Questa è la triste storia di un’operazione commerciale mescolata confusamente ad un’iniziativa benefica, una di quelle storie che sarebbero passate solo per un’azione buona, pensata da gente buona e sostenuta da utenti ancora più buoni e invece è molto altro.

Pandoro griffato

Partiamo dall’inizio. Ai primi di novembre l’imprenditrice digitale Chiara Ferragni e l’azienda dolciaria Balocco (153 milioni di fatturato nel 2020) escono sul mercato con un prodotto natalizio, ovvero il pandoro griffato Chiara Ferragni.

Nulla di strano, dal momento che in questi anni Chiara Ferragni ha brandizzato qualunque cosa, a parte forse le vernici per cancelli e i cumulonembi.

Il pandoro ha un fiocco rosa, una bustina di zucchero a velo rosa e uno stencil che riproduce sulla cima del Pandoro il simbolo del brand Ferragni, ovvero il celebre occhio.

L’operazione però non sembra puramente commerciale, visto che Balocco spiega subito sul suo sito che in realtà nasconde anche un intento benefico.

Sul sito si legge infatti: «Balocco presenta il pandoro Chiara Ferragni per sostenere l’ospedale Regina Margherita. La delicatezza del pandoro Balocco si unisce all’estro creativo di Chiara Ferragni. Balocco e Chiara Ferragni sostengono la ricerca contro i tumori infantili, finanziando un percorso di ricerca promosso dall’Ospedale Regina Margherita di Torino».

Inutile dire che sia la stampa che il web impazziscono. Articoli, editoriali dedicati, l’hashtag #pinkchristmas creato per l’occasione da Balocco e Ferragni, immagini del pandoro su Instagram, Twitter  e Tiktok.

Si parla soprattutto dell’importanza dell’iniziativa benefica, molti utenti sui social scrivono che compreranno il panettone per sostenere i bambini, la ricerca, l’ospedale. Che bravo Balocco, che brava Chiara Ferragni, insomma.

In molti titoli e in vari articoli la notizia viene riportata così: "Parte del ricavato andrà in beneficenza”. “I proventi saranno devoluti alla ricerca”, “Balocco e Chiara Ferragni sostengono la ricerca”, “Il pandoro di Chiara Ferragni in favore dell’ospedale” .

Il Corriere della sera edizione Torino titola “Ferragni e Balocco insieme per l’ospedale Regina Margherita. Un pandoro limite edition per sostenere la ricerca”.

Nei tweet, per esempio, si legge che «Ferragni lancia il Pandoro per una buona causa», «Criticate Ferragni ma intanto non sapete che una parte del ricavato va in beneficenza!», «Con la sua popolarità Chiara Ferragni riesce fare molte cose buone, lo dico anche se non sono sua fan» e così via.

E infine, il 24 novembre, la stessa Chiara Ferragni posta una foto sulla sua pagina Instagram con l’immagine del Pandoro e la seguente didascalia: «Questo Natale io e Balocco abbiamo pensato ad un progetto benefico a favore dell’Ospedale Regina Margherita di Torino. Abbiamo creato un pandoro limited edition e sosteniamo insieme un progetto di ricerca per nuove cure terapeutiche per i bambini affetti da Osteosarcoma e Sarcoma di Ewing. Sono davvero fiera di questa iniziativa…».

L’hashtag rivelatore 

Quando vedo questo post mi si accende una lampadina. Tra gli hashtag infatti c’è il famoso #adv che sta ad indicare che quello è un contenuto sponsorizzato. Ovvero pagato. In che modo dunque Chiara Ferragni contribuisce a questa iniziativa benefica, se è pagata immagino molti soldi da Balocco per vendere pandori?

«Parte del ricavato delle vendite del Pandoro andrà all’ospedale», direte voi. Che poi è quello che è stato riportato da moltissimi siti e giornali, è quello che hanno capito in tanti sui social ed è quello che avevo capito anche io, a dirla tutta.

In effetti però, a rileggere le poche righe ufficiali di Balocco sul sito mi accorgo che la faccenda non è chiarissima.

Da nessuna parte l’azienda specifica in che modo sia collegata la vendita del prodotto alla donazione.

Si dice “Balocco e Chiara Ferragni sostengono la ricerca contro i tumori infantili, finanziando un percorso di ricerca blabla”. Fine.

Non una parola su ricavi e percentuali. Mi accorgo che sui social qualcuno comincia a domandarsi quanto andrà in beneficenza e quanto resterà all’azienda e che la scarsa trasparenza nella comunicazione desta qualche perplessità.

Chiara Ferragni inizia poi a pubblicare alcune storie su Instagram in cui dichiara, tra le altre cose, di regalare il pandoro anche al suo team. E anche lì appare l’hashtag #adv. Insomma, Balocco ha chiuso un accordo commerciale con Chiara Ferragni, è certo.

A questo punto decido di togliermi il dubbio e contatto al telefono l’ufficio stampa Balocco, che mi fornisce una spiegazione sconcertante: «Non c’è una diretta proporzione tra il numero di pandori venduti e la quota che viene destinata al progetto. Ferragni e Balocco hanno deciso insieme il destinatario della donazione e Balocco ha fatto una donazione al Regina Margherita.  Poi detta tra noi si è voluto sottolineare la sinergia di intenti tra i due soggetti ma a tutti gli effetti è una donazione di Balocco».

A questo punto chiedo quale sia la sinergia di intenti, visto che mi sembra sia soprattutto quella di vendere. «Chiara Ferragni ha un suo compenso da Balocco, è un progetto commerciale, poi se lei nel privato ha donato qualcosa non lo so», mi viene spiegato. Domando quindi quale sia l’entità della donazione. «Non lo sappiamo». In pratica Balocco non sa quanto doni Balocco.

Potenza mediatica 

E quindi, alla luce di queste informazioni, mi domando che legame ci sarebbe tra il pandoro, Chiara Ferragni, questa campagna e la donazione dell’azienda che nulla c’entra con l’influencer e con le percentuali di vendita del Pandoro. Balocco poteva donare e basta, a questo punto.

«Il progetto con Chiara Ferragni ha grande potenza mediatica e quindi il progetto ne giova, se avessero donato la stessa cifra senza questa risonanza mediatica, non avrebbero dato la stessa luce a una raccolta fondi e a una sensibilizzazione». Replico che non mi risulta ci sia una raccolta fondi legata al progetto.

«No, però magari leggo la notizia di Ferragni che collabora con Balocco per il Pandoro e il prossimo anno faccio qualcosa anche io per l’ospedale».  La mia perplessità aumenta.

Resta solo una domanda, semplice: «Come è legata la donazione al progetto, quindi?». «Non glielo so dire, ci sarà scritto nel carteggio (?) del panettone e nel sito».

Insomma, non è possibile capire quasi nulla, neppure a quanto ammonti la donazione nonostante l’iniziativa benefica sia stata sponsorizzata su tutti i media per un mese e mezzo.

«Guardi, la polemica è molto sterile. (…) Io ho avuto moltissimi veti dall’ufficio stampa non di Balocco ma dal team di Chiara Ferragni, anche avere un comunicato non è stato facile».

La versione dell’ospedale  

Chiamo Pierpaolo Berra, l’ufficio stampa dell’ospedale Regina Margherita di Torino a cui è destinata la donazione che, secondo l’ufficio stampa Balocco, sarebbe stata già fatta, tra l’altro. Chiedo se mi può spiegare in cosa consiste la donazione di Balocco all’ospedale.

«Ho letto dell’iniziativa ma non l’ho seguita in prima persona. Dal punto di vista mediatico è partita da Balocco, non da noi». Spiego che vorrei conoscere l’entità della donazione.

«Io immagino che visto che in base alla vendita dei pandori raccoglieranno dei soldi che poi vengono dati in beneficenza all’ospedale ancora non si sappia…». Lo blocco. Spiego che non è così, ma la sua osservazione racconta molto bene quanto l’equivoco sia ormai ben radicato nella mente di chiunque abbia sentito parlare di questa “sinergia” Ferragni/Balocco/Pandoro.

A quel punto Berra si scusa - «chiedo venia, ho capito male»-  e mi invita a telefonare alla dottoressa Franca Fagioli che ha seguito direttamente il progetto come ospedale. Mi dice che «lei è un po’ la factotum del regina Margherita».

In effetti è anche colei che ha parlato del progetto di ricerca legato a Balocco al Corriere della sera. Penso dunque che sia la persona giusta per sapere almeno a quanto ammonti la donazione.

La raccolta fondi che non c’è

La dottoressa Fagioli appare inizialmente molto gentile. «La donazione non è ancora avvenuta perché riceveremo la cifra alla fine di questa campagna di raccolta fondi con la vendita di questo pandoro».

Raccolta fondi? Con la vendita del pandoro, per giunta? Capisco che è male informata anche lei. «Abbiamo presentato un progetto a Balocco in cui chiedevamo della strumentazione per la ricerca nel settore dei sarcomi e loro hanno proceduto con questa campagna di comunicazione», specifica.

  A questo punto chiarisco che però questa campagna non è una raccolta fondi, qualcuno ha capito invece che più si vende il pandoro e più viene donato, anche lei e il loro ufficio stampa a quanto pare. «Sì, prima vendono e poi mi donano», replica la dottoressa. Ribadisco alla dottoressa che non è così.

Inizia a innervosirsi. «Ma lei con chi ha parlato? Chi le ha detto questa cosa?». Rispondo che ho parlato con l’ufficio stampa di Balocco, che è principalmente un’operazione commerciale, che Balocco non donerà una percentuale del ricavato dalla vendita ma farà una sua donazione.

«Lei va su un terreno in cui non voglio andare, la famiglia Balocco è degna di ben altro che di questo giro di parole che mi sta facendo. Su questa strada non mi porta, l’ufficio stampa di Balocco non può averla portata su questa strada, lei vada pure dove vuole».

La dottoressa è partita per la tangente, non ascolta più. «Lei è faziosa, scriva quello che vuole e non mi citi neanche», mi dice seccata.

Insomma, non le interessa capire l’opacità della comunicazione intorno a questa campagna che la riguarda direttamente e che lei chiama erroneamente “raccolta fondi”.

E se fin qui la sua reazione può essere lecita, anche se incomprensibile, quello che mi dice dopo lo è meno (lecito). A domanda «A quanto ammonterà più o meno la donazione relativa al progetto da lei presentato?» mi risponde seccata «Lo chieda all’ufficio stampa di Balocco».

Rispondo che mi hanno risposto che non lo sanno. «E allora facciamo così: neanche io!» e mi attacca il telefono in faccia.

In realtà, per una semplice questione di trasparenza, l’ospedale sarà tenuto a specificare l’entità della donazione, ma la dottoressa-factotum Franca Fagioli evidentemente ritiene di poter tacere informazioni di questo genere, di fonte a qualche domanda che non le piace.

L’equivoco reputazionale

La conclusione è che questa operazione è un gigantesco equivoco generato da una comunicazione insufficiente da parte dell’azienda e di Chiara Ferragni e da un intento evidentemente commerciale mescolato maldestramente a un’iniziativa benefica. Il risultato è un’ottima operazione commerciale per Chiara Ferragni (perché ha chiuso un remunerativo contratto con Balocco), ma soprattutto reputazionale, perché un accordo con compenso è scambiato da molti per una generosa opera di beneficenza.

Insomma, in molti, perfino nell’ospedale in questione, sono convinti che più Pandori compreremo e più faremo del bene ai bambini malati di tumore.

Resta da capire, visto che non è così, perché Balocco non abbia semplicemente fatto una donazione all’ospedale senza panettoni rosa e influencer usati come immagine per una campagna che di fatto ha uno scopo commerciale.

O meglio, non c’è molto da capire. Con Chiara Ferragni Balocco ha venduto di più e ha avuto un bel ritorno di immagine. Peccato che questa ambiguità di fondo nel mescolare la beneficenza a un’operazione commerciale sia una mossa un po’ troppo opaca.

E per spiegare quanto opaca sia, vi regalo un’immagine: quella della plastica del Pandoro dopo averlo agitato nella busta con lo zucchero a velo dentro.

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