«Care democratiche e cari democratici, la Direzione regionale del Pd della Sardegna è convocata per martedì 31 ottobre, con inizio alle ore 16 presso la sede del Pd provinciale di Oristano in via Canepa 60, con il seguente ordine del giorno: elezioni regionali 2024». La convocazione del segretario Piero Comandini e del presidente Giuseppe Meloni è scarna.

Tutti sanno che domani è il giorno della verità per il centrosinistra dell’isola. O la va, o la spacca: o il Pd trova un modo per sommare all’alleato Cinque stelle anche le anime della coalizione che avevano chiesto le primarie, primarie che la precedente direzione Pd ha escluso (con un voto a maggioranza). Oppure si espone al rischio di perdere una parte dell’elettorato, quanto ampia è da vedere, a favore di un altro candidato: insomma si rassegna a perdere le elezioni regionali del prossimo febbraio, al più tardi marzo, che pure miracolosamente sembrano contendibili.

Le carte però sono ormai scoperte: il Pd sardo, in perfetta letizia con quello nazionale, domani darà mandato al segretario di scegliere al tavolo della coalizione il nome del candidato alle prossime elezioni regionali. Comandini potrebbe arrivare a quel tavolo con un nome secco, o con una rosa. In ogni caso l’asso è già noto, è il nome di Alessandra Todde, nuorese, 54 anni, già viceministra dello Sviluppo economico del governo Draghi, oggi vicepresidente dei Cinque stelle e vicinissima a Giuseppe Conte.

Nella geografia interna del partito di Conte, Todde è un’alleanzista, cioè favorevole alla costruzione di una coalizione nazionale con il Pd: che è la ragione principale per cui al Nazareno hanno subito dato il via libera alla proposta grillina. Un via libera filtrato da tempo, ma confermato la scorsa settimana, dopo una riunione con i responsabili organizzazione e enti locali, Igor Taruffi e Davide Baruffi.

Nelle mani di Soru

Messa così, la rottura con Renato Soru è scritta. L’ex presidente della regione, imprenditore ma anche ex segretario del Pd sardo ed europarlamentare, è tornato in campo ormai da mesi. Al nostro giornale, ma poi in tutte le altre occasioni pubbliche, ha chiarito che non intende accettare di non essere il candidato presidente se non saranno le primarie a deciderlo. Accusa il Pd nazionale di fare «scambi» con M5s – il Piemonte a me, la Sardegna a te, ma la tesi si è sgonfiata perché in Piemonte l’accordo è lontano – e di voler imporre una candidata non scelta dai sardi: «Un’offesa intollerabile. Uno schiaffo agli elettori».

Chi ci ha parlato sa che fa sul serio. In questi giorni in molti, anche del Pd nazionale, lo hanno incontrato e hanno provato a convincerlo a non scegliere la strada solitaria. Niente da fare, determinato come sempre, ostinato come il suo noto carattere. In assenza di mediazioni, la possibilità di vittoria, e persino di stare in partita, per il centrosinistra, è nelle sue mani.

Per sciogliere la tensione sono scesi in campo anche i grandi saggi del Pd sardo. Come Luigi Zanda, che all’Unione sarda ha spiegato: «Elly Schlein ha il dovere di trovare un equilibrio tra le esigenze della Sardegna e la sua visione nazionale. Naturalmente, se dovesse sbagliare, le verrà chiesto conto delle ragioni delle sue decisioni». Ha battuto un colpo anche l’ex presidente Antonello Cabras, di solito taciturno sulle questioni di partito: «Basta guardare i numeri: le opposizioni al governo della destra sarda sono maggioranza, ma a patto che restino unite».

L’ultimo tentativo

E così nelle ultime ore i Progressisti sardi, la formazione dell’ex sindaco di Cagliari, Massimo Zedda, e dell’ex senatore Luciano Uras, hanno tentato un’ultima mediazione. Loro sono da sempre favorevoli alle primarie per scegliere il candidato, anche nelle città prossime al voto, come Sassari e Cagliari, dove peraltro Zedda si è già reso disponibile alla nuova corsa da sindaco.

Ma se il Pd ha bocciato i gazebo, un’altra strada ci potrebbe essere, quella delle “miniprimarie”: «Dare un governo democratico alla regione», dice la loro proposta, è «un dovere morale e politico. Tre autorevolissime personalità politiche» si sono fatte avanti per la corsa a presidente, sono Graziano Milia, ex presidente della provincia di Cagliari e sindaco di Quartu, Renato Soru e Alessandra Todde, tutti e tre «livelli altissimi di competenza, di storia politica, di capacità di governo». Ma la scelta, scrivono, «non può essere limitata ai gruppi dirigenti dei movimenti e dei partiti della coalizione». Dunque «si proceda con un’ampia consultazione dei cittadini elettori», «in modo diretto, istituendo postazioni consultive, articolate per territori», «integrando con una procedura online trasparente ed efficiente il voto in presenza».

I Progressisti sperano che, miscelando la consultazione tradizionale del Pd con i click che piacciono ai Cinque stelle, si possa dare voce al popolo del centrosinistra, unica maniera per trattenere in coalizione Soru. Hanno detto sì Più Europa, gli indipendentisti di Liberu e l’ex presidente della regione Francesco Pigliaru. Ma la vera risposta deve arrivare domani, dalla direzione del Pd. E che sia un no, in queste ore ormai sembra una certezza.

«Unità unità unità»

Eppure il Pd predica di stare uniti. Venerdì scorso a Cagliari il senatore Marco Meloni, già braccio destro di Enrico Letta, ha convocato un’assemblea, presente il quartiere generale del Pd sardo, qualche collega parlamentare e il capogruppo a palazzo Madama, Francesco Boccia. È stato Boccia a lanciare l’appello all’«unità, unità, unità. Se non rimarremo insieme, sarà impossibile vincere alle regionali». C’era Todde, anche se per evitare incidenti in molti hanno evitato di alludere alla sua candidatura già in tasca. Non Meloni: «Dobbiamo tenere unita l’alleanza. E, lo dico a titolo personale, Alessandra Todde potrebbe essere un’ottima candidata».

Ne è convinta anche lei, naturalmente. Anche se senza troppa diplomazia ha spiegato che «è il momento che la politica sia responsabile e decida chi candidare alla regione, altre strade sarebbero scorciatoie». Il Pd ha già rinunciato alle primarie, ma considerare i tentativi di mediazione “scorciatoie” non è precisamente un complimento per chi ci sta provando. E non è un grande inizio per una candidata che dovrebbe avere più di tutti l’interesse a non spaccare il fronte.

Anche perché in quello stesso momento Soru teneva un altro incontro elettorale, nella stessa Cagliari. Affollata la platea di qua, affollata quella di là: una coincidenza, o forse la rappresentazione plastica del destino di divisione. Se resistibile o irresistibile, si saprà nelle prossime ore.

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