La Camera dei deputati ha approvato con 358 sì, 30 astenuti, nessun contrario la mozione presentata dal Pd per chiedere la cittadinanza italiana per Patrick Zaki. Le parole contano: anche questa volta, come al Senato, non è vincolante.

Patrick Zaki, lo studente egiziano dell’università di Bologna e attivista per i diritti umani, è recluso nel carcere di Tora dal 7 febbraio 2020 con l’accusa di propaganda eversiva. La sua difesa continua a ripetere che le prove, soprattutto dei post sui social, sono totalmente false. Nonostante ciò, l’Egitto continua prorogare arbitrariamente la detenzione preventiva, e le condizioni fisiche e psicologiche del ragazzo, che ha compiuto 30 anni in cella, a oggi continuano a essere messe a dura prova.

La mossa della Camera

L’ipotesi di concedere la cittadinanza italiana a Zaki circola da diversi mesi, il Senato che si è mosso per primo ha approvato un ordine del giorno lo scorso aprile. Nel testo depositato a palazzo Madama si chiedeva al governo di «avviare tempestivamente mediante le competenti istituzioni le necessarie verifiche al fine di conferire a Patrick George Zaki la cittadinanza italiana». Una formulazione che subordinava la cittadinanza alle verifiche. Allora infatti la sottosegretaria Marina Sereni aveva obiettato che la cittadinanza avrebbe potuto essere persino controproducente. Quale che sia il possibile esito, da allora nulla si è mosso.

Alla Camera a febbraio era già stata presentata un’altra mozione. In questo caso la richiesta era più netta: «Adottare le iniziative di competenza per il conferimento della cittadinanza italana a Zaki». Il testo che vede come primi firmatari la responsabile Esteri del Pd, Lia Quartapelle, e il deputato Filippo Sensi, e che ha avuto anche le firme di Movimento 5 stelle, Pd, Italia viva e Forza Italia, in vista dell’approvazione però è stato modificato.

Eppure le risposte ai dubbi sull’importanza della cittadinanza li ha espressi uno dei firmatari, Sensi, con una serie di domande nel corso del dibattito in Aula, partito ieri: «E se diventasse cittadino italiano con un atto del Governo che le forze rappresentate in quest’Aula largamente sostengono, questa condizione, questo status, lo intitolerebbe di diritti tali da metterlo più al sicuro rispetto alla sua condizione attuale? Spingerebbe i giudici a liberarlo? Costringerebbe il Governo egiziano ad avere un di più, anche minimo, di riconsiderazione della sua vicenda giudiziaria?» e concludeva: «Spero di non trovare nel Governo, nel nostro Governo, come in passato, una mera presa d’atto» ma «un impegno puntuale, anzi, un’azione, come quella della cittadinanza, che dica in quest’Aula e fuori da quest’Aula: Patrick Zaki è uno di noi, Patrick Zaki è un cittadino italiano ed europeo» e «noi lo vogliamo fuori da quella prigione».

Il governo, rappresentato dal sottosegretario agli Esteri, Manlio Di Stefano, non ha spostato di un millimetro la sua posizione: «Dobbiamo dirci le cose in modo molto chiaro - alle valutazioni tecniche, ci sono anche valutazioni più ampie che devono tenere conto delle circostanze di contesto», la cittadinanza «può avere effetti negativi».

Così la mozione è stata trasformata, la richiesta al governo è diventata (per la seconda volta) «avviare tempestivamente mediante le competenti istituzioni le necessarie verifiche» per conferire la cittadinanza a Patrick Zaki. Il segretario del Pd, Enrico Letta, su Sky ha detto che bisogna «completare l'iter per la cittadinanza italiana».

Anche Erasmo Palazzotto (LeU), presidente della commissione di Inchiesta sull’omicidio di Giulio Regeni, la vede così: «Anche la Camera ha fatto la sua parte, approvata all'unanimità la proposta di cittadinanza a PatrickZaki e perché si sostenga nei rapporti con l'Egitto e in tutti i contesti internazionali, l'immediato rilascio di Zaki e di tutti i prigionieri di coscienza».

Nicola Fratoianni, deputato e segretario di Sinistra Italiana, ha diramato una nota per dire che il presidente del Consiglio Mario Draghi deve «rispettare il pronunciamento del Parlamento italiano e dare attuazione alla richiesta». Che però di fatto ribadisce quello che aveva stabilito il Senato tre mesi fa: il governo verifica e decide. Indipendentemente dall’opinione del parlamento. E il mandato glielo hanno dato le camere.

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