Cambio di tribunale per il secondo ricorso contro lo statuto del Movimento 5 stelle, ricorso che era stato promosso ancora una volta dall’avvocato Lorenzo Borrè e da un gruppo di pentastellati dissidenti: il tribunale di Napoli ha dichiarato la competenza del tribunale di Roma sulla decisione riguardante le delibere di approvazione del nuovo statuto e di conferma/ratifica dell’elezione di Giuseppe Conte alla carica di presidente del marzo scorso.

La richiesta di cambiare sede era stata portata avanti dal Movimento 5 stelle e, specifica Borrè, i ricorrenti non si sono opposti: «Il tribunale non ha deciso in base ad un effettivo riscontro della competenza esclusiva del tribunale di Roma, ma solo in forza della non opposizione dei ricorrenti alla traslazione del processo».

Mosse legali che celano le intenzioni di entrambe le parti. Da una parte il Movimento voleva ritardare la decisione spostando la sede, dall’altra i dissidenti sperano così di velocizzare il processo, visto che il Tribunale di Napoli per il primo ricorso non si è mai espresso.

Per il Movimento il cambio di tribunale «certifica l’uso strumentale del ricorso al tribunale di Napoli da parte dei ricorrenti», una posizione che Borrè rigetta segnalando che i ricorrenti non sono soccombenti: «Infatti il tribunale non ha deciso sulle spese del giudizio».

Il ricorso

Nello specifico questa volta a essere impugnata è la votazione dell’assemblea degli iscritti del 10 e 11 marzo e del 27 e 28 marzo scorsi, che hanno rispettivamente confermato il precedente statuto e la leadership di Giuseppe Conte. Prima di questo, c’era stato il ricorso che aveva congelato la presidenza di Conte, processo ancora oggi sospeso.

Il Movimento, dopo lo spostamento di tribunale per il nuovo ricorso, scrive: «Ribadiamo che la politica non si fa con le carte bollate ma è il frutto di processi politici democratici, processi che il M5s ha sempre promosso, incoraggiato e protetto», mentre i ricorrenti hanno da ridire proprio su quanto siano state democratiche le scelte portate avanti.

A marzo le votazioni su SkyVote erano state organizzate da Giuseppe Conte, Vito Crimi e Paola Taverna «ciascuno nella propria qualità». Ma, secondo i ricorrenti e Borrè, nessuno dei tre avrebbe avuto i poteri per convocare l’assemblea.

Inoltre, dal voto erano stati nuovamente esclusi gli iscritti da meno di sei mesi: questa regola era stata all’origine del primo ricorso, per il quale il collegio del tribunale napoletano aveva deciso di congelare la presidenza di Conte e spiegato che per escludere i nuovi membri sarebbe stato necessario un regolamento ulteriore. Fino a oggi non è arrivata nessuna decisione definitiva.

© Riproduzione riservata