Chissà se Giorgia Meloni conosce la storia delle carote, che, arrivate in Europa verso il XII secolo dall’Asia, inizialmente erano viola scuro o gialle e poi sono diventate arancioni come le conosciamo nel XVI secolo, in Olanda, tramite una mutazione genetica indotta (o forse favorita dagli esseri umani), pare per omaggiare la dinastia degli Orange.

Se lo sapesse forse sarebbe stata più cauta nel contrapporre cibo sintetico a cibo naturale, come ha fatto in uno dei suoi discorsi alla Cop28.  Meloni ha detto che non vuole «un mondo in cui i ricchi possono mangiare cibo naturale mentre il cibo sintetico è diretto ai poveri».

Il mondo che Meloni vuole è quello in cui si preserva «il legame che, attraverso i millenni, ha unito la terra e l’uomo, il lavoro e l’alimentazione, un mondo in cui la ricerca è in grado di contribuire a ottimizzare questo legame. Garantire colture resistenti alle malattie e resilienti ai cambiamenti climatici, ma anche ideare tecniche agricole sempre più moderne e innovative, in grado di migliorare sia la qualità che la quantità delle produzioni e di ridurre le esternalità negative come l’eccessivo consumo di acqua».

Il mondo di Meloni (che nel discorso alla plenaria ha detto di non volere una conversione “ideologica”) è il mondo colorato da un’ideologia, e pure confusa. C’è un cibo naturale, appannaggio dei ricchi (cioè dei radical chic), da contrapporre al presunto cibo sintetico, che questi ricchi cattivi vorrebbero rifilare ai poveri, poveri che Meloni difende (anche se Lollobrigida aveva detto che, alla fin fine, i poveri mangiano meglio, ma tant’è).

Per niente naturale

Però questo cibo naturale è molto storico, in realtà, e per niente naturale, dato che è il prodotto di molteplici interventi umani. C’è poi un legame fra uomo (cioè maschio) e terra (non natura, non territorio, ma la più patriottica e sanguigna terra), e questo legame pare essere soprattutto una questione di lavoro.

Ed è per questo che alla fine del passo si scopre che il presunto cibo sintetico prodotto dagli scienziati non va bene, ma la scienza che consente agli agricoltori italiani di produrre di più, senza lavorare come una volta, e senza spendere troppo in irrigazione va benissimo: quella non è sintetica, né rompe il millenario legame tra uomo e terra.

Sembra l’agenda di Coldiretti portata in un luogo dove si dovrebbero discutere gli impatti della produzione e del consumo di cibo sul clima. "Sintetico” e “naturale” sono usati senza alcun significato chiaro, ma solo per le loro sfumature retoriche ed emotive.

Questa è un’altra sfumatura del negazionismo: indicare distinzioni nette (sintetico e naturale), che la realtà non contiene (se gli esseri umani sono parte della natura, tutto ciò che costruiscono seguendo le leggi di natura è naturale, se non sono parte della natura, quello che hanno fatto dalla Rivoluzione agricola in poi è tutto artificiale).

Venerdì l’Italia ha firmato la Dichiarazione sull’agricoltura sostenibile, i sistemi alimentari resilienti e l’azione climatica, che si propone di mantenere i benefici climatici e ambientali dell’agricoltura, conservando, proteggendo e ripristinando gli ecosistemi naturali, la biodiversità, la salute del suolo, e muovendosi verso sistemi di produzione che producano meno emissioni. Ma pochi giorni prima l’Italia ha votato contro l’approvazione della legge europea sul ripristino della natura e vuole bandire una tecnologia che potrebbe produrre carne senza allevamenti intensivi, quindi con pochissime emissioni.

Gli allevamenti intensivi e i meccanismi della distribuzione globale di cibo sono una delle cause principali di emissioni, le colture intensive rubano spazio alle foreste e alla biodiversità.

E, d’altra parte, il cambiamento climatico avrà un impatto pericolosissimo sul cibo: basti pensare alle siccità, alle desertificazioni e all’innalzamento dei livelli del mare e alla conseguente erosione dei suoli.

Per l’Italia ci sarebbe poi un tema importantissimo: sarà impossibile mantenere le indicazioni geografiche tipiche di tanti nostri prodotti e assicurarci i proventi che ne derivano, quando il cambiamento climatico avrà mutato drasticamente il territorio.

Provate a fare il parmigiano in una Pianura padana sommersa da acque salmastre. Ma Meloni preferisce la polemica contro la presunta ideologia ambientalista. D’altra parte, siamo nella Cop gestita da un negazionista: per il presidente della Cop, come ha rivelato il Guardian, non è vero che il clima cambia a causa dei combustibili fossili. Meloni era proprio a casa sua a Dubai.

Siamo tutti noi ad essere rimasti fuori, nel mondo destinato allo sconquasso del cambiamento climatico.

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