Una partita durissima e la sensazione che il campo da gioco sia tutto da disegnare. La settimana del calcio italiano è cominciata con un ritmo forsennato, sull’onda di un weekend che ha fatto da prequel. A incendiarla è stato il tema dell’agenzia che dovrebbe occuparsi della condizione economico-finanziaria delle società di calcio. Un’agenzia di nomina governativa, i cui costi dovrebbero però essere a carico dalle società di calcio (in applicazione del medesimo principio con cui le stesse società pagano i revisori esterni) e che di fatto esternalizzerebbe il controllo delle finanze del movimento.

La notizia, lanciata lo scorso venerdì con le indiscrezioni sulla bozza di decreto da presentare in Consiglio dei ministri, ha avuto l’effetto di sconvolgere equilibri di confitto consolidati e provocare un riallineamento all’interno del mondo del calcio (e dello sport).

In ballo c’è il tema dell’autonomia dello sport rispetto alla politica, ma anche il modo di intenderla. L’impressione è che le parti dovranno ricominciare a parlarsi e a trovare una mediazione. È impensabile che si vada apertamente alla prova di forza.

La Covisoc

Le danze dialettiche sono state avviate dal ministro dello Sport e dei Giovani, Andrea Abodi. Collegato telefonicamente dalla Turchia, è intervenuto nel corso della trasmissione Radio Anch’io Sport (Radio 1 Rai) per difendere il progetto e contrattaccare.

Un contrattacco in due punti: la reazione, giudicata dal ministro esagerata, del presidente del Coni, Giovanni Malagò, sulla prospettiva che venga istituita l’agenzia («Sarà una figuraccia mondiale» ha dichiarato il capo dello sport italiano domenica); e un attacco alla Covisoc (la commissione interna della federcalcio che vigila sui bilanci delle società), giudicata «non indipendente» perché «dentro il perimetro federale».

Un giudizio forte che ha provocato una replica puntuta da parte del presidente della Figc, Gabriele Gravina. Intervenuto a un convegno organizzato dall’Università di Firenze sullo stato economico del calcio italiano, ha definito «irriguardose» le parole del ministro nei confronti della Covisoc e dei tre magistrati che la compongono.

L’unità

La tappa fiorentina è stata soltanto parte di una lunga giornata per il presidente federale. Esaurita la presenza al convegno, è ripartito per Roma, dove per le 18 era convocata una riunione straordinaria con le componenti. Un passaggio inevitabile, ma che sollecita qualche considerazione sulla necessità che il calcio proceda nella direzione di un riallineamento, nel tempo più breve possibile. In questo senso, si apre lo spazio per la lettura politica di ciò che sta succedendo: politica interna al mondo del calcio; e il rapporto fra il calcio e il governo, i partiti, i gruppi di pressione, infine soggetti che stanno coi piedi in entrambe le staffe.

La bozza del decreto che dovrebbe istituire l’agenzia è l’effetto di una litigiosità che si trascina da tempo. Viene rappresentata come uno scontro personale fra Gravina e l’uomo forte in Lega, Claudio Lotito, presidente e proprietario della Lazio (per inciso senatore di Forza Italia); ma che nella realtà dei fatti è un conflitto molto più complesso. In questo contesto si è inserita la politica, dapprima con una serie di audizioni in Senato poi con la bozza di decreto che venerdì ha scatenato la fibrillazione.

Ora l’interrogativo riguarda la reale disponibilità di tutte le componenti a fare fronte unico. Non è detto che siano compatte. Ci sarà da capire come si muoverà la lobby interna al parlamento, di cui sono massimi rappresentanti Lotito e il vicepresidente vicario, amministratore delegato del Monza, Adriano Galliani, anch’egli senatore di Forza Italia. Le indiscrezioni riferiscono che Galliani sia contrario al decreto e all’idea dell’agenzia, mentre Lotito non avrebbe una posizione netta. Chissà se anche sul fronte della maggioranza parlamentare la posizione al fianco di Abodi va data per scontata. Le sorprese e i ribaltoni potrebbero essere più numerosi di quanto si immagini.

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