L’ambasciatore italiano in Turchia sull’attivista Osman Kavala, imprigionato da Recep Tayyip Erdogan dal 2017, non è potuto intervenire perché non sapeva dell’appello per la sua liberazione proposto da altre dieci ambasciate occidentali.

È questa la risposta che il ministro degli Esteri Luigi Di Maio ha fornito a Gennaro Migliore, il deputato di Italia viva che ha presentato un’interrogazione sulla mancata adesione dell’Italia all’appello presentato la scorsa settimana che sottolineava come la gestione del caso Kavala gettasse ombre sul rispetto della democrazia in Turchia.

I rappresentanti di Stati Uniti, Francia, Germania, Canada, Finlandia, Danimarca, Paesi Bassi, Nuova Zelanda, Norvegia e Svezia erano poi stati dichiarati persona non grata e minacciati di espulsione da parte del governo turco, che però aveva alla fine deciso di non procedere. Il filantropo che si oppone a Erdogan è in carcere da quattro anni senza una sentenza di condanna. Dopo l’8 ottobre, quando era stata confermata la detenzione per ulteriori indagini legate al tentato golpe del 2016 e alle manifestazioni antigovernative del 2013 di Gezi Park, le ambasciate dei dieci paesi occidentali avevano ritenuto fosse arrivato il momento di esprimersi pubblicamente.

Di Maio ha spiegato che la situazione di Kavala, condannata anche da una sentenza del 2019 della corte europea dei diritti dell’uomo di Strasburgo, è sotto osservazione da parte del comitato dei ministri del Consiglio d’Europa dal 2020. All’ultima riunione del comitato non si sono registrati cambiamenti della situazione del filantropo: se per fine novembre la sua condizione non dovesse cambiare, il comitato ha intenzione di chiedere l’avvio di una procedura d’infrazione nei confronti di Ankara. La prossima udienza del caso è prevista il 26 novembre.

Ma aderire all’appello per l’Italia sarebbe secondo il ministro stato impossibile. «La nostra ambasciata, così come quella spagnola e quelle della gran parte degli stati membri dell’Unione, non è stata ad alcun titolo informata dell’iniziativa promossa dall’ambasciata danese ad Ankara. L’appello non è stato oggetto di consultazione nei diversi formati gestiti dalla delegazione dell’Unione europea ad Ankara», ha detto Di Maio. Anzi, il capo della Farnesina si rammarica per non esser stato incluso nel piano: «Vorrei, infatti, esprimere il mio rammarico per il mancato coordinamento a livello di Unione europea su questa iniziativa».

Corridoi umanitari

Un’altra interrogazione, a prima firma di Lia Quartapelle del Pd, chiedeva aggiornamenti sul trasferimento dei rifugiati dall’Afghanistan in Italia. Di Maio ha detto di essere al lavoro nell’ambito del G20 per la realizzazione di corridoi umanitari dai paesi limitrofi, visto che Kabul è ormai inaccessibile ai voli occidentali. I trasferimenti devono dunque avvenire con la collaborazione di paesi terzi che hanno ancora contatti con l’Afghanistan.

Intanto si sta cercando di evacuare chi è già riuscito a spostarsi nei paesi confinanti ed è nelle liste del ministero. Restano infatti ancora in balia delle vendette dei Talebani parecchi collaboratori del contingente italiano. «Il ministero della Difesa si sta adoperando per portarli in Italia, attraverso voli commerciali». «Si stimano circa 500 persone, cui sarà assicurato il supporto logistico per la loro quarantena presso strutture militari già individuate».

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