Ogni giorno che passa, la proposta di revisione degli interventi del Pnrr e riallocazione delle risorse presentata dal ministro Fitto appare sempre più inadeguata.

Quello che è oramai evidente dalla reazione dei governatori delle Regioni, senza differenze di colore politico, e dei sindaci di grandi e piccoli Comuni è che nessuno è stato coinvolto in un processo durato mesi e che ha portato a cancellare interi programmi di finanziamento.

Nell’intervento in Parlamento di martedì, il ministro ha provato a rassicurare tutti ma ha di fatto peggiorato le cose. L’unica certezza è che nel documento approvato dal governo sono stati cancellati interi programmi di intervento senza alcuna analisi sulla situazione dei progetti che motivi la decisione. Nelle periferie di Roma, Palermo, Napoli e Bari sono già assegnati appalti finanziati da programmi di riqualificazione che verrebbero cancellati. Legati allo stesso destino di altri la cui progettazione non è mai partita.

Per la rigenerazione urbana, l’inclusione sociale e l’efficienza energetica dei Comuni complessivamente sono stati cancellati 11,8 miliardi di interventi, suddivisi in tre programmi. Viene da chiedersi come sia possibile che tutti i progetti siano nelle stesse condizioni e impossibilitati a chiudere i cantieri entro il 2026.

Il ministro ha detto di aver parlato e rassicurato i sindaci, a questo punto deve fare marcia indietro. Stessa situazione vale per la gestione del rischio alluvioni e la riduzione del rischio idrogeologico.

Possibile che tutti i progetti siano irrealizzabili? Il ministro ha promesso ai Comuni che potranno accedere a risorse di un nuovo programma per «Interventi per l’efficientamento energetico sugli immobili pubblici» per 3,6 miliardi di euro di finanziamenti. Ma non si capisce come per questi interventi si possa rispettare la scadenza prevista dal Pnrr, se non si conosce neanche quali progetti potranno accedere ai finanziamenti di un programma che, come scritto nel documento, dovrà essere ancora presentato e approvato con apposito Dpcm.

Il confronto

Dobbiamo augurarci che la discussione parlamentare sul “nuovo” Pnrr continui e inchiodi il ministro alla responsabilità di dettagliare la situazione dei progetti per ognuno dei programmi cancellati. E che porti a una marcia indietro rispetto alle situazioni dove ci sono gare pronte o assegnate, progetti pronti a partire, perché altrimenti si aprirebbe uno scontro senza precedenti tra organi dello stato che coinvolgerebbe anche la commissione europea.

La reazione dei costruttori dell’Ance è comprensibile, chi rimborserà le imprese per progetti finanziati da risorse europee, confermate da piani nazionali e provvedimenti conseguenti? Chi si occupa di appalti è il primo a sapere che non sta in piedi la promessa che quei finanziamenti siano recuperati attraverso i fondi europei di coesione, perché hanno altre regole, tempi, condizioni di accesso.

L’impressione è che in questi mesi Fitto sia stato chiuso nel ministero a decidere cosa fare senza alcun confronto sui problemi, senza alcuna volontà di entrare nel merito di un elenco enorme di interventi, con mille difetti, ma che aveva anche elementi molto positivi di innovazione.

È particolarmente grave quanto avvenuto perché questo passaggio di verifica era importante anche per capire cosa aveva funzionato e cosa si era bloccato nel portare avanti un programma senza precedenti. Un Paese come l’Italia avrebbe più che mai bisogno di valutazioni trasparenti e indipendenti, come si fa negli altri Paesi europei, per capire quale tipo di supporto è mancato e dove occorreva intervenire. Ad esempio, del perché programmi così importanti per le periferie e le aree interne, per la valorizzazione di beni confiscati alle mafie siano naufragati. Chiedere al ministro conto di questa analisi dovrebbe essere responsabilità del Parlamento a prescindere dai colori politici.

La vaghezza dei progetti

Ora si apre una stagione in cui il governo Meloni non potrà più incolpare Draghi dei problemi ereditati. Dovrebbe essere nell’interesse del ministro Fitto presentare un’analisi della situazione dei programmi confermati e fornire informazioni complete su quelli nuovi, per evitare che le risorse vengano sprecate e che si pensi che le decisioni siano state prese sulla base di criteri quanto meno opachi.

Basti ricordare il ritorno dei finanziamenti per le infrastrutture del gas, ortogonali a qualsiasi strategia di decarbonizzazione, o le nuove risorse per le imprese. In particolare, per l’edilizia occorre fugare ogni dubbio rispetto alla possibilità che si sia davvero pronti a chiudere i cantieri entro il 2026, come previsto dalle regole di Next Generation Eu, per il nuovo programma di Ecobonus per gli immobili privati, a cui sono destinati 4 miliardi di euro. Nel documento si fissano obiettivi condivisibili: saranno incentivi fiscali riservati ai redditi bassi, famiglie a rischio povertà energetica e giovani.

Ma si rimanda a un provvedimento specifico da approvare. I problemi saltano immediatamente agli occhi, come si tiene assieme in un condominio questo incentivo con quello, più basso, per le altre famiglie? Non è scontato che si riesca a convincere famiglie e imprese ad essere coinvolte in situazioni così complesse, in un quadro di tassi di interesse alti e con decisioni da prendere in fretta, anche qualora per gli incapienti fosse ripristinata la cessione del credito. Ma ora sono decisioni pienamente nella responsabilità del governo Meloni rispetto al fallimento o meno del Pnrr.

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