Otto giorni fa aveva scritto una lunga lettera ad Enrico Letta. Nessuna risposta. Al massimo un «vedremo». Ora Nicola Irto dice basta, me ne vado, caro Letta trovati un altro candidato. Con queste parole Irto (39 anni) manda in frantumi Pd calabrese e centrosinistra. Forte di un pacchetto di voti considerevole (13mila preferenze), era il candidato scelto tre mesi fa dal Pd per tentare di strappare il governo della Regione al centrodestra. «Novanta giorni vissuti nella più totale indifferenza del partito, sia romano che calabrese», dicono i suoi fedelissimi.

L’ultimo colpo le primarie, proposte dalla sottosegretaria al Sud del Movimento 5 stelle, Dalila Nesci, e subito accettate dai vertici dem. Anche dallo stesso Irto. «Nicola ha fatto buon viso a cattivo gioco – confessa uno dei suoi consiglieri – ma era chiaro fin da subito che le primarie le ha vissute come una sostanziale sconfessione della sua candidatura». Sono lontani i tempi degli endorsement di Nicola Zingaretti e di Nicola Oddati. Un coro: «Irto è il miglior candidato per battere destra e populismi». Tutto saltato in aria.

Con un post facebook e una intervista a Susanna Turco (“Espresso”), Irto non cela la sua amarezza e non risparmia critiche al suo partito. «Rinuncio e chiedo a Enrico Letta di trovare una soluzione per non continuare a svilire la dignità degli elettori in Calabria». Dove il partito, è il ragionamento dell’ex presidente del Consiglio regionale ai tempi del centrosinistra al governo della Regione,  «è dominato da troppi feudi».

I feudi

Nessun nome, al Nazareno conoscono bene la geografia del potere dem tra la Sila e lo Stretto. Piccoli e grandi feudatari, aggiunge Irto, «che giocano a fare gli strateghi per garantirsi una poltrona». Mentre è sempre più necessario costruire «una comunità aperta», perché «non possiamo solo pensare con chi ci alleiamo: il Pd deve dire cosa vuole fare se vuole parlare agli elettori».

Giudizi e analisi sullo stato del partito già scritti dettagliatamente nella lettera mandata ai vertici nazionali dem. Che descrivevano senza fronzoli la situazione di un Pd con cinque federazioni commissariate, pezzi del partito che fanno trattative sotterranee col centrodestra, altri che trattano con un Movimento Cinque stelle dove non c’è un capo e una leadership riconosciuta.

La risposta di Letta

Una bomba che mette in ginocchio il Partito democratico nell’unica regione che in autunno andrà al voto. In tarda mattinata arriva la risposta di Enrico Letta. Il segretario dem conferma la sua fiducia a Irto, «giovedì Francesco Boccia sarà in Calabria per arrivare a una decisione, non si può andare oltre questa settimana». Parole che non frenano la resa dei conti nel Pd. Da una parte il vicesegretario Peppe Provenzano, accusato di strizzare l’occhio a de Magistris e alle “sardine”, dall’altra l’eurodeputata Pina Picierno. È il caos totale che si riflette anche nell’alleanza giallo-rosa, con i Cinquestelle che puntano le loro carte sulle primarie. Senza parlare di Italia Viva che ha già un suo candidato, l’ex segretario regionale del Pd Ernesto Magorno, e tre liste pronte. Ma i ben informati dicono che il partito di Renzi potrebbe tentare la strada dell’alleanza col centrodestra.

In Calabria i vertici dem volevano fare come a Napoli: blindare l’alleanza con i Cinque Stelle, per poi costruire una coalizione ampia. Ma Catanzaro (il  capoluogo sede della giunta regionale) non è Napoli. Qui il movimento di Grillo è balcanizzato. Se la sottosegretaria Nesci impone le primarie al Pd e vuole candidarsi, c’è qualcuno che nel suo stesso fronte dice no, ci sono anch’io. Carmelo Massimo Misiti, chirurgo e senatore pentastellato.

Tanti galli in un pollaio

C’è poi il mistero sulle mosse che farà Nicola Morra, senatore e presidente della Commissione antimafia, asserragliato nel suo piccolo bunker cosentino. Fu grillino antemarcia, ora è fuori dal Movimento e ha fondato un suo piccolo partito. Stesso scenario nel Pd, dove, stando ai rumors interni, non escluderebbe una sua candidatura il senatore Antonio Viscomi. Tanti galli in un pollaio troppo stretto.

L’incubo del Pd si chiama Luigi de Magistris. Da mesi il sindaco di Napoli è in campagna elettorale, forte delle sue liste (frutto di accordi con il civico Carlo Tansi, i meridionalisti e la sinistra), gira e piazza candidati della società civile. Il nome che scuote l’elettorato piddino è certamente quello di Mimmo Lucano e della sua lista “Calabria resistente e solidale”. I sondaggi in mano al Pd nazionale non raccontano nulla di buono: danno la destra (che non ha ancora un candidato ufficiale e condiviso) al primo posto, la coalizione di de Magistris al secondo e il partito di Letta al terzo.

Una sciagura per i dem che vedrebbero un polo civico e con forti connotazioni di sinistra, conquistare la leadership dell’opposizione. «Mi pare il miglior modo per regalare a de Magistris il ruolo di leader di una opposizione meridionale. Un bell’affare davvero», è il commento di un dirigente Pd calabrese. Dal canto suo il sindaco con aspirazioni da governatore sembra mostrarsi indifferente ai tormenti del centrosinistra. «L’ho detto subito e lo ripeto, non sono interessato alle primarie. La mia coalizione parla ai calabresi che vogliono cambiare, ai delusi che non vanno a votare, e che sono il 60 per cento. I giochi di palazzo li lascio ad altri».

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