Il debutto difficile di Telemeloni, che riguarda sia intrattenimento che approfondimento, rischia di danneggiare a lungo termine il servizio pubblico. La prima settimana dei nuovi palinsesti è stata debole: hanno sofferto soprattutto programmi nuovi ma anche alcune delle vecchie conferme di trasmissioni che avevano finora sempre assicurato una prestazione stabile.

L’informazione dei telegiornali ha invece iniziato a soffrire molto prima. I dati dell’estate hanno registrato un crollo verticale per l’informazione con l’impronta sovranista di maggior rilievo, il Tg1 e il Tg2. Le elaborazioni dello Studio Frasi sui dati Auditel nel periodo tra inizio giugno e inizio settembre segnalano un -12 per cento di audience per l’edizione del giorno del Tg2, mentre il Tg1 delle 20 perde il 3 per cento, pari in termini assoluti a 100mila spettatori.

Un dato che rischia di provocare conseguenze importanti nel momento in cui si mette in fila con quanto registrano i Tg delle emittenti private, piuttosto positivi. Le edizioni del giorno di Tg5 e TgLa7 guadagnano rispettivamente il 7,1 per cento e lo 0,9 per cento, mentre in prima serata è soprattutto il prodotto di Enrico Mentana a fare il pieno: Studio Frasi segnala il +5,2 per cento per il notiziario della rete di Urbano Cairo. Il Tg5 della sera si ferma a un +0,1 per cento.

Per inquadrare al meglio la contro-performance dei Tg delle prime due reti vale la pena ripassare cosa è andato in onda nel mese d’agosto, dalle letture estive dei politici e le interviste bordo piscina ai ministri, passando per la sfida di Elon Musk a Mark Zuckerberg che avrebbe dovuto tenersi al Colosseo. Si potrebbe attribuire la scelta dei temi al vuoto di notizie che tradizionalmente caratterizza l’estate, ma anche giovedì scorso per avere notizia dell’emergenza migranti a Lampedusa bisognava aspettare l’ottavo minuto del Tg1 delle 20.

L’edizione del venerdì non è rintracciabile su Raiplay, ma sui social non è passato inosservato il servizio dedicato alla sparatoria di Tor Bella Monaca: senza andare troppo per il sottile, sono andate in onda scene che mostrano l’uomo aggredito a colpi di pistola, poi morto, riverso per terra e i tentativi di rianimazione con cui i circostanti hanno provato a salvarlo. In ogni caso, a giudicare dai dati, scelte che non sono state premiate dal pubblico.

I programmi

LAPRESSE

Ma il discorso non vale solo per i notiziari. L’impressione, a lungo paventata da chi aveva familiarità con quella che un tempo era soprannominata TeleKabul, obiettivo prescelto dalla destra nella sua campagna di conquista di viale Mazzini, è che il tramonto della vecchia Raitre sia stata un gigantesco regalo ai privati.

La correlazione di due dati non è sintomo di causalità, ma è indiscutibile che il tipo di contenuti che gli spettatori (ed elettori) di centrosinistra potevano essere sicuri di trovare sulla terza rete per la maggior parte sono scomparsi o migrati altrove. Una circostanza che avvantaggia non soltanto La7, che da tempo proponeva una programmazione competitiva con quella di Raitre, ma anche la nuova Rete4 firmata Pier Silvio Berlusconi.

Se il debutto di Myrta Merlino registra dati inferiori alla Vita in Diretta di Alberto Matano, Bianca Berlinguer con il suo È sempre Carta Bianca regge il colpo, dopo aver aperto al 9 per cento di share ed essere scesa nella seconda settimana soltanto di un paio di punti percentuali. Il merito del calo, però, verosimilmente non è attribuibile alla concorrenza in termini di approfondimento: martedì scorso Raiuno ha trasmesso la partita dell’Italia, mentre l’unico prodotto d’informazione in onda in quel frangente, Filorosso, ha portato a casa il 2,2 per cento.

Per tutto il mese di settembre, il programma estivo (prolungato per l’occorrenza) di Manuela Moreno sarà l’unico baluardo dell’approfondimento serale (con l’eccezione di una puntata speciale di Petrolio di Duilio Giammaria andato in onda il 6 settembre), nonostante durante l'estate Filo Rosso non abbia brillato in termini di ascolti. Restano ancora in alto mare gli altri programmi del genere ideati dai nuovi vertici: per Nunzia De Girolamo il debutto è previsto soltanto per il 3 ottobre, quando Berlinguer sarà in onda già da un mese e Giovanni Floris da due settimane. Anche per il lunedì sera di Salvo Sottile è ancora tutto da definire. Ha già una squadra, ma restano questioni da risolvere su studio e costi di produzione: il programma (che a differenza di indiscrezioni circolate nei giorni scorsi non si chiamerà Gotham) non dovrebbe partire prima di novembre.

Ma anche le altre novità di approfondimento e intrattenimento del Day time faticano a decollare. Resta solido Unomattina ed è partito bene TgUnomattina, la striscia di approfondimento creata da Monica Maggioni e modificata da Gian Marco Chiocci. Ma è un dato parziale: a sfidare la rete ammiraglia ci saranno presto VivaRai2! di Fiorello sul secondo canale e Buongiorno Regione, protagonista di buone performance nella scorsa stagione, sul terzo. E poi i privati: Prima pagina Tg5 e Tg5 Mattina, oltre alla prima parte di Omnibus su La7.

Raitre soffre soprattutto di mattina: la combinazione di Agorà di Roberto Inciocchi (ex Sky) e Restart di Annalisa Bruchi fatica a imporsi, nonostante il talk mattiniero in onda da tredici anni abbia ormai una storia solida alle spalle. Nella prima settimana i risultati hanno oscillato per quanto riguarda Agorà tra il 3,3 e il 4,9 per cento di share. Restart, invece, è arrivato al 5 per cento il martedì, ma gli altri giorni ha viaggiato intorno al 3,5 per cento. Cifre non lontane (e a volte inferiori) da quelle di La7, che in quel momento della giornata manda in onda Omnibus e Coffee Break.

Ma anche Angelo Mellone, direttore del Day time, non può essere del tutto soddisfatto dell’esordio di uno dei suoi programmi di punta: La volta buona di Caterina Balivo ha registrato un dato inferiore agli ultimi ascolti di Serena Bortone, riportando il pomeriggio di Raiuno al 13 per cento a cui l’aveva raccolto l’ex conduttrice.

Se poi per la televisione un primo impatto si può già misurare, in radio si brancola ancora totalmente nel buio. Dopo la decisione dell’amministratore delegato-direttore di Radiorai Roberto Sergio di voltare le spalle al Tavolo editori radio, le discussioni sul nuovo metodo di rilevazione degli ascolti – nelle speranze di viale Mazzini uno che non penalizzi il servizio pubblico come è avvenuto finora con le telefonate ai campioni di ascoltatori – vanno per le lunghe. Nonostante la sfiducia nelle rilevazioni di Ter, il direttore di Radiouno Francesco Pionati ha però promesso di voler «risalire la china» degli ascolti registrati negli ultimi tre anni: resta da vedere come potrà valutare la sua performance.

Chi conosce bene le vicende di viale Mazzini fa notare che gli ascolti non denotano solo un problema di gradimento della linea politica (che spesso affiora ormai plateale anche nelle scelte dei giornalisti, come Bruno Vespa, che spedisce un videoeditoriale col marchio Rai a una manifestazione di Fratelli d’Italia).

Se la decisione di non proporre alternative alle idee della maggioranza continuerà a dimostrarsi problematica per i numeri, le conseguenze minacciano anche l’esistenza stessa del servizio pubblico come lo conosciamo.

Le prospettive

In un contesto in cui il finanziamento pubblico attraverso il canone è considerato da una parte della politica un fardello per il contribuente e dagli imprenditori delle reti private un tesoretto da aggredire, sbagliare palinsesti è un errore che rischia di non essere perdonabile.

La Lega la scorsa estate non ha esitato a riesumare la promessa del taglio del canone, storico cavallo di battaglia del Carroccio. Il piano non è andato in porto soltanto perché, con una manovra a tenaglia, dal ministero dell’Economia a guida leghista hanno segnalato l’insostenibilità dei conti di viale Mazzini (che si porta appresso un debito di 580 milioni di euro) e i Fratelli d’Italia appena insediati al comando non hanno voluto sentire ragioni sul flusso dei fondi in direzione servizio pubblico.

La destra ambisce a rinsaldare la propria presa su viale Mazzini l’anno prossimo, quando la governance sarà rinnovata per altri tre anni. Giusto il tempo necessario per arrivare al 2027, quando sarà ridiscussa la concessione del servizio pubblico alla Rai. Se il trend degli ascolti dovesse continuare come si preannuncia dopo la prima settimana di palinsesto autunnale, la riconferma potrebbe diventare un tema di discussione.

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