Il Partito democratico ha annunciato la candidatura dell’eurodeputato Pierfrancesco Majorino: una porta sbattuta in faccia a Letizia Moratti. La candidata civica del terzo polo ed ex sindaca di Milano del centrodestra non si aspettava una scelta così estrema da parte dei dem, che equivale a una doppia chiusura: non solo è un nome identitario, ma soprattutto uno che appartiene all’area di quella che viene bollata come sinistra-sinistra.

Lui è fra i primi a essersi opposto apertamente all’ipotesi di Moratti. Chi lavora con lei racconta che Moratti sia rimasta spiazzata: «Ma come, gli ho offerto tutto e loro rispondono così?», è il ragionamento della candidata, che aveva aperto a un patto programmatico forte e progressista, un ticket per la presidenza e offerto l’abiura rispetto al centrodestra. Ma soprattutto aveva offerto al Pd una reale possibilità di conquistare la regione simbolo della Lega, provando ad affondare da Milano l’esecutivo di Roma. «Invece così si avvantaggia solo Fontana, che a queste condizioni vincerà al 100 per cento» è la conclusione.

Da qui la necessità di riflettere sulle prossime mosse. Il passo indietro non è un’ipotesi sul tavolo, ma bisogna decidere come procedere con la candidatura. Quel che più si temeva non è accaduto: Moratti avrebbe ricevuto conferme di appoggio dalle sue reti civiche anche senza la concreta possibilità di vincere e questo la ha rassicurata. La strategia con cui procedere, però, è ancora incerta.

Che fare?

Lo storico gruppo lombardo di Azione e Italia viva, che nello staff di lavoro viene considerato «quello più a sinistra», la spinge per attaccare frontalmente il Pd, accusandolo di aver sabotato ogni chance di vincere e di essersi chiuso in una deriva identitaria. Nel terzo polo sono tutti furiosi: erano convinti di avere la candidata vincente e, dopo l’accordo nel Lazio su Alessio D’Amato, speravano che potesse trovarsi una soluzione anche per la Lombardia. Invece, vedono nella scelta del Pd una ripicca politica, utile solo a restituire lo sgarbo delle politiche.

Moratti, però, è poco propensa alle reazioni istintive e anche le persone di cui più si fida la invitano ad agire di testa più che di pancia. La maggioranza che proviene da esperienze d’area di centrodestra è convinta che non ci siano margini perché il Pd torni sui suoi passi, e le ricorda che l’avversario rimane il leghista uscente, Attilio Fontana.

Attaccare il Pd la porterebbe su beghe di partito di cui il profilo civico che sta costruendo non ha bisogno. Inoltre, il gioco di specchi e posizionamenti le potrebbe giovare: essere considerata «quella di centrodestra» rifiutata per questo dal Pd le può far guadagnare consensi nella quota di elettori leghisti e azzurri incerta su Fontana; non rispondere alla provocazioni dei dem potrebbe portarle i voti di quella parte di elettorato Pd più centrista, che difficilmente si riconosce in un nome connotato a sinistra come quello di Majorino. Ragionamenti politici a parte, però, Moratti sarebbe propensa a prendersi qualche giorno prima del lancio della campagna elettorale.

Le caselle dello staff sono state completate, ora va studiata la strategia comunicativa e calibrata sulle nuove condizioni. Intanto, si continua nella composizione delle liste, con l’obiettivo di convincere quante più personalità civiche possibili, in modo da allargare sul fronte progressista. Nei prossimi giorni, invece, sono attese almeno due proposte programmatiche: una fiscale, per parlare agli industriali preoccupati per il caro bollette; una per i giovani, con i quali Moratti vuole stringere un patto intergenerazionale basato su una parola forte che è «progresso».

L’avversario è Fontana

C’è anche un altro retropensiero, nella testa di chi lavora con Moratti. Certamente la candidata del terzo polo dovrà rimodulare la campagna elettorale, che ora più che mai è difficilmente rimontabile. Anche l’avversario, Attilio Fontana, però, non naviga in buone acque. Per nessuno è passato inosservato l’annuncio sottotono della sua ricandidatura, con uno stringato comunicato stampa firmato dai tre leader di centrodestra e nemmeno una conferenza stampa.

Tutti, inoltre, ricordano anche i recenti scandali che hanno investito il candidato leghista: gli stessi che avevano messo in discussione la sua candidatura e che avrebbero portato Matteo Salvini a offrire il posto a Moratti, salvo poi rimangiarsi l’offerta. L’inchiesta – archiviata dopo il no della Svizzera alla rogatoria – sui conti a Lugano è ancora fresca nella memoria di tutti, come anche il disastro nella gestione del Covid, con la Lombardia fanalino di coda d’Italia nella campagna vaccinale che portò alla nomina di Moratti in giunta.

Del resto, Moratti stessa sa quanto possono pesare in una campagna elettorale le vicende esterne. Lei stessa, nel 2011 sindaca uscente, qualche mese prima del voto in cui poi prevalse Giuliano Pisapia, venne travolta dall’inchiesta giudiziaria a carico di suo figlio per abuso edilizio per una maxi villa, proprio in concomitanza con lo scandalo “Affittopoli” delle case popolari affittate a persone senza requisiti.

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