Pace e guerra irrompono nel dibattito politico italiano in questa lunga fase post elettorale, mentre ancora il centrodestra sta cercando, non senza fatica, di trovare un accordo sulla composizione del nuovo governo.

Nel frattempo, il conflitto in Ucraina è entrato, se possibile, in una fase ancor più critica rispetto ai mesi precedenti. L’avanzata dell’esercito di Kiev e la precipitosa ritirata russa hanno infatti aperto un nuovo scenario. Il Cremlino, più o meno esplicitamente, ha fatto sapere di essere pronto all’estrema ratio dell’uso di ordigni nucleari tattici per fermare le truppe ucraine.  

Da Washington informano che i timori per una mossa disperata di Putin in tal senso non sono così infondati e che, nel caso, gli Stati Uniti non resterebbero a guardare.

In un contesto tanto complicato e carico di tensioni, di minacce vere o presunte, l’esigenza di aprire un negoziato per raggiungere almeno un cessate il fuoco è sempre più avvertita dall’opinione pubblica.

In Italia, tradizionalmente, la voce più ascoltata in frangenti bellici internazionali, è quella della chiesa e del mondo cattolico in generale, tanto più se a sollevare l’urgenza di avviare negoziati per fermare le armi e i massacri è quella del papa.

Del resto, la Santa sede è sempre stata un riferimento in epoca moderna nell’impegno per la pace, il disarmo, la distensione, e il momento attuale non fa eccezione: Francesco fin dal principio dell’invasione russa ha cercato una strada per ricomporre il quadro di difficile convivenza che era andato in frantumi a oriente.

Conte guarda al papa

Lungo questo crinale si muove il leader del Movimento 5 stelle, Giuseppe Conte, che sta cercando di capitalizzare la tendenza ampiamente diffusa nel nostro paese, e registrata ormai da numerosi sondaggi, a restare piuttosto equidistanti rispetto al conflitto in corso (rilevamenti Ipsos), mentre il timore maggiore non riguarda tanto il rischio di un allargamento ad altri paesi della guerra quanto le sue conseguenze economiche.

Dubbi consistenti sussistono pure sull’efficacia delle sanzioni. Così, l’intervista rilasciata ieri da  Conte ad Avvenire, il quotidiano della Conferenza episcopale, non poteva passare inosservata. «Pace non può essere una parola associata alla debolezza. E le parole di papa Francesco non indeboliscono certo la comunità internazionale. Desta perplessità poi la decisione ultima di Zelensky di bandire la pace con decreto», ha detto l’ex presidente del Consiglio in merito all’ipotesi id una manifestazione per la pace indetta dalla società civile e alle sue implicazioni politiche.

«L’anelito di pace non può in nessun modo minare la statura del nostro paese. Al contrario, ritengo che questa iniziativa rafforzerebbe il ruolo dell’Italia. Una iniziativa con la società civile consentirebbe all’Italia di ritrovare un protagonismo diplomatico, ovviamente coinvolgendo gli altri partner Ue».

«Finora – ha aggiunto Conte – l’Europa risulta non pervenuta: purtroppo appare totalmente appiattita su questa strategia angloamericana, e questo mi preoccupa per gli scenari geopolitici futuri. Stiamo parlando di una guerra su suolo europeo e allo stato anche un eventuale negoziato di pace si svolgerebbe sopra la testa dei nostri paesi. Si prospetta un tracollo di credibilità per l’intera Unione europea». Se questa mobilitazione si concretizzerà, «il Movimento ci sarà, anche senza bandiere».

Zuppi e Mattarella

Insomma, Conte ha deciso di giocare d’anticipo rispetto alle altre forze politiche e ha fatto sponda con la chiesa su un tema cruciale come quello della pace.

L’intervista ad Avvenire conferma che la strategia messa in atto ha trovato interlocutori attenti nel mondo cattolico. Del resto, solo il giorno prima, in occasione della festa di San Francesco ad Assisi, il presidente dei vescovi italiani, l’arcivescovo di Bologna Matteo Zuppi, aveva toccato l’argomento in modo non equivocabile: «Il nostro Patrono, uomo universale, aiuti l’Europa a essere all’altezza della tradizione che l’ha creata e il mondo intero a non rassegnarsi di fronte alla guerra. Lui, amico di tutti, ci aiuti a sconfiggere ogni logica speculativa, piccola o grande, anonima e disumana, forma di sciacallaggio che aumenta le ingiustizie e crea tanta povertà».  

E ancora: «Con San Francesco crediamo che il lupo terribile della guerra sia addomesticato e facciamo nostro l’accorato appello di papa Francesco indirizzato certo ai due presidenti coinvolti direttamente (Putin e Zelensky, ndr) ma anche a quanti possono aiutare a trovare la via del dialogo e le garanzie di una pace giusta».

Da sottolineare che sempre ad Assisi per le celebrazioni di San Francesco è intervenuto anche il presidente della Repubblica, Sergio Mattarella.

Il capo dello stato nei mesi scorsi ha sostenuto una posizione dell’Italia fortemente in linea con quella ufficiale dell’Ue e della Nato, cioè di pieno sostegno alle ragioni dell’Ucraina anche attraverso la fornitura di armamenti.

Questa volta, però, ha usato accenti diversi rispetto alla crisi in corso, e non solo perché si trovava nella città di San Francesco: «Non ci arrendiamo alla logica di guerra che consuma la ragione e la vita delle persone e spinge a intollerabili crescendo di morti e devastazioni. Che sta rendendo il mondo più povero e rischia di avviarlo verso la distruzione. E allora la richiesta di abbandonare la prepotenza che ha scatenato la guerra. E allora il dialogo. Per interrompere questa spirale».

Non è tanto un cambiamento rispetto alla scelta di campo compiuta, quanto piuttosto il segno di una sensibilità che sta mutando rispetto alla fase nella quale il conflitto è entrato.

Né può essere ignorato che il Quirinale ascolta con attenzione i messaggi che arrivano da Oltretevere. Si sta coagulando allora, a partire da tante realtà associative di base, cattoliche e laiche, un inedito asse pacifista pronto a scendere in piazza col favore de Vaticano e con la sponda politica dei Cinque stelle?

Una sorta di replica, riveduta e corretta, di quanto avvenne con la guerra in Iraq del 2003 guidata dagli Stati Uniti? È presto per dirlo, ma lo scenario è tutt’altro che improbabile.

Integrità territoriale e diritti umani

Restano tuttavia dei limiti e dei problemi anche all’interno di un ipotetico schieramento per la pace.

Intanto in merito alle questioni attinenti al diritto internazionale; il papa, fra le altre cose, ha parlato del rispetto dell’integrità territoriale come di una delle basi per avviare negoziati di pace.

Il che, tradotto, vuol dire non riconoscere le annessioni unilaterali di alcune regioni compiute da Mosca. Si tratta di un tema centrale, forse il cuore di ogni possibile negoziato, senza affrontare questo nodo qualsiasi proposta di trattativa rischia di restare nel limbo generico delle buone intenzioni.

Poi sorge la questione dei crimini di guerra commessi nei territori occupati da parte dei russi, si tratta di una questione estremamente delicata sulla quale, con ogni evidenza, Kiev non vorrà sorvolare.

Il tema della gravità delle atrocità commesse contro la popolazione civile, è stato più volte sollevato dalla Santa sede.

Lo stesso Francesco nell’angelus dedicato alla guerra di domenica scorsa ha affermato: «È angosciante che il mondo stia imparando la geografia dell’Ucraina attraverso nomi come Bucha, Irpin, Mariupol, Izium, Zaporizhzhia e altre località, che sono diventate luoghi di sofferenze e paure indescrivibili».

Infine, l’argomento più urgente, quello dell’escalation nucleare; il segretario di Stato vaticano, il cardinale Pietro Parolin, declinava nel seguente modo il tema nel corso della 77esima assemblea delle Nazioni unite: «La guerra in Ucraina non solo mina il regime di non proliferazione nucleare, ma ci pone anche di fronte al pericolo di devastazione nucleare, sia per escalation che per incidente».

«Qualsiasi minaccia di uso di armi nucleari è ripugnante e merita una condanna inequivocabile», ha aggiunto Parolin.

Problemi e approcci differenti che sono sul tavolo e che inevitabilmente interrogheranno tutti i protagonisti di una possibile mobilitazione per la pace.

D’altro canto, anche la nuova maggioranza di governo dovrà misurarsi alla svelta con la crisi in atto e indicare la propria strategia rispetto ad alleanze, scenari internazionali e proposte di negoziati.

© Riproduzione riservata