L'incontro tra il presidente del Consiglio Mario Draghi ed il presidente M5s Giuseppe Conte è stato anticipato rispetto alla convocazione iniziale prevista per le 16.30. Il presidente del Movimento ha presentato una lunga serie di richieste per mantenere i grillini in maggioranza. La linea ufficiale è che i Cinque stelle sono in attesa delle risposte del presidente del Consiglio alle loro richieste, ma nei gruppi parlamentari c’è parecchia tensione. 

L’occasione per dare sfogo alla loro rabbia per essere rimasti in maggioranza sarà l’assemblea congiunta di deputati e senatori di stasera. In quell’occasione Conte proverà a spiegare perché si è posto in maniera dialogante, contrariamente alle indicazioni date dai parlamentari negli ultimi giorni. Poco prima, alle 19.15, ci dovrebbe essere un nuovo Consiglio nazionale, per informare tutti sul contenuto dell’incontro e discutere dei prossimi passi. 

Conte è di fronte a un bivio: se esce dal governo rischia ulteriori addii, compromette la sua reputazione moderata e perde la stima degli alleati del campo largo, se resta in maggioranza si attira le ire dei suoi, che, soprattutto al Senato, non sono più sotto il suo controllo. 

In un punto stampa successivo all’incontro, il leader del Movimento ha dato come scadenza per le risposte del governo il mese di luglio: «Siccome vogliamo risposte vere e risolutive non ce le aspettiamo domani mattina. È chiaro che non stiamo rinviando a dopo estate. Si tratta di giorni, sicuramente entro luglio, poi si dovrà lavorare alle soluzioni» al governo.

Mette il dito nella piaga Alessandro Di Battista, che commenta su Facebook: «Anche oggi il M5s esce dal governo domani». 

L’incontro

«Occorre un forte segno di discontinuità» ha detto Conte spiegando che in quel caso «siamo disponibili a restare». Serve un intervento per il taglio del cuneo fiscale e per sostenere le imprese e i lavoratori autonomi. «Dobbiamo approvare il salario minimo» ha detto ancora l’avvocato. Il presidente del Movimento è tornato nel colloquio col premier anche sul reddito di cittadinanza «messo quotidianamente in discussione» e sulla cessione dei crediti del superbonus. «Dobbiamo offrire a tutti i contribuenti un piano di rateizzazione straordinaria delle cartelle fiscali» ha aggiunto. Draghi, ha spiegato Conte, avrebbe chiesto del tempo per considerare le richieste. 

Sul salario minimo, nel pomeriggio si è espresso anche Beppe Grillo, dando ulteriore sostegno alla nuova battaglia identitaria del Movimento e lanciando la lotta sull’argomento con un post del suo blog.

 

«La proposta del m5s, a prima firma della nostra ex Ministro del Lavoro Nunzia Catalfo, è chiara: introdurre una sorta di test di “dignità” salariale, una soglia minima inderogabile fissata a 9 euro, e rafforzare la contrattazione collettiva “sana”, valorizzando contratti collettivi nazionali di lavoro cosiddetti “leader ”, in modo da porre fine alla proliferazione dei cosìddetti CCNL “pirata”» si legge.

Anche sulla fiducia al decreto Aiuti Conte non ha dato certezze: «Ne parleremo in riunione di capigruppo e definiremo la nostra posizione sul punto. I nostri ministri già non hanno partecipato al voto» in Cdm «per una norma del tutto eccentrica. Non siamo qui per predicare transizione ecologica di giorno e consentire nuove trivellazioni di notte».

Finora, la prospettiva più probabile appare ancora che il Movimento voti la fiducia e si astenga sul provvedimento. 

La ragione ufficiale dell’incontro, in programma originariamente per lunedì e rinviato a causa della tragedia che si è consumata sulla Marmolada, è un chiarimento sulle presunte pressioni del premier a Beppe Grillo per rimuovere l’avvocato dal Movimento di cui ha parlato il sociologo Domenico De Masi la settimana scorsa. 

Ma la situazione è tesa. Il premier ha già avvertito Conte che il governo senza i Cinque stelle cade e i partner del Pd hanno anticipato che romperanno l’alleanza giallorossa se Conte dovesse scegliere di andare all’opposizione, ma internamente i parlamentari spingono perché l’avvocato dica addio all’esecutivo. 

Durante la riunione dei capigruppo alla Camera è stato deciso di votare la fiducia sul decreto Aiuti: l’appuntamento è per domani alle 14.15. Gli ordini del giorno saranno votati entro domani sera e il voto finale avverrà lunedì. 

Il provvedimento

Ieri la situazione a Montecitorio, prima del grande rinvio della trattativa a stamattina si è fatta difficilissima. Il governo in un primo momento aveva previsto di porre la fiducia nel pomeriggio sul testo in modo da votare come da regola 24 ore dopo, in un momento successivo all’incontro tra Conte e Draghi. 

Ieri, però, tutti i piani sono saltati, e alla fine il ministro per i Rapporti col parlamento Federico D’Incà e la viceministra dell’Economia hanno passato il pomeriggio a trovare una soluzione per evitare la fiducia e trovare un’intesa coi grillini. Una disponibilità non apprezzata dagli altri partiti di maggioranza, soprattutto la Lega, che vi ha letto un trattamento preferenziale.

I Cinque stelle hanno presentato ulteriori richieste, ma anche alle 18.30, quando sarebbe dovuto riprendere l’analisi del testo, l’intesa non c’era: di qui la decisione di rinviare ancora. 

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