A meno di un mese dalle elezioni nel nostro paese il tasso di affidamento nei confronti della politica non brilla. Anzi, la fiducia è un terreno arido da tempo, un albero dalle radici poco profonde e rinsecchite. La sua carenza coinvolge molteplici aspetti e soggetti ed è un problema, visto che è uno dei beni collettivi più alti ed è indispensabile per una società. È essenziale per affrontare i momenti difficili, le crisi, le fasi di caduta e di pressione come quelli attuali indotti dalla pandemia, dalla guerra in Ucraina, dallo scatto inflattivo e dalla pressione sul prezzo del gas.

Bassi tassi di fiducia sono un costo, un tarlo negativo e pernicioso, per qualunque società, ancor di più per quella modernità liquida (in permanente stato trasformativo e contrassegnata dalla fluidificazione di valori e strutture) in cui viviamo e di cui ci ha parlato il sociologo polacco Zygmunt Bauman.

La mancanza di fiducia porta con sé, anzi alimenta, una mentalità “win-lose”, io vinco-tu perdi. Essa nutre, sia da un punto di vista politico sia da quello sociale ed economico, modalità di reazione ai problemi e alle difficoltà che riducono la velocità di risposta, la possibilità di raggiungere concretamente dei risultati, nonché la propensione a cercare progettualità volte al bene comune, al rafforzamento e consolidamento della comunità e della società.

Fidarsi di nessuno

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Un primo tema è quello relativo all’insediarsi di un pericoloso sentimento di diffidenza generalizzata. Il 65 per cento delle persone concorda con quanti affermano: «Non mi fido più di nessuno, né delle banche, né delle imprese né degli imprenditori. Tutti cercano di fregarmi». Una dimensione che è minore solamente tra i giovani (56 per cento), mentre cresce addirittura al 71 per cento tra gli over cinquantenni.

Nel confronto tra i diversi territori del nostro paese, la presenza di sentimenti di sfiducia generalizzata è forte nelle Isole (79 per cento), ma permane intorno al 60 per cento in tutte le altre aree della penisola. Lungo la piramide sociale italica, i maggiori tassi di fiducia albergano nei ceti economicamente più solidi (50 per cento nel ceto medio), mentre lo scoraggiamento attanaglia i segmenti sociali più deboli e la sua presenza cresce in modo proporzionale allo scendere della scala sociale.

Le pulsioni orientate al «tutti cercano di fregarmi» sono al 69 per cento nel ceto medio-basso e addirittura all’81 per cento nei ceti bassi e popolari. Dati che, in questa fase pre-elettorale, alimentano pulsioni politiche astensioniste o orientano verso i partiti avvertiti come maggiormente anti-sistema, di rottura.

Distanti dai politici

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Il deficit di fiducia nel nostro paese è una dimensione pervasiva e coinvolge i partiti, le élite imprenditoriali e tecnocratiche, nonché chi sta al governo, a prescindere dal colore politico. Rispetto alle forze politiche, l’84 per cento degli italiani ritiene che i «partiti e i politici non si preoccupino delle persone comuni».

Un dato che sale all’89 per cento nel ceto medio-basso. Duro è anche il giudizio nei confronti degli esperti e dei tecnocrati. Il numero di persone che ritiene «gli esperti in questo paese» lontani e non in grado di capire «la vita delle persone come me» si attesta sulla quota del 76 per cento. I livelli di diffidenza verso le élite culturali ed economiche sono al massimo nel ceto popolare (87 per cento) e nel ceto medio-basso (83 per cento); tra gli over 50 anni (80 per cento) e tra i residenti al sud (79 per cento).

Ricostruire la fiducia

Il sociologo tedesco Niklas Luhmann, nel suo libro sui sistemi sociali, assegna al tema della fiducia un significato di ampia portata. Per l’autore dare fiducia corrisponde ad aumentare «il potenziale di azione, disponendo di un margine maggiore di combinazioni e conseguendone una più elevata razionalità comportamentale».

La fiducia è un tratto essenziale per affrontare periodi di crisi complessiva (sociale, economia e individuale) come quella che stiamo vivendo. Essa getta le fondamenta per incentivare la collaborazione tra le persone, la ripresa relazionale, la rigenerazione economica e la tenuta sociale.

Oggi la vera sfida per il futuro che deve affrontare un leader di partito come un membro del governo, un imprenditore come un brand, un’associazione come ogni singola persona, è quella di investire sulla fiducia. Non ci potrà essere ripresa economica dell’Italia, né rinascita sociale, né crescita per marchi e brand, se non ci sarà una palingenesi del senso di fiducia. Citando le parole dello scrittore americano Stephen M. R. Covey, dobbiamo essere coscienti che oggi più che mai, di fronte a tutto quello che sta accadendo, è importante, anzi fondamentale, che le persone, le imprese, la politica creino, ricostruiscano, trasmettano fiducia a tutti i livelli. Un buon monito per tutti i partiti per il rush finale di questa competizione elettorale.

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