Di Sanremo non ce n’è mai abbastanza. E per questo motivo viale Mazzini ha deciso di regalarne un’altra serata al pubblico della Rai.

Unica differenza: non c’è Amadeus a condurre, ma Massimo Giletti. “La tv fa 70”, la prima (ma anche seconda e terza, alla faccia di Bruno Vespa) serata per celebrare «la grande festa del piccolo schermo» è stata infatti affidata a Massimo Giletti. Il figliol prodigo di viale Mazzini, fermo da quasi un anno dopo la precipitosa chiusura di Non è l’Arena su La7.

I suoi ospiti saranno volti storici e contemporanei, da Enrico Mentana a Colapesce e Dimartino, da Giancarlo Magalli a Francesco Gabbani, con quella spolverata sanremese che incipria tutti i prodotti Rai trasmessi da un mese a questa parte. 

Giletti per prima cosa chiede ai fotografi che lo aspettano di fronte alla statua del cavallo morente dove piazzarsi per farlo venire al meglio, poi entra in sala con fare riservato, occhiali con lenti azzurre fumé e cravatta con lo stemma della Juventus, vestito sartoriale attillato.

C’è chi gli chiede se sia tornato con la consapevolezza «di aver fatto qualche errore» oppure con la spavalderia di chi cerca la rivincita. Giletti tranquillizza tutti, nessuna rivincita, «ma io di errori non ne ho fatti». Casomai a qualcuno fosse rimasto il dubbio. Anche se ammette, in un momento di umanità, di non essere «semplice da gestire». 

La prima fila

In prima fila siedono i vertici. «La Rai del futuro» scherza un dirigente. C’è il direttore generale, Giampaolo Rossi, il vate di Colle Oppio che spinge perché la data della sua nomina ad amministratore delegato venga anticipata il più possibile.

Accanto a lui Simona Agnes, consigliera in quota Forza Italia che fa le prove generali per la presidenza a cui aspira ormai senza farne più mistero. Accanto a lei Nicola Rao, capo della comunicazione, poi Alessandro di Majo, inossidabile consigliere d’amministrazione in quota Movimento 5 stelle in odore di riconferma, presenza fissa a ogni evento che abbia anche solo lontanamente a che vedere col servizio pubblico, e Simona Sala, direttrice di Radiodue. 

Assenza di peso quella di Roberto Sergio, amministratore delegato (ancora per poco, nei piani di Rossi & co.) che pure ha lavorato per riportare in Rai Giletti, ma ha preferito rimanere al settimo piano a lavorare. «Non ha bisogno di onori» dicono i suoi. Fino a giugno (e forse oltre) l’ultima parola è la sua, è il ragionamento che filtra.

Di medaglie da apporre sul petto sembrano invece aver gran bisogno i discepoli del vate, felici di intestarsi il rientro del Giletti prodigo.

Anche il direttore dell’intrattenimento Prime time Marcello Ciannamea – che ringrazia i testimonial del progetto, nientemeno che Renzo Arbore e Pippo Baudo – è felice di poter mettere in curriculum una prima serata firmata Giletti prima che Angelo Mellone, capo del Day time, riapra il discorso per una trasmissione la domenica pomeriggio, dove però per il momento resta Mara Venier, volto caro a Sergio.

A Mellone non dispiacerebbe un usato sicuro. Continua a fare fatica il suo “Provinciale” condotto in prima serata da Federico Quaranta, storico sodale del capo del Day time: su Raitre anche sabato scorso si è fermato al 2,8 per cento di share, ascolti simili a quelli di Nunzia De Girolamo. 

Ritorno celebrato

E allora ben venga il «prodotto non troppo pedagogico» dell’«artigiano della televisione» (gli amici dei divani, presenti a ogni serata del festival di Sanremo si faranno una ragione della nuova concorrenza) che durerà qualcosa come sei ore.

Ed è solo la prima di una serie di idee che Giletti vuole proporre ai vertici (non è chiaro che durata abbiano le altre però). Tra queste, anche qualcosa che sarebbe «un unicum mondiale», anticipa il giornalista, che pure interpellato non scende ulteriormente nel dettaglio

Per il momento bastano gli aneddoti su Biagio Agnes, l’elogio delle maestranze interne («bisogna riprendere a produrre internamente», sostiene Giletti, che finché andava in onda su La7 si affidava a Fremantle) e la raccomandazione alla nuova dirigenza di «non essere avulsi dalla contemporaneità». 

E pazienza se qualcuno dentro l’azienda non sia stato felicissimo che la conduzione dell’evento che celebra il servizio pubblico sia andata a un esterno. 

«L’invidia è normale, però io ho passato 26 anni qua dentro e non sono andato via per scelta come altri. Beati loro perché hanno una serietà infinita, quindi se una sera lasciano fare un altro...» è la frecciata destinata ai suoi detrattori. 

Insomma, a differenza di altri («Fabio Fazio non mi ha risposto, sono deluso umanamente, anche se capisco che ci siamo confrontati in prima linea per qualche tempo») Giletti è a suo agio nella nuova Rai. «La censura c’è sempre stata: manderemo in onda il monologo di Vianello censurato ai tempi di Gronchi» spiega il conduttore.

Giletti non esita poi a porsi subito sull’altro lato del fiume rispetto al Vespa indispettito dallo slittamento del suo Porta a porta e coglie al balzo la palla alzata da chi gli chiede quali siano i suoi programmi preferiti degli ultimi settant’anni: «Preferisco la tv antiliturgica, Striscia la notizia è stata folgorante». 

Gelo in sala. Ma la sfida è aperta, Giletti è pronto a insidiare Vespa nel racconto della politica in Rai. La frase è preparatissima, ma dice già tutto: «Anche raccontando canzonette si può fare la storia», dice l’«antiliturgico». Ma tutti sanno che non si limiterà solo a quello.

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