La strada ritenuta meno probabile è diventata possibile: il governo italiano sta valutando di chiedere una deroga temporanea all’embargo di petrolio russo per permettere alla raffineria Lukoil in Sicilia di continuare a importare il greggio di Mosca dopo il 5 dicembre, data in cui l’Unione europea ha stabilito che sarà illegale.

L’ipotesi è stata annunciata dal ministro delle Imprese e del made in Italy, Adolfo Urso, all’uscita dal tavolo che si è tenuto al dicastero con i sindacati, i rappresentanti dell’azienda e il presidente della regione Sicilia, Renato Schifani. All’incontro sono intervenuti anche il ministro della Transizione ecologica, Gilberto Pichetto Fratin e i rappresentanti di Sace, la società controllata al ministero dell’Economia e delle finanze che il governo ha coinvolto per garantire di fronte alle banche i prestiti alla raffineria.

Le banche

La vera causa del rischio chiusura, infatti, sono gli istituti di credito: l’impianto attualmente dipende interamente dal greggio di Mosca perché le banche hanno smesso di concederle il credito. Le sanzioni sul petrolio dovrebbero colpire Vladimir Putin, le società russe e gli idrocarburi di loro produzione, ma gli istituti che potrebbero permettere alla raffineria di continuare a lavorare importando da altri paesi finora si sono rifiutate di concederle quanto necessario.

Oggi si è saputo che il no delle banche permane anche dopo che lo stato ha deciso di concedere delle garanzie attraverso Sace. Gli istituti di credito inoltre, nonostante siano stati invitati a partecipare, non si sono presentati. Per Daniela Piras, della Uiltec, si tratta di «assenti ingiustificate».

Il ministero delle Imprese spera ancora che le banche si decidano a concedere il credito a Lukoil, la soluzione più semplice, e non si debba procedere con nessuna delle altre, ma per la prima volta le ha messe tutte sul tavolo.

La richiesta di proroga dell’embargo, ha detto Urso, «è la seconda strada ed è stata concessa ad altri partner europei». Il riferimento è al petrolio che passa attraverso l’oleodotto Druzhba, che serve Bielorussia, Polonia e Germania, ma anche Ucraina, Ungheria, Repubblica Ceca e Croazia. La richiesta di deroga verrà valutata e poi eventualmente trasmessa alla Commissione europea, ma nel ventaglio delle ipotesi l’esecutivo considera perfino la strada che fino al giorno prima lo stesso Urso escludeva: la nazionalizzazione.

E anche in questo caso il ministro ha ricordato che «con il Golden power abbiamo gli strumenti per garantire l’area», così il governo potrebbe guidare la cessione ai privati interessati: «Qualora ci fossero».

Le motivazioni

Le banche, come ha riportato Reuters alla vigilia del vertice, sono reticenti. Gli istituti di credito interessati finora sono Intesa Sanpaolo e UniCredit, che tuttavia latitano. La motivazione finora non è emersa con chiarezza, ma due sono le ipotesi citate più spesso, le pressioni degli Stati Uniti e le indagini sul depuratore Ias.

Nel primo caso, il ministro interrogato da un inviato di Report, non ha smentito che possa esserci in corso una moral suasion americana con la minaccia di sanzioni secondarie. Ha fatto scalpore l’articolo del Wall Street Journal che ha accusato la raffineria siciliana di essere uno strumento per aggirare le sanzioni, e nelle scorse settimane si è molto parlato delle offerte dei fondi americani per l’acquisto della raffineria.

Nessuna però è stata presa in considerazione dalla russa Lukoil. A domanda diretta se gli Stati Uniti stiano facendo sentire il loro peso, Urso ha risposto: «Ci confronteremo ulteriormente con le banche attraverso l’Abi per capire se sia necessario un innalzamento della copertura della Sace, vuol dire che ho risposto alla sua domanda».

L'ambiente

A questo si aggiunge l’inchiesta per disastro ambientale per l’impianto di depurazione Priolo, tema sollevato dai sindacati al tavolo del ministero. La procura di Siracusa ha emesso l’ordinanza di ammissione di incidente probatorio. In questo modo, spiega la stampa locale, potrebbe chiarire le possibilità per non chiudere gli impianti di depurazione dell’Ias.

Qualora accadesse, infatti, comporterebbe la chiusura di quasi tutti gli stabilimenti del petrolchimico siracusano. L’udienza è stata fissata il 6 dicembre. Di fronte al lavoro di mille operai della raffineria, circa duemila dell’indotto fino a un totale di circa dodicimila, considerando tutte le industrie che insistono nell’area, il governo ha assicurato di essere pronto a tutto.

Mentre dentro si discuteva, in Sicilia i lavoratori scioperavano e fuori dal dicastero si è svolto un presidio Uil. Alla manifestazione hanno partecipato anche i dipendenti di Eni-Versalis, l’industria chimica che si approvvigiona di virgin nafta dall’impianto russo. Piras ammette che di fronte a questa situazione la nazionalizzazione «è quello che noi vorremmo».

E tutti ricordano che la Germania lo ha già fatto. Per il momento Lukoil sta accumulando abbastanza greggio (russo) per andare oltre il 5 dicembre, e Urso ha assicurato che entro la metà del mese prossimo ci sarà una soluzione.

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