La direzione sulla sconfitta «non catastrofica»

Il Pd non si scioglie, ma è l’unica cosa su cui sono tutti d’accordo

LaPresse
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  • Dura dieci ore l’autocoscienza di un gruppo dirigente che si guarda allo specchio: manca la credibilità, non si sa «da che parte stiamo nel conflitto sociale». Congresso entro marzo, il rischio che un altro giro di gazebo non risolva nulla.
  • Letta spiega «il film» delle alleanze: «Il nostro modello era il 2006, non ci siamo riusciti perché abbiamo avuto interlocutori che non volevano stare insieme». Ora faranno opposizione «intransigente, costruttiva e non consociativa». E se il governo della destra cadrà «non chiederemo governi di salvezza nazionale». Promessa ardua, visti i precedenti.
  • Andrea Orlando: «Dobbiamo dire da che parte stiamo nel conflitto sociale. Se nel tuo stesso campo c’è uno che incarna quel sistema e un altro che lo contrasta, non sei credibile». Gli aveva già risposto Alessandro Alfieri, portavoce di Base riformista: bisogna «archiviare la stagione dell’antirenzismo e del renzismo».

Il Pd non si autoscioglie né cambia simbolo, se c’è una cosa su cui il gruppo dirigente è unito è questa. Ma è l’unica. La dice Enrico Letta nella relazione, che nella migliore tradizione dell’unanimismo è approvata da tutti (un contrario e due astenuti), e subito dopo la scolpisce il saggio Luigi Zanda: «Pensare allo scioglimento è un delitto politico molto grave. Il Pd resta indispensabile». Letta propone un congresso entro marzo, richiesta dell’ala riformista, ma che sia «straordinario», c

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