Il Pd e segnatamente la sua segretaria hanno avuto un positivo riscontro da parte della piazza nella loro manifestazione di sabato scorso. Folta la partecipazione, caldo il clima, centrata la piattaforma.

Non era scontato, se si considerano due circostanze: l’assedio politico-mediatico cui è sottoposta la Schlein sin dal suo insediamento e la tradizionale litigiosità interna al suo partito, che finalmente sembra conosca una tregua. Su questa base si deve procedere al fine di costruire - per riprendere criticamente lo slogan di piazza del Popolo - l’alternativa che in realtà ancora non c’è. Come? Non limitandosi a giocare di rimessa. A replicare, come è giusto, colpo su colpo ma subendo l’agenda del governo.

Onestamente, non si può sostenere che, al riguardo, nulla si sia fatto. Penso a salario minimo, sanità, scuola, casa. Si dovrebbe aggiungere il fisco, che è tra i capisaldi del patto sociale, materia cruciale per chi pone ai vertici della propria agenda il welfare universalistico e il contrasto alle disuguaglianze. Tanto più a fronte di un debito pubblico che si va facendo insostenibile. E iscrivendo tali priorità programmatiche dentro la visione di un’altra Italia rispetto a quella delle destre che ci governano. Ovvero un paese più civile, più giusto, più aperto all’Europa e al mondo. Soprattutto un paese più coeso che le destre si adoperano attivamente a dividere.

Facile a dirsi, difficile a farsi. Forse meriterebbe raccogliere un suggerimento avanzato da Romano Prodi. A cadenza mensile, il PD potrebbe organizzare un incontro online aperto a tutti su questioni, opportunamente selezionate, e segnatamente quelle abitualmente oggetto delle conversazioni in famiglia, tra gli amici, nei circoli ricreativi. Un incontro condotto dalla stessa Schlein, cui chiamare a rispondere un manipolo di interlocutori autorevoli – per competenza, esperienza e affinità politico-culturale – incontri dislocati in località evocative del tema in discussione, a conclusione delle quali operare una sintesi mirata, così da comporre in progress una bozza di programma per l’alternativa. Del PD ma oltre il PD. Se non il PD, con quel che residua della forma-partito, chi altro lo può fare? Esemplifico: a Milano su industria e innovazione, a Brescia sull’educazione, a Padova su volontariato e terzo settore, a Firenze sulla cultura, a Napoli sul mezzogiorno, a Palermo sull’immigrazione.

Una proposta semplice che – non è un mistero – richiama alla memoria l’esperienza del pullman con il quale Prodi, circondato da ancor più scetticismo dell’establishment e dei professionisti della politica, girò l’Italia prendendo contatto con il paese reale e raccogliendo così i materiali utili al programma dell’Ulivo. Una rivisitazione di quella esperienza, con il vantaggio di potersi avvalere oggi della rete web all’epoca non disponibile. Compreso il costo limitatissimo dell’operazione.

Qualcosa di simile, opportunamente pensato ed elaborato, risponderebbe a molti obiettivi. Tra i quali: un bagno nei problemi delle persone e delle comunità volto a correggere gli approcci politicisti e il cosiddetto “riformismo dall’alto”; la scommessa dichiaratamente alternativa al modello Meloni che esplicitamente muove dall’idea distorta che i partiti siano non già uno strumento di partecipazione per i cittadini ma un ingombro che inibisce il rapporto diretto tra leader/premier e popolo-massa (si veda l’interrogativo infantile e truffaldino “i governi volete sceglierli voi o farli decidere ai partiti?”); la plastica dimostrazione che, se convocate, è possibile chiamare a raccolta intelligenze e competenze decisamente più numerose e qualificate di quelle di cui dispongono la donna sola al comando e il suo angusto e mediocre entourage familista; una proposta, quella del Professore, che giova altresì al fine di mostrare come lo spirito unitario degli elettori del PD e più latamente del campo progressista è più vigoroso e maturo di quanto non lo sia nei gruppi dirigenti dei partiti di quel campo, che spesso resistono ai processi unitari per calcoli legati propria sopravvivenza.

Avendo vissuto dall’interno la stagione dell’Ulivo allo stato nascente, posso testimoniare che, senza il moto dal basso dei Comitati per l’Ulivo, anche allora, i particolarismi dei gruppi dirigenti dei partiti avrebbero pregiudicato l’impresa. Dentro le nuove coordinate e certo riprendendola in termini creativi, quella lezione unitaria vale ancora oggi.

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