Gianfranco Pagliarulo ( presidente Anpi), il ministro dell’Istruzione Valditara ha inviato una lettera agli studenti sulla giornata della libertà, istituita per legge nel giorno della Caduta del muro di Berlino. Li invita a riflettere sull’incubo in cui si traduce l’utopia del comunismo. Nel resto del mondo oggi si celebra la Giornata contro il fascismo e l’antisemitismo, in ricordo della Notte dei cristalli, del 1938, il pogrom nazista condotto in Austria, Germania e Cecoslovacchia contro gli ebrei. Crede di sia una qualche rimozione da parte dell’esponente del governo?
Con tutto il rispetto per il ministro, direi francamente che la lettera è faziosa, perché non c’è una rimozione, ci sono tante rimozioni. La più clamorosa: si rimuove, come lei ricorda, il fatto che il 9 novembre è la giornata mondiale contro il fascismo e l’antisemitismo proclamata dalle Nazioni unite. Aggiungo che non convince l’invettiva contro il comunismo. Il comunismo – scrive il ministro – come «la via verso il paradiso in terra che si lastrica di milioni di cadaveri».

È come se io dicessi, per esempio, che la via del liberalismo, e più in generale, del capitalismo, è lastricata da milioni di cadaveri. Dei Paesi colonizzati. Delle guerre imperialiste. Dei morti sul lavoro. Per non parlare, appunto, dei nazisti e dei fascisti, come se non ci fosse mai stata la Shoah e la Seconda guerra mondiale. Le parole del ministro sono un modo scorretto e unilaterale per affrontare errori ed orrori del cosiddetto socialismo reale, che ci sono stati e meriterebbero ben altra e più obiettiva e imparziale riflessione. Si ignora inoltre, visto che il professor Valditara è ministro della Repubblica italiana, il ruolo determinante nel Pci nella Resistenza, nella conquista della democrazia, nella stesura della Costituzione, nella ricostruzione di un Paese semidistrutto dalla guerra nazifascista. Inoltre si deborda dalla legge che non parla di comunismo, ma di totalitarismo.

Più in generale si dimentica il contributo di sangue che i comunisti di tutta Europa hanno versato per liberare i popoli dal nazifascismo. Infine ricordo che la Costituzione è dichiaratamente antifascista e non anticomunista, come il ministro. Questa lettera è soltanto un dotto manifesto anticomunista di estrema destra, una vecchia cosa, un armamentario del revisionismo storico. Ma ciò che preoccupa maggiormente è la lettera in sé, perché diventa elemento formativo verso gli studenti. Nella misura delle sue rimozioni e della sua tendenziosità, diventa elemento de-formativo.

Perché secondo lei?
Perché queste rimozioni? Bisognerebbe chiederlo a lui. Forse parla la sua biografia politica.

Un presidente della Camera che non festeggia il 25 aprile se non a certe condizioni, una presidente del Consiglio che non riesce a nominare la Resistenza e parla dell’antifascismo come una lotta fra fazioni degli anno 70, qual è secondo lei il rapporto della destra di governo con le origini antifasciste della nostra Repubblica? 
Colpisce la rilettura dei fatti degli anni 70. Come se le stragi fasciste coperte dai servizi - Piazza Fontana, Brescia, l’Italicus, tante altre - non fossero mai esistite. C’è una presa di distanza dalle origini antifasciste della Repubblica, alla volte implicita, altre volte manifesta. Questo preoccupa, perché senza la considerazione di quelle origini c’è il

rischio di delegittimare la Resistenza e di stravolgere il significato della stessa Costituzione, che non è antifascista solo per la XXII Disposizione finale, ma perché l’intera sua impalcatura modella una società e uno Stato che sono l’opposto della società e dello Stato fascista.

Va da sé il possibile passo successivo: la formale rilegittimazione del fascismo, che peraltro da tempo è in corso nelle dichiarazioni e nei comportamenti di tanti personaggi di estrema destra. Per dirla in breve, è nella natura dell’Anpi non giudicare i governi dalla loro composizione, ma dai comportamenti e dai fatti. Per questo, ascoltando il primo discorso della presidente del Consiglio, ci siamo limitati ad esprimere preoccupazione per una serie di passaggi. Per questo, invece, abbiamo espresso allarme davanti al primo atto concreto, il decreto cosiddetto anti-rave.

Aggiungo le intollerabili parole, forse dal sen fuggite, del ministro dell’Interno sui migranti non sbarcati, “carico residuale”. Ed ora questa lettera. È come se ci trovassimo di fronte non a rappresentanti delle istituzioni democratiche ma a rappresentanti di partito.

Il governo, o il maggiore partito di governo, vi ha contattati? Avete un rapporto diretto?
Abbiamo inviato quattro lettere con la richiesta di altrettanti incontri: al ministro dell’Interno, della Difesa, della Cultura ed anche al professor Valditara, il ministro dell’Istruzione. Per ora, nessuna risposta. Ma attendiamo senza pregiudizi.

I grandi media internazionali definiscono, al meglio, Meloni e il suo governo "post fascista". E’ una definizione che la convince?
Tutto sommato sì, perché da un lato corrisponde a verità, quantomeno per alcune personalità del governo e delle istituzioni. Negare che siano stati fascisti vuol dire negare l’evidenza. Dall’altro propone la domanda che ci poniamo tutti: questo governo prenderà o no le distanze non solo dal fascismo, ma da quella visione del mondo, per esempio la società gerarchica, l’aggressività verso lo straniero, il nemico interno, il dirigismo autoritario? I primi segnali non sono incoraggianti.

Si aspettava qualche parola il giorno della Marcia su Roma? È un’occasione mancata?
È la prima cosa che abbiamo chiesto al nuovo governo. Si dice che le parole sono pietre. Ma in alcuni casi i silenzi sono ancora più pesanti. È vero, è un’occasione mancata per smarcarsi da una storia ingombrante e non cancellabile. Forse il silenzio è stato un prezzo da pagare per l’ala propriamente fascista che c’è – non nascondiamocelo - in Fratelli d’Italia.

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