Smacco per il governo ipersovranista: un fondo estero potrebbe ottenere un posto nel cda di Enel. Comunque andrà a finire la partita di rinnovo dei vertici, una cosa è certa: il mercato sta dicendo a Giorgia Meloni che può fare le nomine che vuole, ma le partecipate non sono di proprietà dello stato, che detiene solo la maggioranza relativa. Nel caso Enel, il 23,6 per cento. Il fondo caymaniano Covalis sta giocando la sua partita per entrare nel board, presidente e ad è un risvolto secondario.

L’ipotesi che Francesco Starace, amministratore delegato uscente e non riconfermato, stia tramando nell’ombra per restare, viene smentita a Domani da più fonti tecniche. Mentre l’ad non può parlare, zittito dal suo stesso cda con una delibera di mercoledì che gli ha imposto «di non intervenire» fino al rinnovo delle cariche. Si espone Ermete Realacci, presidente della Fondazione Symbola, ex deputato Pd e suo amico personale: «Non ci ha pensato nemmeno per un secondo da quando il governo ha deciso altri nomi». Le questioni in ballo, assicura, sono altre, e su quelle il governo rischia di perdere.

Covalis

Il gioco attorno al colosso dell’elettricità ha preso il via quando l’esecutivo ha confermato che avrebbe nominato Paolo Scaroni, presidente del Milan e in passato a Eni, come presidente, e Flavio Cattaneo, già alla guida di Terna, come amministratore delegato. Covalis il 14 aprile, due giorni dopo la pubblicazione della lista dell’esecutivo, ha presentato la sua lista alternativa. L’intervento dei fondi, racconta a Domani una fonte che ha seguito i passaggi, era però già stato deciso quando si parlava di Stefano Donnarumma come ad. L’ormai ex ad di Terna mesi fa ha chiesto a Mediobanca di organizzargli un road show a Londra, dove ha parlato più di Enel che della sua società, tra l’altro con l’ausilio di un interprete. E i fondi hanno deciso di scrivere al Mef per chiedergli di cambiare idea. Anche i nuovi nomi però non hanno convinto gli investitori internazionali, che non sono stati consultati.

L’hedge fund possiede all’incirca l’1 per cento di Enel. Mentre il governo Meloni da programma parla di «impianti di ultima generazione senza veti e preconcetti, valutando anche il ricorso al nucleare pulito e sicuro», e si interessa più di metano che di pannelli fotovoltaici, è partita la reazione. Enel, nonostante abbia centrali a gas e carbone, si è via via affermata negli anni come società votata allo sviluppo delle energie rinnovabili, e in cui ha deciso di investire anche Covalis. Il fondatore, il lituano Zach Mecelis, ex trader presso l’hedge fund GLG Partners, si è detto certo che molte società «diventeranno storie di transizione».

La stampa finanziaria ha ricordato che le ultime operazioni di Covalis, sono state l’acquisto del 5 per cento dell’utility elettrica greca Ppc, del 75 per cento della società tedesca di pannelli Max Solar e di quote importanti di Li-Cycle, società nordamericana quotata al Nyse specializzata nel riciclo di batterie agli ioni di litio. Tra i suoi campioni anche Avangrid, utility del gruppo spagnolo Iberdrola operante negli Stati Uniti.

Mecelis nel 2020 ha lanciato un altro fondo Esg, ovvero che ha come target gli investimenti “sostenibili”, e ha detto che vuole cogliere le possibilità che aprirà la tassonomia europea, l’elenco delle fonti adeguate alla transizione e dunque ai fondi Ue. Covalis, riporta la breve descrizione del suo sito online, fa parte de The Institutional Investors Group on Climate Change che opera a livello europeo per favorire le politiche che hanno a che fare con il mutamento climatico e il gruppo, come si legge nell’ultimo report, sostiene Enel.

Inoltre ha il bollino dei Principles for Responsible Investment, una rete internazionale di istituzioni finanziarie supportata dalle Nazioni unite che lavora per la sostenibilità. Una ringkomposition dal clima al clima, come si direbbe in letteratura, tra fondi, lobbisti e società, che piace alla Borsa quando deve decidere su chi puntare. Non a caso Covalis spera nell’appoggio di Blackrock, fondo che possiede oltre il 5 per cento delle azioni dell’Enel.

Luca Bergamaschi, codirettore di Ecco, think tank per clima che ha lavorato a Bruxelles, spiega che «il network di cui fa parte non si limita a investire, ma vuole influenzare la scelta dei progetti nelle società in cui investe».

Mazzucchelli

Il nome che Covalis vuole inserire nel cda è Marco Mazzucchelli, candidato come presidente ma soprattutto per il board. Dalla sua ha una lunga storia finanziaria che lo porta fino a Quintet, l’ex banca Kbl oggi della famiglia Al Thani del Qatar. In Italia è stato al Monte dei Paschi di Siena e al Sanpaolo Imi.

Al Sole 24 Ore nel 2018 ribadiva di non essere un animale politico: «Non sono mai andato alle cene a Roma. Non è un merito. Semplicemente non mi è mai venuto di farlo. E, alla fine, ha sempre prevalso la mia dimensione eminentemente tecnica». Che in passato lo ha portato a essere vicino a Mario Draghi. Nell’invito a votarlo, Covalis ha sottolineato come Mazzucchelli sia il solo candidato «indipendente» .

L’opacità

Covalis ha denunciato l’opacità nella scelta dei candidati del governo, ma, finora, commentano in ambienti parlamentari il governo ha sempre deciso senza dimenticare la convenienza politica, e nessun fondo si era mai lamentato. Per Realacci però «quando hai anche solo l’1 per cento di una società dal capitale miliardario, dove vai a investire ti interessa», e Mazzucchelli ha già ampiamente parlato del piano europeo RepowerEu per affrontare la crisi climatica.

Lo statuto Enel prevede che dalla lista che ha ottenuto il maggior numero dei voti espressi vengano tratti, nell’ordine di elenco, i sette decimi degli amministratori. I restanti, dalle altre liste di minoranza. Il Mef ha presentato una lista di sei, mentre il board si compone di nove membri. La lista Covalis, sempre a sei, a fronte dello scontro per la presidenza, compete per guadagnare un posto nel cda. Mazzucchelli stesso ha ricordato che per ottenerlo serve il 7 per cento dei voti.

Tre liste per il nuovo cda all’Enel non si erano mai viste, e il primo nemico di Mecelis è Assogestioni, contro cui ha fatto appello con una lettera agli azionisti. Nella precedente assemblea con il 70 per cento di quote votanti, proprio la lista Assogestioni e non quella del Tesoro (che parte avvantaggiata) ha ottenuto una risicata maggioranza.

Per presidente e ad quasi non c’è battaglia, lo pensano in molti e lo esprime Realacci: «La vittoria del governo e come quella dello scudetto al Napoli, rimandata molte volte, ma alla fine era già certa. Nessuno ci credeva per la Lazio». Eppure Starace si è reso «disponibile» per il passaggio di consegne dando credito alle intenzioni di Covalis.

Secondo una fonte vicina alla materia non è perché speri di restare ad. Banalmente negli ultimi anni c’è stata una riconferma, altrimenti si passavano le consegne già prima del voto, visto che formalmente c’era un solo nome per la presidenza e solo uno per l’ad. Adesso bisognerà aspettare il voto del 10 maggio prima di procedere, visto che sulla carta ogni ruolo è contendibile. E Starace? «Starace – dice Realacci – si è esposto per la sua azienda, ma quando questa esperienza finirà avrà certamente un posto dove andare».

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