La proposta di Elly Schlein, ovvero utilizzare le risorse del Pnrr per il dissesto idrogeologico, «tecnicamente non sta in piedi». Con parole tranchant ieri il ministro dell’Ambiente Alberto Pichetto Fratin, da Rai Uno, ha rotto quella che per sei giorni, dall’inizio dell’alluvione nella Bassa Romagna, aveva l’apparenza di una pax meloniana. O quantomeno di una moratoria delle polemiche fra avversari politici. Dall’inizio l’opposizione ha silenziato ogni critica: a partire dal presidente dell’Emilia Romagna Stefano Bonaccini, impegnato H24 nell’emergenza, che ha accolto i ministri e parlato di armonia con palazzo Chigi («Stiamo lavorando come un sol uomo»). Bonaccini oggi sarà ricevuto dalla premier a Roma, dopo aver finalmente (e tardivamente) ricevuto la delega di commissario all’alluvione nelle province della Romagna. E aver incassato il primo dei decreti che stanziano finanziamenti per l’emergenza.

In perfetta sintonia con Bonaccini, anche la segretaria del Pd, nonché sua vicepresidente fino a pochi mesi fa, ha tenuto il low profile. Quella regione è casa sua; emiliani sono i due uomini-chiave della segreteria dem: bolognese è il capo dell’organizzazione Igor Taruffi, che in regione è assessore al Welfare, alla montagna e alle aree interne; di Carpi, nel modenese, è Davide Baruffi, responsabile enti locali ma anche sottosegretario alla presidenza della giunta e braccio destro di Bonaccini.

Schlein è a Bologna da venerdì scorso. Non ha cercato una foto fra i volontari che spalano fango «per non intralciare il loro lavoro», viene spiegato. Dopo una riunione di segreteria convocata solo sul tema degli aiuti alla Romagna, ha offerto una mano al governo e avanzato una proposta, appunto quella di convertire una parte dei fondi Pnrr. La proposta che ieri è stata respinta in malomodo da Pichetto Fratin.

Secondo le voci di dentro del Pd, che però si sfilano dalla polemica aperta proprio per rispettare la tregua e non compromettere i rapporti fra Bonaccini e Palazzo Chigi, la replica di Pichetto non è solo un gratuito sgarbo. La verità, viene spiegato, è che se il Pd ha offerto la dovuta concordia nazionale a fronte del disastro in Romagna, la destra non ha ricambiato la cortesia istituzionale. Anzi. A supporto di questa tesi viene esibita la rassegna stampa degli attacchi quotidiani contro Bonaccini e la stessa Schlein, attacchi condotti in questi giorni dalle testate vicine alla maggioranza che accusano i due di aver cementificato la regione e essere i responsabili dei danni delle alluvioni.

«Bufale» secondo Bonaccini, intervistato dal Corriere: «Abbiamo già stoppato nuove pianificazioni urbanistiche per oltre 11mila ettari di suolo, con la previsione di depianificarne altrettanti. Si tratta di una cura dimagrante senza precedenti» Resta che il rapporto Ispra (l’Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale) sul Consumo di suolo, edizione 2022, colloca l’Emilia-Romagna quarta, dopo Lombardia, Veneto e Campania. E i lettori di Domani ricordano che a fine 2020 la giunta regionale aveva proposto una legge sulla «riqualificazione delle strutture ricettive alberghiere e la rigenerazione urbana degli ambiti a vocazione turistica» che, secondo il leader verde Angelo Bonelli conteneva «un vero condono edilizio». In un articolo ritirato dopo la denuncia rilanciata dal nostro giornale.

La destra rimesta nel fango

Ma il fatto è che la destra di governo, nelle sue tre sfumature di negazionismo climatico – Fdi, Lega, Fi – non ha le carte in regola per accusare la sinistra di finto ambientalismo. E invece attacca un avversario costretto dagli eventi a mantenere «un profilo pragmatico, come è dovuto per rispetto ai romagnoli», per dirla con il senatore Antonio Misiani. Che, con toni bassi, si limita a commentare le parole di Pichetto Fratin: «Sono stati loro a parlare di revisione di Pnrr. Anzi il ministro Fitto in sostanza dice che Pnrr va buttato via e riscritto perché l’Italia è e rimarrà non in grado di realizzare i progetti del Piano».

Ma nell’atteggiamento della destra di governo c’è qualcosa di più. Lo si è intravisto nella visita di Giorgia Meloni in Romagna, di ritorno (anticipato, ma non troppo) dal G7 in Giappone. Una visita in «sordina», secondo lei, ma con fotografo ufficiale al seguito. La destra non rinuncia affatto a tentare una partita di consenso a danno degli amministratori. Qualche esempio si vede anche scorrendo le foto che arrivano dalle zone in emergenza. In molte inquadrature spunta il bolognese Galeazzo Bignami, in tenuta da volontario e in posa da angelo del fango. Quel Bignami che come viceministro alle infrastrutture non ha fin qui lasciato tracce memorabili di sé, ma nel suo album fotografico altre indimenticabili istantanee. La più famosa è il ritratto in tenuta da nazista, datato 2016 («una festa di addio al celibato, una goliardata tra amici», fu la sua spiegazione). Guarda caso, nell’ora più buia della regione, di lui si parla come papabile futuro candidato presidente.

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