di Milano. I pm indagano su una vendita (che ipotizzano «gonfiata») di un immobile acquistato nel dicembre 2017 dalla fondazione della regione, Lombardia film commission, da una immobiliare, la Andromeda. Una società che ha poi girato gli 800mila euro ricevuti ad aziende riconducibili ai professionisti scelti da Matteo Salvini per curare i conti dei gruppi parlamentari e delle società controllate dal partito.

Manzoni, revisore contabile della Lega alla Camera, è finito ai domiciliari insieme ai colleghi Alberto Di Rubba (ex presidente della Lombardia film commission e direttore amministrativo della Lega al Senato) e Michele Scillieri proprio per l’affare immobiliare del capannone. Secondo i magistrati e la guardia di finanza l'operazione avrebbe infatti drenato centinaia di migliaia di euro di «fondi pubblici» della regione Lombardia, soldi in parte approdati nei conti di aziende del giro dei commercialisti.

Ora l’Unità informazione finanziaria (Uif) di Banca d’Italia, l’autorità antiriciclaggio, ha scoperto per la prima volta passaggi di denaro contante da uno dei commercialisti arrestati alla Lega di Salvini. Evidenza che potrebbe cambiare il corso dell’inchiesta.

Viva i contanti

Manzoni ha versato nelle casse del Carroccio 160.520 mila euro tra ottobre 2019 a giugno 2020. Nella segnalazione alla Banca d’Italia, l’istituto bancario che si occupa di controllare le operazioni sospette aggiunge che i versamenti cash fatti dal commercialista scelto da Salvini e Centemero «non sono del tutto giustificati», e ipotizza addirittura «una grave commistione tra fondi illeciti e finanze dell’associazione», cioè la “Lega per Salvini premier”.

Manzoni deposita in banca mazzi di banconote: il 9 ottobre 2019 versa 10 mila euro, il 6 novembre 19 mila, altri 22 mila il 3 dicembre, 29 mila il 15 gennaio 2020, 42 mila euro (sempre in contanti) il 12 febbraio, ultimo versamento prima del lockdown per la pandemia: Manzoni riprende a depositare a giugno.

La documentazione è stata inviata ora alla Guardia di finanza, che sta indagando con due procure sui fondi della Lega. Ma non è tutto. Nei documenti c’è la conferma dell’interesse investigativo anche nei confronti del tesoriere del partito, Giulio Centemero, che è anche socio d’affari dei due commercialisti arrestati la scorsa settimana.

I soldi spariti

«Centemero e Manzoni sono oggetto di una richiesta di collaborazione della procura di Genova», scrive l’antiriciclaggio. Il tesoriere del partito, dunque, è certamente sotto osservazione da parte della procura ligure, che sta conducendo l’inchiesta sul riciclaggio di parte dei 48,9 milioni di euro frutto della truffa sui rimborsi elettorali architettata dal fondatore della Lega, Umberto Bossi, e dall’ex tesoriere Francesco Belsito. Il reato è stato prescritto, ma i giudici nel 2017 hanno stabilito che quella somma deve essere restituita. Sui conti correnti, tuttavia, quei soldi non c’erano più.

La procura di Genova ipotizza che il denaro dei rimborsi, invece che essere accantonato e poi restituito allo stato, sia stato disperso in mille rivoli dalla Lega nord, anche attraverso il pagamento di forniture a imprese del circolo del movimento. Parte di quel denaro, si legge in molti report dell’antiriciclaggio, sono finiti nelle tasche dei due commercialisti e, in alcuni casi, nella disponibilità del tesoriere. Dal gennaio 2018 Centemero è diventato socio di studio, insieme a un altro parlamentare, dei due commercialisti sotto inchiesta. Anche lo studio è sotto la lente dei detective dell’Uif, che riportano in un documento le parole dette da Manzoni all’istituto che ha segnalato le operazioni sospette: «La nuova società è stata costituita per svolgere consulenza amministrativa contabile e fiscale per la Lega».

Manzoni e Di Rubba sono entrambi professionisti al servizio del partito, e diventati amministratori della cassa dei gruppi a Montecitorio e palazzo Madama, con numerosi incarichi di nomina politica ottenuti quando la Lega era al governo. Con le loro società private, a volte schermate da persone di loro fiducia, hanno guadagnato più di un milione di euro in tre anni, fatturando alla Lega nord e a società del partito.

Soprattutto, una delle società usate per vendere servizi alla galassia leghista è la stessa che ha ricevuto parte del denaro pubblico dall’operazione Lombardia film commission. I magistrati di Milano stanno analizzando anche questi movimenti.

MISTERI E MILIONI

È in questo vortice di bonifici che si intersecano le inchieste di Genova e Milano, nelle quali ritornano molti nomi, a partire dai due commercialisti, titolari di studi professionali e srl che incassano soldi dal partito, ufficialmente per prestazioni fornite. Un flusso di denaro così sintetizzato dall’antiriclaggio: «Alcune di queste società appaiono come mero tramite, rendendo dubbia l’effettività delle prestazioni rese».

I documenti dell’Uif rivelano anche che Manzoni, oltre a incassare denaro del partito con lo studio professionale avviato con Di Rubba, riceve sul suo conto personale quasi 160mila euro sempre dalla Lega nord: 31 bonifici in due anni, con la causale ricorrente «saldo fattura».

Probabilmente è una coincidenza, ma è proprio Manzoni a versare ogni mese, fino al giugno 2020, alla Lega una cifra identica a quella incassata negli anni precedenti sul suo conto personale.

Denaro contante certamente destinato alla nuova Lega sovranista. Quella senza debiti, che ha rottamato il partito in bancarotta per via del debito di 49 milioni da restituire a rate da 600mila euro l’anno. Occorreranno ottant’anni, per ripianare il debito.

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