Il pianto della madre ha rotto il silenzio mentre, in chiesa, entrava la bara bianca della ragazza. Maria Paola è morta in un incidente stradale mentre era in motorino, inseguita dal fratello Michele Antonio, ora in carcere. La sua colpa? L’amore per Ciro, un ragazzo che è nato di sesso femminile e che oggi si sente uomo, una relazione mai accettata e rifiutata dalla famiglia di Maria Paola. La chiesa, la parrocchia di San Paolo Apostolo, è nel Parco Verde, poco lontano dall’uscita della superstrada per Caivano, in provincia di Napoli. Per arrivarci si attraversano vie dissestate tra palazzoni verdi e si entra in questo “quartiere stato” dove i clan spacciano, bambini volano dai balconi e famiglie si sfidano per un amore, a prezzo della vita.

L’ultima corsa di un amore
In chiesa ad aspettare la bara sull’altare, con le braccia conserte, c’era don Maurizio Patriciello, il prete noto per la sua battaglia contro i roghi tossici. Tante le persone arrivate per dare un ultimo saluto, ma in chiesa non c’è posto per tutti e molti restano fuori in attesa di salutarla, a fine messa, con il volo di palloncini e colombi bianchi. «Come se si fosse sposata, qui i colombi si usano per le nozze», dice un’amica tra le lacrime. Pronunciare l’omelia per don Patriciello non è stato facile, eppure è il parroco che ha dato l’estrema unzione a tante vittime innocenti, bambini e giovani uccisi dal cancro nella terra dei fuochi tossici, gli incendi dei rifiuti che avvelenano l’aria.

Oggi, anche lui appare diverso. La celebrazione è stata interrotta per due volte, perché due zie di Maria Paola sono svenute, provate dal dolore, dal caldo e dalla grande partecipazione. La madre della ragazza, seduta nel secondo banco, è stata per tutta la messa piegata e con la testa riversa sulla spalla di una parente. Intorno, gli amici e i cugini hanno scelto di indossare una maglietta con la foto della diciottenne.  Ai funerali, Ciro non c’è e non c’è neppure la sua famiglia. All’esterno, sul cancello della chiesa, c’è un suo cartello. «Correvamo soltanto verso la nostra libertà o almeno credevamo di farlo», si legge e agli angoli ci sono quattro foto che raccontano la storia d’amore tra Ciro e Maria Paola. Prima del funerale, Ciro è stato più di trenta minuti all’obitorio in raccoglimento davanti alla bara.

«Ho battezzato Paola in questa chiesa il 15 giugno del 2003 e ancora una volta la saluto con l’acqua benedetta. Sei passata come un fulmine e trafitta da un raggio di sole per te è arrivata subito la sera», ha detto don Maurizio con la voce rotta dell’emozione. Solo un attimo di cedimento e poi ha continuato. «Non c’è posto ora per l’odio né per la vendetta, neanche per un istante, abbiamo bisogno della serenità e della riconciliazione», ha detto il prete di Caivano preoccupato per i rapporti conflittuali tra le due famiglie, quella di Maria Paola Gaglione e quella del suo fidanzato Ciro Migliore.

«Abitano l’una di fronte all’altra e dobbiamo capire che le parole e le azioni vanno misurate per evitare che la tragedia passi senza lasciare alcun insegnamento», ha detto prima di affrontare a viso aperto la questione: il presunto movente dell’agguato. «L’orientamento sessuale, il colore della nostra pelle, il conto in banca, l’essere figlio di uno o di un altro non conta perché quel che vale è solo la persona umana». La gente è divisa. «È sempre stata una famiglia unita quella di Paola, a luglio ha compito 18 anni e la famiglia nonostante le risorse modeste ha voluto per lei una festa degna di una principessa», dice un’amica che chiede di non essere citata per nome. Un’altra, Antonella, aggiunge: «Non è vero che Paola non era accettata, la verità è che non volevano che lei avesse a che fare proprio con quella famiglia, per niente stimata».

E ancora: «Ora si dicono tante cose ma poi nei prossimi giorni, quando arriverà la calma, si capirà davvero chi e perché racconta fandonie». Michele, intanto, il fratello di Maria Paola, è accusato di aver speronato il motorino a bordo del quale viaggiava la sorella e Ciro Migliore. Ora è in carcere con l’accusa di omicidio preterintenzionale e ha ammesso di aver più volte tentato di tagliare la strada al motorino. I Gaglione negano di essere transfobici, ma ammettono il conflitto con la figlia perché non avrebbero accettato la relazione con Ciro, ma non a causa dell’identità di genere del giovane, ma per altre ragioni. Ciro, invece, ha raccontato di essere stato minacciato ripetutamente dalla famiglia Gaglione. 

Il quartiere stato dei clan
La morte di Maria Paola ha fatto riscoprire all’Italia questo lembo di terra perduto, una periferia che periodicamente torna protagonista nelle cronache. Basta salire in auto per percorrere un labirinto di vicoli sottratti alla civiltà. Sorge qui il palazzo degli orrori dove è morta la piccola Fortuna Loffredo, scaraventata dal balcone dopo aver subito ripetuti abusi sessuali. Era il 2014. In questa provincia per un bambino essere felice è un azzardo. Chi conosce bene questo posto ci racconta quello che ha visto in queste strade, dove lo stato non c’è e neanche si infiltra. «Mi è capitato di domenica di assistere a processioni con madonne portate in braccio da collatori festanti con seguito di bimbi urlanti che sollevano bandiere più grandi di loro». Sono cortei non autorizzati in onore della matrona, «la signora che paga familiari e avvocati di chi delinque: è una delle signore della droga del quartiere».

Non serve neanche un prete, è un rito pagano che usa statue ed effigi religiose. Gira l’angolo un motorino, monta dietro un ragazzo. Si ferma. È stanco, spento. Quasi morente. Si è bucato la mattina, il sole ora volge al tramonto. È scappato da una comunità. «Questa mattina mi sono lavato dopo nove giorni, mi sento il male dentro». Per le strade ogni tanto bisogna prendere aria, fare respiri profondi, sperando invano di cacciare il puzzo dei roghi che arriva fino in gola. Questo è un territorio altro, governato da piccoli satrapi, abitato da sudditi, vissuto da reietti. È una terra isolata, un’enclave, un “quartiere stato”. In auto può capitare di sbagliare strada, di imboccarne una senza uscita dove alcune terrazze condominiali sono state trasformate in postazioni per sentinelle del crimine, mentre altre vedette pattugliano la strada.

Se malauguratamente si finisce in quelle strade succede che una di quelle vedette ti corre incontro, ti squadra, e se ti va bene ti chiede cosa fai lì, se ti va benissimo puoi ancora balbettare una scusa e andartene via. Un posto di blocco dell’organizzazione, del sistema, come piace a tutti chiamarlo. Lì, con telecamere e vedette, c’è la dimora di Nicola Sautto, criminale che ora governa il territorio, fa affari al Parco verde. Sautto oggi è detenuto, ma rimangono gli affiliati fuori a controllare il Parco verde di Caivano. Oggi è la nuova Scampia, una piazza di spaccio a cielo aperto. La morte di Maria Paola ha fatto arrivare giornalisti e «guardie». Gli affari non possono aspettare, pochi giorni e tutto tornerà come prima al Parco verde dove ogni giorno si spaccia, i bambini sono senza futuro e una diciottenne muore, inseguita dal fratello, per un amore sepolto dall’odio.

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